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                         La sordità di Beethoven

 

Ora capisco perché certi intellettuali revisionisti (non ho detto negazionisti) vengono presi a calci alle feste dell'Unità: il loro forte impegno sociale consiste nel riportare alla luce verità assai scomode per chi ancora ritiene di poter fermare la storia. Quando si inizia a comprendere che gli estremi si congiungono; che è esistito ed esiste un filo conduttore sotterraneo tra estremisti di destra e di sinistra; che questa complicità, a volte non facilmente riscontrabile in superficie ma reale in una dimensione inconscia, oscura in quanto sotterranea , ha la sua ragione di essere nella rigidità del pensiero e nel bisogno di soddisfare narcisismo ed egocentrismo, nonché in una fottuta paura per l'equilibrio, che evidentemente per alcuni o per tanti significa perdersi nel nulla del "tutto è possibile"; ecco che un po' alla volta si comprendono i motivi per i quali la scuola ha perso credibilità negli anni. Per dirne una, è sempre difficile trovare un testo di Musica che non sia lottizzato, che non obbedisca a un credo politico più o meno riconoscibile. Questo per forza di cose induce un insegnante appena cosciente a usare poco il libro e a sfornare appunti su appunti al fine di mantenere in assetto la "macchina informativa" in nome d’una certa onestà intellettuale che dovrebbe rappresentare la vera ambizione di tutti i docenti di ogni ordine e grado. Vorrei tanto che la politica trovasse il modo di occuparsi in modo serio anche della pluralità di pensiero nella scuola, quindi, e che tanti "marines dell'istruzione" venissero messi nella condizione di ritrovare il coraggio di fare scelte didattiche "diverse" senza dover provare un odioso imbarazzo (se è vero che oggi la diversità in senso lato è un valore che non può essere messo facilmente in discussione!). E vorrei che certa televisione dichiaratamente "di parte" , soprattutto quella che ha funzione di servizio pubblico per il quale paghiamo regolarmente un canone, evitasse di assumere atteggiamenti denigratori verso la scuola, non attaccandone gli anelli più deboli (per via d'un pensiero dominante tutto sbilanciato a favore della "materia" e quindi a chiaro svantaggio dell'impalpabile. Del resto, un noto critico d'arte che sovente "ruggisce" maldestramente in televisione, a volte con più di qualche ragione, in un suo libro ci ricorda che una poesia di Giacomo Leopardi non è poca cosa solo perché non sappiamo comprenderne il significato...). Mi chiedo se sia il caso di burlarsi dei poveri insegnanti di Musica simulando una "sfringuellata" col flauto dolce o diritto che si voglia (e per favore evitiamo facili allusioni al "coso" che ormai di certa volgarità gratuita, scontata e monotona ne abbiamo le tasche piene). Perché la signora Littizzetto non prova invece a sostenere la causa del  "piffero", come lo definiscono certi ignoranti in materia (e non solo), infastiditi perché spesso i loro figli si dilettano assai volentieri con l'arnese in questione , solo apparentemente infernale ma che invece rappresenta il più democratico e proletario degli strumenti? Il flautino scolastico, che definirei "propedeutico", costa poco ed è leggero e poco ingombrante (è noto il problema degli zaini stracarichi!) e per di più costringe a esercitare entrambe le mani e a mantenere un controllo costante su diversi elementi: timbro (bellezza e pulizia del suono), intonazione, respirazione,... Senza contare che una partitura, per semplice che possa essere, è fatta di suoni precisi la cui altezza va rispettata, la cui durata dev'essere altresì tenuta in debita considerazione (molto spesso non è uno scherzo neppure per adulti intelligenti!). Provate a immaginare una classe di preadolescenti che intoni con un certo decoro , senza forzature nel suono, l'Adagietto della quinta sinfonia di Mahler o temi musicali di films celebri come Giù la testa, C’era una volta in America, C'era una volta il West,  Metti una sera a cena,  Moon river, il classico My heart will go on, Unchained melody, Nuovo cinema Paradiso, Un uomo una donna, ...; immaginate che questi flauti siano sorretti da un tappeto armonico affidato a una tastiera regolata a volume medio basso sul timbro di contrabbassi e violoncelli; immaginate poi almeno una chitarra dagli