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                                                                           Bellaria I.M., 01 Luglio 2018

 

Valigie di cartone e documenti in mano

 

Se ho diversi colleghi pugliesi, campani o che comunque provengono dal sud Italia non per questo ho la sensazione di avere a che fare con cannibali o con soggetti propensi a compiere strani riti contrari alla nostra morale, alla cui base c'è una visione del mondo piuttosto evoluta e realistica (checché se ne dica!).

Per di più mia moglie è di un paese vicino a Favara, zona Agrigento (da lì proviene la consorte di un certo Bossi Umberto, il quale prima di proporre il sezionamento dell'Italia ha pensato bene di imparentarsi come si deve).

Diversi fratelli di Anna Maria, come molti altri italiani del sud, sono partiti per la “terra promessa” con la classica valigia di cartone e poche cose al seguito. Certi documentari in bianco e nero rappresentano testimonianze straordinarie di quegli anni di miseria, sofferenza postbellica e sogni americani. Gli anni del boom economico dovevano ancora venire, i tempi erano assai più dilatati rispetto a quelli attuali e l'America rappresentava un territorio ampio e ricco di possibilità (che oggi in Italia ce le sogniamo!). Conosco quei fatti lontani perché mi sono stati raccontati più volte e con minuzia di particolari da alcuni diretti protagonisti (tra fratelli a volte ci sono notevoli differenze d'età).

Anche all'interno del territorio nazionale il considerevole flusso migratorio dal sud al nord ha contribuito alle fortune economiche dell'Italia settentrionale (basti pensare alla FIAT e all'Olivetti) e ogni volta di più, quando dai suddetti parenti sento raccontare storie della loro infanzia vissuta in Trinacria mi convinco che anche allora, come oggi, l'Italia era una soltanto e indivisibile. Con tutte le particolarità del caso. 

So bene che la mia può sembrare una visione semplicistica della storia...

Ma in questi tempi tormentati, caratterizzati da un fermento geopolitico non dindifferente poiché si stanno decidendo le sorti del mondo futuro, rispetto al passato le condizioni sono mutate. Oggi i tempi si abbreviano paurosamente e in pochi giorni arrivano sul territorio nazionale/continentale migliaia di disperati (veri o presunti) senza identità e dal luogo di provenienza sconosciuto, senza contare che è in atto un processo di fusione tra etnie così distanti culturalmente da sembrare inconciliabili sotto vari aspetti. Da noi lo Stato e la Chiesa, i cui rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, svolgono funzioni peculiari e rimangono due entità ben distinte: una Chiesa libera dentro uno Stato libero. Ciò potrebbe creare forti dissonanze se in un lasso di tempo troppo beve e in modo disorganizzato (come sta accadendo) fossimo invasi da un mare di individui recidivi nelle loro convinzioni antioccidentali. Non servono cinque lauree per capire che così non funziona e che ben difficilmente funzionerà in futuro, dal momento che il "fattore tempo" gioca a sfavore per effetto di una contrazione eccessiva e innaturale del tempo psicologico: non c'è tempo per riflettere, non c'è tempo per (ri)organizzarsi, non c'è tempo per immaginare un futuro diverso per cui valga la pena di soffrire nel presente, non c'è tempo per fissare nuovi, provvidenziali paletti (checché se ne dica) onde evitare che i nostri figli, nipoti e pronipoti possano un giorno diventare gli agnelli sacrificali all'interno di un nuovo ordine sociale, probabilmente peggiore di quello che conosciamo (che già ha i suoi problemi, i quali andrebbero risolti anziché ielusi). Con una punta di veleno c'è chi continua a gridare “muoia Sansone con tutti i filistei!” , fregandosene dei posteri, anche dei propri eventuali discendenti più o meno lontani. Ad essere cattivi, si tratta forse dei medesimi soggetti per i quali il decesso prematuro di un disgraziato può rappresentare un colpo di spugna ai loro problemi d'immagine (“politica”, nella presente declinazione). Tutto in senso rigorosamente metaforico, si capisce!

Al di là di ogni bel discorso qui si cerca di riflettere razionalmente, quindi razzismo c'entra zero come direbbe il buon Salvini da Milano. Nel caso mio c'entra davvero poco dal momento che in tempi non sospetti ho accolto in casa una coppia di magrebini con prole al seguito, per il tempo necessario perché i poveretti potessero organizzare per se stessi e per i loro figli un'esistenza appena decente. Tengo a precisare cheon l'ho fatto a scopo di lucro ma solo ed esclusivamente per l'amicizia che ci legava (una storia lunga, come si suol dire).

Per concludere, non si può definire razzista chi ama personaggi di colore come Miles Davis, Dizzy Gillespie, Charles Mingus, Wayne Shorter, McCoy Tyner, Oscar Peterson, Art Blakey, Winton e Branford Marsalis, Ray Brown e moltissi altri musicisti neri (che con l'Africa credo c'entrino qualcosa...). Non si può definire razzista chi, come me, ha provato gioia quando è stato eletto il primo presidente USA “abbronzato”, salvo poi rimanerne deluso (come tanti). Infatti, con quello che bene o male il nostro ha combinato in giro per il mondo, con le varie primavere arabe e non solo, al posto suo non avrei accettato il premio Nobel per la pace. O quanto meno lo avrei restituito a fine mandato per inviare al mondo intero un bel segnale di serietà...

 

                                                 Davide Crociati

 

 

 

 

 

 

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