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                                                                                     Bellaria Igea Marina, 1 Settembre 2022

 

Spazio e Tempo

 

Poiché ho sempre ritenuto che gli spazi siano importanti anche quando sembrano togliere qualcosa alla praticità, nel momento in cui ho deciso di ristrutturare gli interni di casa ho pensato che, tra i tanti aspetti da considerare, fosse prioritario fare una scelta abbastanza oculata sui margini di respiro architettonico. Così, in alcuni casi ho cercato di favorire il «vuoto» in luogo di un intasamento apparentemente funzionale, cercando di porre le migliori condizioni possibili per rendere spiritualmente riposante lo stare negli ambienti domestici, soprattutto dopo un'intensa giornata di lavoro, per controbilanciarne l'accumulo di tensioni e di stress anche in termini di tempo compresso. A distanza di alcuni anni posso confermare che il mio impegno orientato a riorganizzare le stanze abitative non è stato inutile: un giusto spazio solletica l'animo, toglie quel senso di oppressione che sempre ci si ritrova addosso dopo ore di attività frenetica, serve a ricordare che gli spazi asfittici (in senso lato) non rappresentano la normalità in assoluto e basta guardare il mare o il cielo per rendersene conto. Per offrirci una visione più ampia, non mi sembra ci sia troppa differenza tra lo spazio architettonico e quello musicale sotto forma di pause, di note più o meno lunghe e di sbalzi armonici che a volte danno la sensazione di sprofondare o di elevarsi improvvisamente per ritrovarsi in ambienti sonori distanti (come nel caso delle modulazioni ai toni lontani, molto sfruttate dai compositori di colonne sonore quando devono esprimere sorpresa o stati di profonda inquietudine creando improvvise distanze armoniche, repentini cambi di scena destabilizzanti quanto affascinanti per chi ascolta, in barba alla piattezza e alla ripetitività). Per calarci in un ambito più pratico, i periodi di ferie o di festività grazie ai quali è possibile tirare il fiato dopo lunghi periodi di lavoro e di continue costrizioni sono unanimemente ritenuti indispensabili perché non si abbia la sgradevole sensazione di trovarsi al mondo unicamente per sopravvivere, considerato che non tutti amano talmente il proprio lavoro da sentirsi «sempre in vacanza». Chiediamo a chi per lunghe ore svolge attività ripetitive in fabbrica o in ufficio e a chi, comunque, è costretto dalle circostanze a mansioni considerate di scarsa importanza (spesso ingiustamente, quasi sempre ingenerosamente) e di poca soddisfazione in termini sia intellettuali che remunerativi. Aggiungerei spirituali. Purtroppo i privilegiati sono una minoranza e come tali non fanno testo.

Questa premessa mi serviva per porre l'accento su certe peculiarità del mondo verso cui le élites internazionali cercano di orientarci e che personalmente ritengo non meno distopiche di altre caratteristiche imposte dal «villaggio globale», oggi al centro dell'attenzione pubblica e dei media. Mi riferisco alla mancanza di tempo e di spazi che sta rendendo impossibile la vita di molte persone. A tale riguardo, tutto si fa perché la percezione dei cittadini sia quella di non poter reagire pena il perdere tutto, anche quel poco che spesso viene loro «gentilmente» elargito e concesso da una politica dai volti fittizi, poco presente sul territorio e sempre più proiettata verso certe dimensioni falsamente paradisiache dell'alta finanza, in esse dissolvendosi fino a diventarne sostanza attiva e malefica per i popoli, disorientati da anni di propaganda sotterranea e di proclami beffardi che in realtà sembravano appartenere all'insana fantasia di qualche regista cinematografico o televisivo, o di qualche scrittore stravagante in cerca di visibilità e di più facili guadagni facendo leva sulla creduloneria popolare e sul bisogno collettivo di non allontanarsi troppo dal magico mondo delle fiabe a difesa di un infantilismo non so quanto funzionale, sicuramente conseguenza del vivere in ambienti fisici e spirituali angusti.

