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                                                         Bellaria I.M., 20 Agosto 2005 

 

 

Lettera a un personaggio noto

 

Egregio professore,

non è mai facile avvicinare un personaggio noto, per di più intelligente e tendenzialmente aggressivo, per presentargli un lavoro (che si tratti di CD musicali, di immagini o di scritti poco importa). La ragione è ovvia: qualsiasi “mediocre ambizioso” che insegua il potente di turno come un cagnolino nella speranza di godere di un po' di luce riflessa, e magari anche di qualcos'altro, non può risultare simpatico a qualcuno! Sta di fatto che troppo spesso l'apparenza inganna e si tende a generalizzare, e la possibilità di essere insufficientemente e/o ingiustamente inquadrati è fin troppo forte!

Ma voglio correre il rischio poiché La ritengo troppo intelligente per non sapere che in ogni caso uomini e donne di successo traggono linfa anche dall'antipaticissima gente comune, quindi da tanti “mediocri” che in fondo rappresentano la grande maggioranza. Gente comune che a volte cerca stimoli proprio attraverso il dialogo con “menti evolute”.

Per me comporre musica, realizzare immagini, scrivere, spesso anche dialogare a lungo con gli amici, significa fare qualcosa di vitale e di necessario, forse anche di terapeutico. Al di là di problemi psicologici seri che inducano a manipolare qualche materiale allo scopo di offrire a se stessi e all'eventuale terapeuta elementi utili per individuare e coltivare una cura, infatti (problemi che personalmente non ho, grazie a Dio, essendo io da sempre “ottimista congenito”), qualsiasi attività creativa può davvero aiutare a liberare energie sopite, a sgombrare fantasmi psicologici dalla mente o, per dirla alla Jung, ad avvicinarsi al Sé.

Ho voluto citare il grande psicologo svizzero perché in lui ho trovato un autentico “faro” (per altro ho avuto la fortuna di conoscere un suo discendente – stesso sguardo teutonico del celebre nonno! - che m’ha guidato personalmente all'interno della “torre” sul lago di Zurigo dove l'allievo più importante del “dogmatico” Freud realizzò alcune tra le opere più significative della sua cospicua produzione, non ultima “Psicologia e Religione”, in cui si teorizza l'integrazione del “quarto elemento” - la donna – nella Trinità: ricordo che Lei ne accennò in una puntata di “Sgarbi Quotidiani”, su RETE 4, e forse proprio da quel momento iniziai a seguirLa con più interesse e a leggere qualche Suo libro...).

Da sempre vivo in Romagna, terra ahimè ricordata più che altro per le piadine e per il liscio, vicino a quella Rimini così poeticamente dipinta da Federico Fellini nei suoi capolavori, che definire “cinematografici” è forse riduttivo: anch'egli, per chi scrive, ha rappresentato un importante punto di riferimento (ognuno è libero di scegliere i propri). Memorabile quel “Ginger e Fred” dalle tante “caricature” che parlano al cuore di miseria, di pochezza vestita a festa, di nullità illuminate dai potenti fari d’uno studio televisivo (che “camicia coi baffi” abbia sofferto tanto per la morte del Maestro da volerlo emulare presentando ogni domenica – mi dicono – un vasto assortimento di mostri e mostriciattoli, discorso a parte per la di lui moglie il cui nome mi riesce sgradevole persino pronunciare? Quanto vorrei, in merito, conoscere la Sua sincera opinione! Se dietro certe brutture ci sia qualche studio sociologico non m’è dato saperlo, ma per dio gli animali vanno rispettati, non sbattuti in piazza alla mercé di cinici e miserevoli emulatori!).

Jung, Fellini, il grande Montanelli (passo oltre velocemente perché m'imbarazza provare stima per quel Marco Travaglio che La definisce “killer televisivo” mettendoLa neppure in buonissima compagnia: secondo me il massimo della sottigliezza che sa esprimere il Fede nazionale – altro “killer” del piccolo schermo, secondo il pur bravo Travaglio – consiste nel cercare di convincere i telespettatori che quel certo malessere sociale così diffuso non dipende dalle decisioni del Governo in carica ma dai capricci del tempo...).

