Bellaria Igea Marina, 16 Gennaio 2025
Inganni del nostro tempo
Ci sono situazioni in cui una parola è poco e due sono troppe. Quando vincono dubbi e false certezze e ci si affida aprioristicamente ai sillogismi, ponendoli al di sopra della verità dalle mille sfumature e dai tanti significati reconditi, si passa alla fase opposta. Di conseguenza, ciò che prima veniva riconosciuto come positivo ora viene percepito come negativo o addirittura spregevole. Per alcuni versi non rientra forse in un quadro simile la propaganda denigratoria costruita al fine di mettere in cattiva luce un personaggio scomodo? Non è forse ciò che è già stato fatto e che si sta facendo contro politici e intellettuali che si frapponevano/frappongono tra un potere aggressivo e la preda designata (per esempio in termini di territorio con relative materie prime)? Come succede a livello geopolitico, non raramente anche nelle relazioni tra persone comuni si creano dinamiche basate su dati infondati, per cui spesso un'azione denigratoria poggia su un terreno di non verità, come si è detto in altri termini. Le false flag di cui è costellata la storia dell'umanità la dicono lunga sul modus operandi di chi vuol cambiare la scena per sostenere meglio l'inganno agli occhi degli sprovveduti, o semplicemente agli occhi di chi è troppo impegnato a mantenersi in vita per poter cogliere «certi particolari» situati oltre la normale capacità/possibilità percettiva. Non è lecito credere che un individuo prima ritenuto impeccabile per vari aspetti sia ora da inquadrare sotto una luce fosca che ne risalti solo determinate caratteristiche, quando dovrebbe essere chiaro a tutti che ogni essere umano è fatto di tante componenti tra loro intersecate. Così come non è pertinente valutare il presente unicamente sulla scorta di un passato intriso di dolore e di esperienze perlopiù negative. Se l'unico metro che prevale è quello di un antecedente di sofferenza e di inganni subiti, di un passato che può rivelarsi un'autentica «gabbia» per l'anima, non ci sarà evoluzione. E uno sviluppo verso sentieri più soleggiati e verso panorami degni di essere ammirati con occhi e spirito sarà precluso.
Oltre a ciò, è altrettanto vero che tanti detti popolari, che affondano le radici in mondi rurali e (grazie a Dio) materialmente e spiritualmente superati, continuano a orientare il pensiero di molti: quando si dice «non c'è il due senza il tre» si attinge a uno schema che non tiene conto della verità nella sua reale accezione, verità che non può non comprendere più di quanto normalmente immaginiamo data la sua immensa portata. C'è chi dice che, statisticamente, il secondo o il terzo tentativo aumentino le possibilità di riuscita, della serie: non può andar sempre male! La sovrapposizione a situazioni altre dell'idea che prima si punta il fucile, poi si prende la mira e quindi si spara (le tre fasi canoniche) dovrebbe appartenere a una falsa età dell'oro, in cui di stupri ce n'erano di meno semplicemente perché non venivano denunciati, anche perché non venivano considerati neppure reato, appartenendo questa ed altre efferatezze a un mondo e a una mentalità cronologicamente più vicini alla preistoria, checché se ne dica. E dovremmo averne abbastanza di miti del buon selvaggio se in posti sperduti del mondo, poco civilizzati o meno civilizzati di quello in cui viviamo tutto sommato godendo di una certa libertà, esistono ancora il cannibalismo e sopravvivono riti ancestrali in cui la donna (per esempio) non è certo considerata alla pari dell'uomo. Ma di che stiamo parlando?
Come si diceva, la mente tende a semplificare per presunta comodità. A volte per presunto tornaconto. Per cui i detti popolari e i «parallelismi» si sprecano in una società martoriata in cui un normale lavoratore con figli a carico, in odore di disoccupazione totale o parziale, deve fare i conti con la spesa quotidiana, con le spese per la scuola (libri, gite e uscite didattiche, trasporti e materiali vari), con l'abbigliamento che deve seguire la crescita naturale dei figli (la quale comporta adeguamenti continui, compresi – ahimè - quelli dettati dalla moda), per non parlare delle visite mediche (dentista incluso), dei farmaci tradizionali o alternativi (certamente non meno costosi di quelli ufficialmente riconosciuti da una scienza che per tanti versi stiamo riconoscendo come «sedicente»). Per non parlare dei costi dell'automobile diventata ormai un mezzo indispensabile (bollo, assicurazione, manutenzione, gomme, carburante, incidenti a parte), e delle numerose tasse che ovviamente incidono molto sulla perdita del potere di acquisto. Senza purtroppo poter escludere dalla «lunga lista» gli adeguamenti energetici che stanno trasformando gli edifici di proprietà da beni immobili a fardelli mangiasoldi. Tutto questo e ben altro (basti pensare agli imprevisti che non mancano mai, soprattutto in tempo di alluvioni e forse sarebbe il caso di indagare l'incidenza dal punto di vista meteorologico degli incessanti movimenti di aerei con relative scie chimiche, il tutto rigorosamente protetto da «segreto militare») nell'ambito di una crisi che morde con furia crescente e che sull'onda dell'Agenda 2030 rischia seriamente di condurci verso una situazione distopica senza ritorno.
Davide Crociati