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                                                                                                  Bellaria Igea Marina, 12 gennaio 2022

 

I microfoni di Lucifero

 

Qualcuno in tv ha provocatoriamente censurato chi scrive attingendo a libri e ad articoli di giornale. Questa critica, il cui scopo sembra essere quello di dissuadere i «cittadini molesti» dall'esprimere la propria opinione se non a un livello superficiale e incolto, andrebbe però estesa a tutti gli intellettuali, nessuno escluso. Bruno Vespa, uno dei volti televisivi più noti e longevi, in una trasmissione di Rai1 disse di utilizzare molte fonti ogni volta che deve scrivere un nuovo libro («quando scrivo il mio tavolo è disseminato di libri», dichiarò con parole pressoché testuali alla sua intervistatrice). Del resto a scuola e all'università si impara studiando su testi scritti da esperti di scienza e di economia, di storia e di arte, di politica e di filosofia, di geografia, ecc. Una banalità che oggi diventa oggetto di «profonda riflessione», perché il sistema dei mass media «ufficiali» sembra accettare malvolentieri esperti, opinionisti o semplici commentatori che non abbiano ricevuto il passaporto verde dell'informazione politicamente corretta.

Anche tutti i grandi artisti hanno imparato dai predecessori, musicisti compresi! Johann Sebastian Bach trascriveva integralmente su pentagramma le opere di Antonio Vivaldi per coglierne ogni aspetto possibile; Pablo Picasso è stato «accusato» di manierismo in riferimento a certa sua produzione antecedente al cubismo dal forte potere disgregante; Beethoven considerava Mozart il suo faro artistico (tanto che da piccolo voleva emularlo) e lo citava all'interno delle sue composizioni; lo stesso Mozart nutriva grande stima nei confronti del maestro Hydn e con grande affetto lo omaggiava in musica. I filosofi di oggi fanno un continuo riferimento ai pensatori del passato, tanto da esserne/sembrarne i portavoce in chiave moderna; spesso in economia sento parlare di John Mainard Keynes, soprattutto ora che stiamo vivendo una grave crisi economica. Altri esempi non servono, poiché sono illimitati e non è così difficile capire che a questo mondo si impara anche e forse soprattutto grazie al lavoro di altri.

Personalmente, quando scrivo «riflessioni» mi attivo al fine di rafforzare il pensiero che le anima, cercando con cura argomenti vari su un numero abbastanza esteso di fonti cartacee e digitali, non accontentandomi di prendere il primo testo che capita per poi asportarne frasi e concetti ricontestualizzandoli in maniera inutile e arbitraria. Questa almeno è la mia intenzione.

Altresì, in qualunque «riflessione» è giusto mettere se stessi, la propria sensibilità ed esperienza, nonché la propria potenza percettiva. Ogni individuo rappresenta un universo di esperienze belle e dolorose, di contatti umani e di qualità peculiari che lo rendono unico nell'universo. Non di meno, un mio Maestro ripeteva spesso che «il più grande direttore d'orchestra ha qualcosa da imparare anche dall'ultimo violinista di fila». E soprattutto ne ha bisogno per completare l'organico e rendere al meglio la partitura quanto meno dal punto di vista timbrico o coloristico.

Fatta la doverosa premessa, scrivo questa «riflessione» partendo da una recente esperienza.

Torino, Piazza Castello, 8 gennaio 2022. In quel luogo si erano riunite diverse migliaia di manifestanti e io ero lì, vicino a una giovane donna madre di quattro figli, guarda caso la stessa che poco tempo prima l'inviato di Giletti aveva intervistato ed era finita in un servizio di «Non è l'Arena», incastonata nientemeno che tra Carlo Freccero e Robert Kennedy Junior; la stessa che avevo ritrovato a Roma faccia a faccia con i poliziotti in tenuta antisommossa, con in mano un cartello con su scritto «Giù le mani dai bambini». Combinazioni della vita! Ebbene, in quella Torino infreddolita giornalisti e fotografi scivolavano come fantasmi agitati in mezzo a una folla che si faceva via via più consistente. Una giornalista di La7 è piombata come un falco e ha avvicinato il suo microfono alla mia bocca ancora nascosta dietro la mascherina protettiva (poiché qui nessuno è «negazionista» rispetto all'esistenza di un virus la cui origine pone tuttavia molti quesiti). Non ho accettato di parlare ritenendo faziosa oltre misura la tv del gruppo Cairo Communication (Direttore Andrea Salerno). Fatto sta che, scampato il «pericolo», dopo qualche minuto un'altra giornalista è spuntata dal nulla con la stessa decisione della collega. Era sempre di La7! Nello specifico si trattava di un'inviata della trasmissione condotta da Parenzo e De Gregorio. Con piglio provocatorio (non dico minaccioso) mi ha chiesto conto del collegamento tra il cartello che tenevo in mano (passatomi gentilmente dalla solita giovane madre di quattro figli, nonché attivista d'hoc) e i sieri anti Covid-19. Sul cartello c'era disegnato un triangolo con un occhio al centro: l'occhio che tutto vede della massoneria (quello sulla banconota da un dollaro). Non so neppure io perché ho iniziato a parlare, non prima di aver chiesto ingenuamente all'intervistatrice e al suo cameramen di sforzarsi di non cogliere soltanto il peggio della conversazione (che è stata piuttosto lunga dandomi l'opportunità di toccare vari argomenti solo in apparenza scollegati). Mi hanno riferito che alle mie spalle c'era una terza persona, probabilmente una «regista sul campo», forse una versione mignon di spin doctor mimetizzato tra la folla, per citare Claudio Messora e il suo libro «Il disallineato», che consiglio di leggere).

