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                                                      Bellaria Igea Marina, 5 Novembre 2019

 

Oltre la rotonda

Io dico sempre che non si può fare a meno delle regole, ma ogni volta mi affretto a precisare che qualsiasi regola ha una sua evoluzione, o almeno così dovrebbe essere. Per spiegarmi meglio trasferisco la questione sul piano della circolazione stradale e faccio l'esempio dell'incrocio pericoloso in prossimità del quale, spesso ma è sempre meno vero, vediamo comparire il classico totem a tre luci color verde giallo e rosso. Allora sappiamo come comportarci e chi trasgredisce viene giustamente sanzionato (con tutte le fortuite eccezioni del caso). Ebbene, nel passaggio dal semaforo alla rotonda le regole da rispettare sono mutate, si sono fatte “più fluide” e stando alle statistiche sono diminuiti gli incidenti. Sappiamo altresì che in prossimità di una rotonda sarebbe pura follia poiché impossibile mantenere lo stesso comportamento che il rigido palo a tre luci impone.

Anche la costruzione musicale richiede che vengano applicate numerose regole, che tuttavia nel tempo si dischiudono a più ampie possibilità concedendo al compositore un maggior margine creativo. Infatti, se i musicisti di una volta dovevano fare i conti con il rigore imposto dai canoni estetici del loro tempo il modo di affrontare “gli incroci” è via via cambiato, attraverso vari passaggi le tecniche compositive si sono evolute fino al punto di rottura definitiva per mezzo della serialità dodecafonica di Schönberg. Se il sistema tonale costituisce una vera e propria “società di suoni” regolata da leggi e divieti, nell'ambito della quale risiedono elementi centrali e periferici con funzioni e peso diversi e complementari, l'atonalità schonberghiana fa pensare a una società liquida, ma solo parzialmente poiché la dodecafonia impone vincoli rigidissimi in nome di una libertà che divora ogni regola. A suo tempo la tecnica compositiva con dodici suoni (quelli della scala cromatica) rappresentò una scoperta copernicana, un vero e proprio cambio di paradigma: con essa si rinunciò al “centro”, le differenze di valore tra note vennero annullate, il peso maggiore o minore di ogni singolo elemento del tessuto musicale divenne transitorio così come in una società globalizzata non esistono punti fermi, tutto si fa fluido, il movimento e l'instabilità si fanno caratteristiche imprescindibili di un “non sistema” che solo in apparenza concede spazio al merito anche se tutto diventa possibile, nel bene come nel male. La genialità di Schönberg fa il paio con quella di Sigmund Freud (entrambi ebrei). Cito quest'ultimo come figura emblematica di un grande cambiamento a suo tempo in atto nel modo di vedere l'uomo: molte certezze vennero meno, il centro gravitazionale della grande tradizione musicale europea andò in crisi, così come entrò in crisi la concezione del bene e del male, e il delinquente divenne la vittima. Nulla fu più come prima. La verità andò contro la verità, ciò che era vero per certi versi divenne incompatibile con la “realtà esterna”, che pure chiedeva tributo. Gli artisti capirono che nulla è più definitivo del provvisorio, così la fatica del creare opere complesse lasciò progressivamente il posto a invenzioni arbitrarie governate da leggi interne, come si trattasse di universi a se stanti, e in effetti lo erano. Cosicché ognuno divenne artista di se stesso. Tutti artisti, nessun artista. Il regno del caos era alle porte, Julian Huxley approdò all'ONU, divenne Direttore dell'UNESCO occupandosi di Educazione, di Scienza e di Cultura. Fu quindi tracciato il perimetro invisibile di una società senza punti fermi. I fantasmi di un ordine nuovo presero corpo negli anni psichedelici e progressivi.

 

                                                                     Davide Crociati

 

            Sigmund Freud                      Arnold Schönberg

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