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Bellaria I.M., 18 Settembre 2017

 

Idealizzazione !

(Il pensiero di un elettore)

 
Vorrei partire dalle parole di un prestigioso uomo (e pensatore) di sinistra: “Il fatto è che le sinistre vivono una concezione mal posta di umanità. La parola d'ordine è “accettare tutto”. Come se bastasse un “volemose bene” e il problema sparisce... Il tema dei migranti è il concentrato di tutte le contraddizioni della sinistra. Che parla di accoglienza ma non mette a disposizione le strutture adeguate. Da una parte si lamenta dei campi in Libia ma dall'altra parte non ha fatto nulla per evitare situazioni come quelle di Roma. (...) La parola “ordine” fa proprio venire l'orticaria alla sinistra... Però, anche come diceva il filosofo Thomas Hobbes, senza ordine non può esserci un governo decente, meno che mai la democrazia”.
(Da un'intervista a Gianfranco Pasquino pubblicata su “il Resto del Carlino” di Martedì 5 Settembre 2017)
 
Forse è questo il punto da cui dobbiamo partire per comprendere quanto sta accadendo, o meglio, per capire quale sia la mentalità di chi da un lato vorrebbe abbattere qualsiasi barriera esistente e dall'altro erigere muri per cancellare dalla nostra vista importanti testimonianze storiche (ed ecco una prima evidente contraddizione). Roma è come un grande quadro in cui sono visibili diversi strati di storia: cancellarne uno sarebbe come coprire/tagliare una sezione dell'opera, rischiando così di annullare l'intero lavoro dell'Artista...
Il problema dei militanti di sinistra è l'idealizzazione dell'essere umano, poiché vedono il mondo con gli occhi di un adolescente. Chi vive la stagione della pubertà è desideroso di trovare rassicurazione nelle proprie fantasie (spesso ahimé fuorvianti) e se oggi la sinistra ci chiede di chiudere un occhio o entrambi sull'immigrazione, già abbastanza fuori controllo, e se in maniera forsennata (oserei dire scomposta) cerca di fissare paletti in vista delle prossime elezioni (perché la destra potrebbe vincere sul serio), ciò è dovuto a una paura ancestrale che questi adolescenti invecchiati su principi utopistici non riescono più a nascondere a se stessi: quella di vedere infranto un vecchio sogno, di non poter continuare a fingere ai propri figli, di non riuscire a mantenere nell'ambito di una rassicurante cornice color rosso-utopia i loro ideli di perfezione.
Forse la sinistra dovrebbe imparare a riconoscere con più umiltà non tanto i propri limiti specifici quanto i limiti umani in senso lato, perché proprio di questo si tratta. In molti salotti radical chic si spendono fiumi di parole speculando su questo e su quello, su ciò che è giusto oppure no, sulla società e sulle guerre che insanguinano il mondo. E via dicendo. Ma non si possono più ignorare i cento milioni di morti che il comunismo ha causato nel mondo (scusate se è poco!), e che ciò rappresenti la prova provata che il colore rosso non era e non potrebbe essere la panacea di tutti i mali è fuori discussione. Ovviamente senza nulla togliere ai notevoli disastri che il colore nero ha prodotto nel tempo. Come a dire: se la droga fa malissimo, non per questo l'alcol è acqua fresca (e viceversa). Credo che “il cesso” non sia sempre in fondo a destra (Gaber volle offrire un obolo alla parte politica che lo sosteneva, o che cercava gentilmente di utilizzarlo).
Credo che il cesso sia sempre "in fondo". Semplicemente. E che possa far comodo a tutti coloro che, a sinistra come a destra, di tanto tanto hanno comprensibili necessità fisiologiche. Oltre tutto, non si può escludere che l'edificio sia circolare e che in fondo ai due corridoi, quello di destra e quello di sinistra, i due cessi coincidano perfettamente... (da una mia precedente riflessione).