Nelle ore successive le emittenti televisive hanno iniziato a mostrare i loro servizi. Mi sono visto: bello come la fame in tempo di guerra, gradevole come una iena a stomaco vuoto, intelligente come chi ritiene scientificamente provata l'esistenza dell'unicorno. Mi hanno fatto dire “sappiamo che il vaccino è stato costruito in laboratorio». Ma osservando il video si nota che è stato praticato un taglio quasi impercettibile: ne è derivato un piccolo collage ad arte. Del resto nelle mani abili di un regista anche la guerra da brutta può diventare bella. In fondo basta togliere qualcosina e il gioco è fatto, i nuovi macchinari disponibili lo consentono con estrema facilità! Ecco come va oggi tanta informazione che mi disturba definire «ufficiale». Già lo sapevo, perché dalla cosiddetta «controinformazione» giungono montagne di verità anche sui mezzi di comunicazione mainstream. Poi sta a chi legge e a chi riflette cercare di capire quanto siano attendibili le «informazioni alternative». E qui entrano in gioco la cultura, la sensibilità e l'esperienza di ciascuno (doti spesso acquisite sul campo, spesso in condizioni di «sofferenza formativa»).

Ma, a parte tutto, chi cerca esempi di informazione disinformante ad archivi aperti ne trova una quantità enorme.

«Uno spettro ossessiona l'Europa: il suo passato», recitava anni fa un noto quotidiano statunitense. Eppure oggi per chi detiene le leve dell'informazione filogovernativa non è pensabile fare un confronto tra il nazismo e l'oligarchia apolide e apartitica, sostanzialmente priva di etica e di stampo gnostico e anticristiano, o antireligioso in senso lato (ecco che cosa c'entra il triangolo con l'occhio al centro, cara giornalista di La7). L'oligarchia di cui parlo è un po' troppo legata a Big Pharma e ad altri cartelli che stanno gonfiando i muscoli attraverso le multinazionali (comprese quelle della droga?), come forse lasciava intendere con ben altre parole il buon Ugo Mattei nel suo tonante discorso di Piazza Castello.

Sulla modesta Wikipedia si legge che la Chiesa dell'unificazione (o Associazione Spirituale per l'Unificazione del Mondo Cristiano), che celebra matrimoni di massa anche senza mascherina in tempo di coronavirus (mentre corre voce che a Piazza Castello ci fosse la digos a caccia di manifestanti senza museruola, da registrare tramite riconoscimento facciale), sia proprietaria del quotidiano statunitense The Washington Times, fondato nel 1982 dal reverendo Sun Myung Moon. Quest'ultimo, autore del «Principio divino», aveva una strana idea della Bibbia poiché si ispirava al confucianesimo coreano («una delle più sostanziali influenze nella storia intellettuale coreana fu l'introduzione del pensiero confuciano come parte dello scambio culturale dalla Cina», si dice sempre sulla modesta Wikipedia). Non è legittimo chiedersi quale linea editoriale sia derivata da tutto ciò? Si dice che Moon (morto nel 2012) fosse controllato dall'alta finanza. A quanto pare il predicatore sudcoreano finanziò le «Conferenze Internazionali per l'Unità delle Scienze» (ICUS), a cui parteciparono personaggi come l'onnipresente Peccei, cofondatore del Club di Roma grazie ai proventi si dice illimitati della solita fondazione Rockefeller (com'è piccolo il mondo!), della famiglia Agnelli, della Volkswagen e non solo. Il Club di Roma nacque nel 68 (anno fatidico, guarda caso) grazie anche alla collaborazione di scienziati, filosofi, umanisti e ...banchieri. Dunque se ripercorriamo la storia di qualsiasi quotidiano, come appunto il Washington Times (pare di stampo conservatore, anche se ormai certe etichette valgono il giusto), scopriamo che dietro la loro linea editoriale ci sono determinate filosofie, a volte vagamente riconducibili alla New Age come nel caso, appunto, del Washington Times.