A proposito di limiti e di spazi entro cui sono contenuti, perfino la privacy, che fino a prova contraria ha ancora un garante (immagino ben pagato!), sembra evaporare a velocità imbarazzante se solo pochi anni fa ancora si cercava di proteggere i bambini togliendoli dagli spot pubblicitari (tentativo durato il tempo di un rapido ripensamento in nome del marketing). Oggi bisogna stare bene attenti a che non dilaghi certa viscida sostanza ideologica che per maggiore precisione, senza mezzi termini e a scanso di equivoci, definirei delittuosa. Una sostanza che sta veicolando l'idea per cui non esistano reali confini di età in fatto di sesso. Molti segnali ci avvisano che la legalizzazione della pedofilia (passando per forme più o meno sottili di accettazione, come in ogni progressione overtoniana che si rispetti) è quasi alle porte. E la politica soprattutto di area «progressista» sembra non accorgersene se non a convenienza. Sono impressionanti i dati relativi alla rete internazionale di pedofilia, roba che ogni santo giorno ne parlassero tutti i Tg, tutti i Gr e tutti i giornali grandi e piccoli. Non mi risulta sia così. Del resto non è sotto gli occhi di chiunque (voglia capire) il tentativo di certa politica, o meglio, di certe forze ideologiche e mafiose di ampio respiro, certamente anche attraverso i politici corrotti, di togliere la parola «confine» dal dizionario mondiale? Finché esiste un limite a tutela dei cittadini, fosse uno soltanto, la missione gnostico-massonica non può considerarsi pienamente compiuta! Alla faccia degli «spazi aperti», qui siamo quasi al punto che invece di curare architettonicamente gli ambienti di casa al fine di renderli meglio vivibili saremo costretti a difendere le pareti domestiche dallo smembramento da parte di chi ormai apertamente detesta la proprietà privata (naturalmente tranne che la propria). Chi non ha capito questo non ha ancora capito nulla. Una cosa è cercare di rendere più ariosi gli ambienti, un'altra è vedersi scippare la casa. Perché espropriare i cittadini di immobili ed averi equivale a gettarli nel fosso come spazzatura. Facile capire che un mondo di pària equivale a un mondo di miserabili impossibilitati a reagire se non con mezzi troppo rudimentali per fronteggiare le nuove diavolerie iper-tecnologiche (anche se in mano a pochi) a cominciare dai sofisticatissimi strumenti di morte coi quali presto sarà facile soffocare ogni velleità di reazione e di rivalsa da parte dei popoli. Ammesso che già ora non sia così, cosa a cui purtroppo credo.

Allora, perché si possa parlare di spazio e di tempo col pensiero razionale ed empatico di chi davvero vuole equità e giustizia (parole oggi messe continuamente in discussione attraverso fatti sempre nuovi e irriverenti), occorre non cadere nell'errore macroscopico di confondere la libertà con la mancanza di limiti o confini. Chi si trova nel bel mezzo di un deserto sarà anche libero di godere di quel silenzio magico e di quell'atmosfera surreale, ma può sperare solo di giungere ancora vivo al confine tra quel deserto e terre più vivibili. Al confine, appunto.

Anche la mancanza di tempo dovuta alle nuove forme di schiavismo non è risolvibile in un deserto sociale qual è la disoccupazione cronica. Chi è senza lavoro o senza qualche forma di sostentamento è nella stessa condizione di chi si trova prigioniero di uno spazio troppo ampio e privo di risorse idriche e alimentari perché sia possibile viverci a lungo. Ecco dunque servito su un piatto d'argento uno dei paradossi del nostro tempo. Ci dicono: “vuoi la libertà? Ebbene io te la concedo al massimo grado, ma poi dovrai cavartela da solo”. Sennonché la via di mezzo è preclusa perché richiederebbe di fare politica vera, seria e responsabile, in linea con chi si pone a difesa della propria specie vivente. Invece il malthusianesimo oggi imperante nel mondo anglo-americano (per rimanere in casa nostra, si fa per dire) attribuisce principalmente alla pressione demografica la diffusione della povertà e della fame nel mondo, anche se esistono studi che vanno nella direzione opposta. Quindi, per usare le parole del draghiano Cingolani, il pianeta sarebbe progettato per 3 miliardi di soggetti. Comincino pure a regolarsi per i rimanenti 5 miliardi, «inutili bocche da sfamare»; comincino a sperimentare nuove allettanti possibilità per uccidere senza mostrare la mano, mentre nelle scuole continueremo a celebrare giornate della memoria con canzoncine progressiste e con frasi fatte non si sa più da chi effettivamente.

