Bellaria Igea Marina, 24 Febbraio 2020
Coronavirus: approcci vari
È alquanto divertente assistere alle giravolte degli intellettuali sia di destra che di sinistra sul tema del momento: il COVID-19.
Un giornalista della primissima ora parlava di incidente capitato in un presunto laboratorio misterioso (poi, chissà perché, la cosa è caduta in un silenzio tombale). C'è chi accusa la società di essere preda di un virus ben più diffuso: la paura. E chi parla di "distrazione di massa". Tutti dicono che quando c'è di mezzo la salute la politica deve moderare i termini e mettere a riposo le rivalità esasperate da campagna elettorale. Ma la sensazione che dietro la questione se chiudere o meno le frontiere ci sia un ribollire ideologico o spiccatamente politico è forte. Chi può negare che alla radice delle tensioni che abitano il mega-contenitore economico mondiale ci siano due tipi umani in netto contrasto tra loro: quello che ha uno spiccato senso del limite pur riservandosi di spostarlo gradualmente in avanti solo che si creino le giuste condizione e quello che invece vede nel limite in sé una sorta di camicia di forza di cui doversi liberare a prescindere? Questi due “tipi” rappresentano altrettante matrici o forme ciascuna delle quali può avere mille applicazioni, una individuabile nella scelta se porre o meno un argine verso le minacce esterne, che siano di natura epidemiologica, geopolitica o altro.
Nell'atteggiamento assunto da alcuni politici verso l'epidemia da coronavirus credo quindi di avere colto due piani simili e diversi: da una parte si chiede di fare controlli serrati su chi arriva dalla Cina, dall'altra di bloccare anche le frontiere, ovviamente nei limiti del possibile. Blocco quasi totale e blocco mirato, dunque. Due approcci comunque armonizzabili.
C'è invece chi ha la sensazione che quanto sta accadendo rappresenti un “laboratorio” in cui fare prove generali nel malaugurato caso che, in un futuro speriamo non troppo vicino, per via della globalizzazione si verifichino epidemie/pandemie ben più gravi. Prove generali di disastro globale, quindi? Per qualcun altro ancora è persino credibile che si tratti di un complotto, magari ordito dagli USA ai danni di una potenza rivale o peggio dalle case farmaceutiche collegate ai potentati mondiali. Ma se così fosse sarebbe giusto far finta di nulla? Perché mai dovremmo abbassare la guardia senza reagire, perlomeno a titolo precauzionale, dato che nulla si sa su come potrà evolvere il virus, che certamente nel suo stadio iniziale assomiglia a una comune influenza ma che tuttavia può mutare in maniera imprevedibile, senza contare che un vaccino non sarà disponibile prima di 2/3 anni (così almeno dicono alcuni esperti) con la conseguenza che caso nel peggiore le strutture sanitarie non sarebbero sufficienti a far fronte alla massa di contagiati?
In ultimo, non manca chi crede che questo governo abbia la coda di paglia e che sia terrorizzato all'idea di dover rendere conto di alcuni decessi a un'opinione pubblica già molto arrabbiata. In parte dovuti a ritardi inopportuni e maldestramente giustificati da un presunto anti-razzismo del tutto privo di senso...
Davide Crociati