Senza tornare sul discorso pronunciato da John Swinton al banchetto in suo onore (lo avevo già citato in una mia precedente riflessione), in cui l'ex redattore-capo del New York Times disse che «i giornalisti sono i vassalli di uomini ricchi che stanno dietro le quinte», tuttavia facendo torto a quanti veri professionisti dell'informazione che stando alla concezione occidentale perdono la vita per fare il loro dovere nelle scomode vesti di «cani da guardia» della democrazia, intesa come sistema sociale nel cui ambito tutte le componenti umane vengono in qualche modo tutelate, anche la televisione propina menzogne a iosa e distribuisce ipocrisia a dosi massicce, al punto che il povero teledipendente non sa più cosa pensare. La «scatola magica» propone problemi e ne presenta le soluzioni forgiando quelle che poi verranno definite «idee condivise». Chi controlla i principali mezzi di comunicazione mondiali, c'è allora da chiedersi? Qualcuno dice che l'Istituto Internazionale di Studi Strategici (IISS) abbia mani dappertutto, che sia in stretto contatto con numerosi organi d'informazione, vere «fucine di opinioni» nei cui laboratori si preparano scenari «su misura» da presentare tempestivamente all'opinione pubblica, sempre molto distratta (per usare un eufemismo). Se così stanno le cose, se il grado della manipolazione di massa è così elevato, e lo è tanto da far pensare che sia onnipresente l'azione di Istituti come il Tavistock e similari i cui tentacoli arrivano ovunque, come meravigliarsi se poi una televisione nazionale raccoglie interviste e le manipola al fine di portare quanta più acqua possibile alla causa del mondialismo gnostico che sta mostrando tanti muscoli e poco cervello? Ci faranno fare pessime figure, saranno bravissimi a mettere in evidenza i nostri difetti anziché i nostri pregi (quando ve ne sono), ma questi informatori da giornalismo di guerra in tempo di pace non hanno pace, si adoperano per costruire falsità ad uso di false verità, avvicinano i loro microfoni col sorriso accattivante di chi sa di avere in mano un «oggetto magico» (il microfono), ma la magia che ne scaturisce non è mai amorevole con il gregge. I cameramen da «grande fratello» ti puntano impietosamente il loro marchingegno super tecnologico e sempre meno ingombrante, lo fanno con un sorriso imperscrutabile, un misto di bonarietà e di alterigia, perché credono che una persona «normale» dovrebbe solo ringraziare quando viene inquadrata da loro, detentori di un potere ammaliante, quello che in certi casi ti permette di essere riconosciuto in strada e di acquistare a tua volta un briciolo di potere poiché quante più sono le persone che ti vedono in televisione tanto più esisti. Questo è il concetto che passa. Solo banalità, come nel caso del cantante pinco pallino che ci mette la candida faccina di bronzo e del relativo arrangiatore pressoché sconosciuto che costruisce la sostanza (molta o poca che sia). Ma l'arrangiatore spesso è l'unico soggetto che ha studiato musica decentemente. Senza contare che in certi casi non conviene registrare una propria composizione alla SIAE quanto piuttosto venderla al migliore offerente, cosicché quel prodotto dell'ingegno passa di mano e il pubblico si fa un'idea sbagliata dei reali valori in gioco. Una società di cartapesta, la nostra, che può piacere solo a chi ha pochi argomenti e troppa ambizione, a chi ha uno spessore talmente piccolo da non preoccuparsi di fare le cose con coscienza poiché procedere secondo etica richiede troppo lavoro e altrettanta fatica. E così l'informazione mainstream attinge a fonti forse non sempre attendibili o addirittura costruite in laboratorio (come il giornalista che sembra registrare/scrivere il proprio servizio sul campo di battaglia mentre in realtà si trova sotto casa e strilla preoccupazione tra una calda tisana e un gustoso bignè).