Affrontare la questione dei confini e degli spazi che oltre certi limiti diventano difficilmente governabili senza veri supporti da parte di una società civile, non dico equamente organizzata ma almeno ben strutturata a livello di norme basate su solidi principi etici (se non adeguatamente interiorizzati quanto meno di chiaro riferimento), può essere la chiave di volta per iniziare a scardinare il sistema perverso che come un cancro, dapprima sottotraccia ma in seguito con sintomi sempre più diffusi e gravi, ha preso piede fino a immobilizzare i popoli increduli, per poi come un ragno avvicinarsi minacciosamente alle sue prede pattinando agevolmente sulla ragnatela abilmente tessuta senza rimanerne a propria volta imprigionato.

Gli artefici del «nuovo mondo» che dovrebbe sostituire quello finora conosciuto fanno leva sulla democrazia per depredare territori, sulla sicurezza internazionale per promuovere guerre di conquista al fine di cambiare a proprio vantaggio la geopolitica, sulla salute pubblica per rendere insicure e vulnerabili le società fino a comprometterne le economie. Fanno leva sull'ecologia per sequestrare terreni e coltivarli in modo insano, sul mercato libero per ingessare le economie nazionali facendo opera di strozzinaggio attraverso indebitamenti insostenibili (già, a proposito di sostenibilità!), sul libero pensiero per creare società ideologicamente dipendenti, avvalendosi tra le altre cose di una viscida ragnatela terminologica nota come «linguaggio politicamente corretto». Fanno leva sull'abbattimento di tutte le barriere per crearne di più solide e vincolanti a beneficio di pochi, sulla libertà di lenire i dolori dell'anima attraverso l'uso di sostanze alteranti che portano a forme più o meno gravi di dipendenza e a problemi sociali a volte difficilmente gestibili. Fanno leva, gli artefici del «nuovo mondo», sulla libertà di movimento dei popoli per indurli a invadere illegalmente nazioni sovrane, venendosi così a formare società ibride e insicure, tra le cui conseguenze avremo la progressiva perdita di diritti da parte dei lavoratori. Cosa che in parte è già in atto. Ancora. Fanno leva sulla libertà di scegliere il proprio sesso come se, salvo eccezioni, non provvedesse già la natura a fare un ottimo lavoro (se non fosse che tra le idee di fondo c'è quella di mettere un freno alla natalità), così come ai disperati dell'ultima ora si vuole dare una spinta per mezzo dell'eutanasia facile. Si potrebbe continuare a lungo, perché il mondo che stiamo lasciando o che dovremmo lasciare, con grande rammarico, era e in parte è ancora caratterizzato da limiti e confini. Diciamo che ci stanno lavorando alacremente, questi nemici dell'equità sociale e del diritto alla vita. Speriamo che secondo natura falliscano nel loro progetto ma certamente andrebbero «aiutati». Ad ogni livello.

Un ambiente di casa può essere modellato, in certi casi anche ampliato, ma è necessario che l'interno esista perché possa accogliere i cambiamenti migliorativi. La casa Europa era come un insieme di stanze grandi e piccole, si poteva lavorare per migliorare i rapporti tra le nazioni invece di farla diventare un grande capannone con spazi interni dominati dal caos e da crescenti lotte intestine per accaparrarsi gli angoli migliori (leggasi economia), quelli più luminosi e magari più vicini ai portoni d'ingresso. Povera Europa, poveri popoli della terra se tutti insieme, una volta risvegliati dall'ipnosi collettiva, non riusciranno a recuperare il valore del limite e della bellezza, riscoprendo profondi significati in certe sinfonie illimitate solo nella profondità degli arcani collegamenti armonici e contrappuntistici, all'interno di forme matematicamente misurabili, e nella forza degli spiriti che hanno dato vita a quei capolavori immortali nonostante la loro dimensione contenuta e i precisi materiali utilizzati nell'ambito di un sistema algoritmico che avrà fatto il suo tempo ma che ancora oggi ingrassa i musicanti da discoteca e i divi del pop internazionale.

Come qualcuno dice, «la scelta di abitare il limite non è sinonimo di fallimento o di impotenza».

                                                                          Davide Crociati

 

 

 

 

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