arpeggi vellutati e qualche pennellata qua e là di voci intonate, il tutto all'interno di una sala acusticamente non dispersiva e col giusto riverbero che permetta di creare il pathos necessario e un clima sonoro adeguato; infine immaginate un pubblico eterogeneo che alla fine si liberi in un applauso convinto e perfino emozionato, per testimoniare la riuscita di una prova comunque mai facile. Di carattere. Tutto questo in nome, perché no, della bellezza (se il diavolo vuole!). Momenti assai formativi che rimangono nella memoria. Eppoi, eppoi... signor Antonio Albanese, perché voler far credere che nella scuola si parli solo della sordità di Beethoven come se si trattasse d’un argomento banale? Non crede, lei, intelligente com'è, che la questione della sordità che ha colpito il grande musicista tedesco possa rappresentare un'opportunità per far capire o quanto meno intuire che la musica non è solo una questione di orecchio ma anche di cervello? Non crede che la "follia" di Mozart possa offrire un appiglio per lanciare un messaggio di speranza agli scapestrati schiavi d’un linguaggio scurrile e di mille problematiche caratteriali? Non crede che certi "soloni" romantici abbiano rappresentato esempi eccellenti di carattere introverso sfociato in grandezza artistica, con un pensiero al grande Jung e ai suoi "tipi psicologici"? Non crede che la mitica stonatura di Stravinskij (grazie per averlo citato, signora Littizzetto) possa offrire una chiave di lettura diversa che consenta di ridimensionare la teoria per altro sbagliata secondo la quale gli stonati farebbero meglio a... lasciar perdere, per così dire, magari per dedicarsi a qualcosa di peggio? Potrei continuare all'infinito ma lo spazio di questa lettera vuole essere contenuto. Tornando al nostro "ridicolo" strumentino, non credete che sia meglio passare dal "piffero" al flauto traverso, all'oboe, o magari al violoncello o al pianoforte piuttosto che dallo spinello (non ho detto "spinetta") a qualcosa di ancora più deleterio? Come mai ce l'avete tanto con la scuola solo perché qualcuno spesso vi paga per dire scemenze (e forse neppure ciò è casuale)? Piuttosto mi chiedo cosa possa esserci di serio in una "velina", in una "letterina" o in personaggi (per lo più minuscoli) che litigano su un'isola! O che cosa ci sia mai di elevato nella "prostituzione catodica" e negli "annunci personali" che riempiono intere facciate di rispettabili quotidiani? O in una “casa chiusa” di cui sembra di sentire i cattivi odori non ultimo quello di "bruciato", piena di telecamere nascoste e di scemenze? Tutto questo ed altro è dunque ciò a cui volete "istruirci", o assuefarci? Ancora. Cosa c'è di serio in una pubblicità che è fatta per scavalcare le coscienze annullandone le difese "psico immunitarie"? Soldi? Sempre e solo? Certo che sono utili, lo sappiamo tutti, ma vivaddio siamo uomini o salvadanai, per dirla alla De Curtis? E' meno serio uno strumento didattico, oltretutto molto impegnativo, o una trasmissione in cui tutto è finto a cominciare dagli applausi? E' meglio la musica jazz quella buona (perché neppure il jazz è tutto uguale), che piace ai giovani e tante volte anche ai giovanissimi (quando viene fatta loro ascoltare) o tanta musichetta leggera dai testi troppo piccoli per quella che dovrebbe essere una società moderna (che non vuol dire "di fessi")? Meditare, please... Dei soldi che avete in tasca voi della tv a noi, gente spesso assai meno comune di tanti minuscoli personaggi troppo in vista, non ce ne può fregare di meno, e, vi sembrerà strano, non lo diciamo per invidia. Non tutti. Che invidia si può provare per un cervello omologato accompagnato da un bel c... che assomiglia a un salvadanaio? Ora l'ho voluto fare io un "simpatico" sberleffo alla Littizzetto, e non vorrei apparire cattivo poiché non esserlo per natura. Il rischio è sentirsi "sotto ricatto", perché se una email può rimanere graziosamente nel cassetto o più probabilmente finire nel cestino del computer, chi possiede l'arma delle telecamere, fosse anche immeritatamente, può lanciare strali disinformanti travestiti da facile ironia. Qualcuno lo chiamerebbe "abuso di potere". Io voglio chiamarla “insensibilità”.

 

                                                              Davide Crociati

 

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