Gli esempi di informazione malata sono davvero tanti, vedi il caso di Murdoch, ovviamente legato ai Rockefeller (manco a dirlo) e ai Rothschild, nonché agli Oppenheimer (quelli del commercio di oro e diamanti e fondatori dell'Anglo American, una delle più importanti società minerarie a livello planetario con sede a Londra e forse i veri creatori del magnate australiano), presente ai conciliaboli del Club Bilderberg, già padrone di 7 televisioni distribuite su cinque continenti, della 20th-Century Fox (a proposito di «cinema») e di svariate decine di testate giornalistiche tra cui il Times di Londra, forse tra i più autrorevoli quotidiani a livello planetario, e il britannico Sun la cui tiratura è stimata nell'ordine di milioni di copie. Quanti cittadini del mondo si sono affidati e si affidano all'informazione di giornali dietro cui gongola un magnate australiano arrestato il 10 luglio 2013 insieme ad altri giornalisti (due dei quali lavoravano per il Sun) in seguito a un filone d'inchiesta sullo scandalo relativo a clamorose intercettazioni che ha portato alla chiusura del domenicale News of the World di proprietà Murdoch, come ci ricorta ilfattoquotidiano.it in un articolo del 13 febbraio 2013?

E quale giornale o canale televisivo d'ispirazione governativa vuole oggi ricordare certi personaggi, facilmente inquadrabili nell'ambito del percorso mondialista grazie alla cosiddetta «controinformazione», che già anni fa parlavano di un «triste destino» riservato ai popoli, che poteva includere «epidemie» imperversanti su esseri errabondi che di uomo avrebbero conservato solo l'immagine?

Si registra che nell'ambito di un Forum sull'Economia mondiale svoltosi a Davos circa a metà degli anni 90 Murdoch dichiarò che «il villaggio televisivo globale sarà una grande forza che contribuirà ad abbattere le frontiere». E sull'abbattimento delle frontiere ci sarebbe tanto da dire, a cominciare dalle crescenti intrusioni dell'Open Society targata Soros, noto magnate e speculatore che l'Italia ben conosce! Uno scenario con previsioni che si incrociano con quelle dei potenti frequentatori di Davos (e con gli scritti del folle Shwab!).

Insomma, questa informazione che cambia le parole in bocca agli ignari intervistati del «popolino» è la stessa che vorrebbe un uomo senza radici e privo di riferimenti, senza uno scopo diverso dal piacere dell'accumulo di ricchezza fine a se stesso (obiettivo riservato a pochissimi, per altro) e che si estende alla pubblicità quando vediamo bianchi, neri e gialli sorridenti e accomunati dalla gioia di indossare abiti occidentali con marchio anglosassone. Della serie: tutti insieme appassionatamente ma come vogliamo noi. Oramai si ha la sensazione che l'unità nella diversità sia un attributo prevalentemente cattolico, sennonché sul trono di Pietro siede un personaggio ambiguo e oscuro che vede nella proprietà privata un lusso inaccettabile e che vuole imporre il sacramento della vaccinazione di massa, quasi a voler ricordare alle sue «pecore» ormai smarrite che si sente più chimico che pastore?

Così, conoscendo bene la «filosofia» di La7 capisco perché alcuni manifestanti abbiano mostrato il medio denotando poco savoi faire ma anche una sufficiente coscienza rispetto a ciò che sta accadendo (dicasi Great Reset). Nessuna giustificazione per i gestacci poiché non servono a nulla e anzi prestano il fianco alla manipolazione. D'altro canto so per esperienza diretta che le parole dette davanti a un microfono vengono manipolate ad uso e consumo dei poteri forti, sotto la cui ombra proliferano giornalisti e personaggi televisivi, docenti universitari e ometti di spettacolo, attori figli di papà e uomini di legge che arrivano perfino a giustificare uno stupratore di pelle scura perché dalle sue parti violentare una donna è normale (ma non siamo più in un Paese civile?).

Lilly Gruber ammette candidamente che nella sua trasmissione i «nuovi untori» non sono graditi. Senonché i noVax tali non sono, se non in relazione a specifici sieri sperimentali che creano ostacoli all'immunità di gregge e i cui effetti a media/lunga distanza sono praticamente sconosciuti. Si dà il caso che i «ribelli» della situazione non siano facinorosi privi di coscienza: di faziosi prepotenti se ne trovano da ambo i lati, posto sia giusto e opportuno parlare di fazioni avverse dal momento che prima o poi potrebbe verificarsi una sorprendente riunificazione tra dubbiosi e delusi...   

                                                                                  Davide Crociati

 

La figura di Lucifero impera su Piazza Statuto (To)

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