Nella volontà di abbattere tutti i confini e nella demonizzazione a 360° dei muri (ovviamente escludendo quello “poetico” della rossa, saggia Mannoia), colgo un carattere davvero un po' estremista. Questa reazione quasi rabbiosa verso coloro che in tante “barriere” riconoscono una protezione (in fondo), un argine, una difesa, una garanzia di sopravvivenza, in certi casi, fosse anche culturale (perché no?), assomiglia neanche tanto vagamente alla reazione di un adolescente che nel protendersi verso un'età più matura rinnega gli insegnamenti ricevuti e rifiuta i consigli dell'adulto, che pure sarà pedante e a volte poco sensibile nel comunicare dubbi e perplessità, ma a cui sicuramente sta a cuore l'integrità del figlio. E non c'è alcun dubbio che oggi, “in condizioni normali”, le preoccupazioni dell'adulto siano proporzionate ai rischi cui vanno incontro i giovani, che per non sentirsi isolati rischiano di infilarsi in luoghi e in situazioni decisamente borderline.
Forse oggi si sente l'esigenza di recupere una mentalità un po' più adulta, in grado di fare selezione, volta per volta optando per il “meno peggio”. Essere protettivi non vuol dire essere protezionisti, mettere le catene, così come non è sbagliato concedere libertà se non nei casi (ahimé sono davvero tanti, per non dire un'enormità) in cui una eccesiva idealizzazione della natura umana può indurre a sconfinare oltre i limiti massimi di sicurezza e di decenza. Se si considera che in questi tempi così difficili droghe e alcol indeboliscono una percentuale sempre più elevata di giovani e non, ecco che le fragilità acquisite sommate a quelle naturali richiederebbero maggiore protezione e maggiori controlli. E qui la parola “protezionismo” c'entra ben poco. A meno che non si voglia credere che curare sia meglio che prevenire. Ammesso che sia sempre possibile curare nei termini auspicati.
Non erano forse “splendidi adolescenti” gli artisti rinascimentali che nel rappresentare la natura umana cercavano di rendere un'idea di perfezione? Poi, col tempo, altri artisti capirono che era giunto il momento di mostrare l'imperfezione, via via in tutta la sua crudezza. Anche nella musica andare oltre la perfezione degli equilibri armonici e formali ha sortito nel tempo risultati straordinari. E qui entriamo in un terreno labile, in una terra di nessuno, dove nel pieno delle facoltà razionali né destra né sinistra potrebbero mettere bandierine o paletti. Siamo in un luogo in cui ogni limite può essere superato ma nel rispetto del limite stesso, a cui “il nuovo” deve comunque un forte tributo. Persino i dodecafonisti più radicali hanno ereditato dalla grande tradizione classica europea il senso delle regole, dell'organizzazione e della purezza stilistica. Come diceva il filosofo Thomas Hobbes, “senza ordine non può esserci un governo decente, meno che mai la democrazia”. Per questo ed altri motivi auspico che il caos demografico non passi per multiculturalismo.
Ma la questione va ben oltre. Anche il liberismo di destra vive le stesse problematiche della sinistra iperfiduciosa e permissiva fino al parossismo: tutto è concesso nella direzione di chi ha capacità e/o possibilità tali da non sopportare vincoli o freni in un caso, di chi ha una fiducia utopistica nella natura umana nell'altro. Iper-liberismo e permissivismo illimitato si incontrano in fondo ai rispettivi corridoi, poiché l'edificio umano è circolare...
Ragionando in maniera semplicistica, pensando ai tipi psicologici di “nonno Jung” si potrebbe quasi ipotizzare che destra e sinistra siano un po' come introversione ed estroversione. Non sono difetti ma modi di essere tra loro complementari. L'introverso, che nelle scuole viene quasi sempre etichettato negativamente, non è necessariamente un problematico (molti capolavori sono stati realizzati in solitudine), così come l'estroverso non è necessariamente di natura filantropica (spesso è esattamente il contrario).
Ovviamente, non potrei non riconoscere che della sinistra e della destra io abbia voluto considerare solo pochi aspetti e in maniera abbastanza frettolosa.

 

                                                                     Davide Crociati

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