Eppoi c'è Sgarbi. Credo che “i migliori” La seguano perché ritengono che Lei possa rappresentare legittimamente la vera “modernità”, in una società in cui per il solo fatto di “esistere ora” ciascuno si considera più libero, più intelligente, magari anche più bello (quando, viceversa, siamo in chiara fase regressiva...).

Personalmente La considero uno dei più grandi comici viventi (tanto da fare impallidire il ben noto Grillo sparlante) e non vuole essere un'offesa se è vero che per fare ridere a crepapelle è sufficiente raccontare il mondo così com'è. Ecco, quel “così com'è” significa che nonostante tutto in Lei riconosco autenticità (uno dei mali del nostro tempo, come affermava Fromm, è la razionalizzazione, intesa come pratica psicologica “perversa” che porta a voler “aggiustare” tutto in base alle proprie vere o presunte necessità). Credo che Sgarbi abbia individuato il giusto linguaggio per poter comunicare verità scomode, un po' come fanno gli attori del “Bagaglino” con risultati di molto inferiori!...

Da una parte uno spiccato senso dell'umorismo, dall'altra la serietà di un critico di riconosciuta qualità, quindi. In ultimo, una presenza fisica che sa ricordare alle donne le reali componenti dei loro compagni, i quali non sono fatti solo di Y ma anche di X: in verità “la completezza” è una dote che appartiene a pochi. Non vuole essere una provocazione.

Nella vita insegno Musica nelle scuole statali (se qualcuno mi chiede quale attività io svolga sono regolarmente tentato di dire il muratore, il fabbro, l'idraulico, o anche l'operatore ecologico...). Poveri insegnanti, “esseri normali” costretti a rispondere alla società in qualità di psicologi, assistenti sociali, intrattenitori, esperti di teatro e, a volte, in qualità di para-infermieri quando non di castigamatti... Il quadruplo dovrebbero pagarci, come ho sentito dire al buon Crepet! Poveri noi soldati dell'istruzione, sempre in trincea, ...poi arriva uno Sgarbi che dice, rivolgendosi alla “vastissima” categoria: “siete una massa di cretini!” (o giù di lì) e finalmente tutti d'accordo con lui, di destra o di sinistra, intelligenti o stupidi, buoni o cattivi, belli o brutti: quando si tratta di “sparare sul professore” le differenze ideologiche o di qualsivoglia natura si annullano come per magia... Non sarà che la televisione ha un potere esorbitante attraverso il quale è fin troppo facile condizionare la massa di idioti che invade città e paesi d'Italia, e del mondo, come Goebbels ben sapeva (anche se il suo aspetto fisico così poco ariano e tutt'altro che felice lo rendeva di per sé poco credibile)? Ancora. Non sarà che l'immagine televisiva dell'insegnante è affidata a un certo pur bravo attore (almeno non fosse il fratello del solito politico) affinché il credito nei confronti della scuola diminuisca ulteriormente? E' questo che si vuole? Bisognerebbe promuovere corsi d'aggiornamento per genitori, piuttosto, prima che nelle aule scolastiche giungano come barbari ragazzi ormai terribilmente compromessi, spesso insensibili anche al buon senso dei migliori docenti, tanto che oltre all'insegnante di sostegno (per altro spesso inesistente) servirebbe uno psicologo di classe! Ed anche alcuni interpreti, soprattutto di lingua cinese, araba e slava. Poi è chiaro che di elementi più o meno se ne trovano ovunque, anche nei piani alti della politica (qualche anno fa una persona che conosceva praticamente tutti i parlamentari, e di cui per motivi particolari (ed ovvi) non rivelerò l'identità, su questi ultimi mi raccontò cose ben poco edificanti, altro che la faccetta un po' pienotta dai lineamenti “troppo normali” del pur bravissimo attore di cui sopra...).

No, in realtà dico che dovrebbero pagarci solo il doppio, ma almeno ci lasciassero vivere con un po' di dignità!

Evidentemente il fatto che un prof. finisca sul giornale solo quando commette un guio vero o presunto (mai per motivi di  altra natura) ha radici patologiche: chi non ricorda la scuola come “luogo di sofferenza”, non fosse che per quell'età difficile, così piena di frustrazioni e incertezze, di tempeste ormonali?. Tutti “ce lo siamo legati a un dito” pronti a “gridare vendetta”, come ancora il bravo e simpaticissimo Francone Boni minaccia dai pulpiti di “Telemarket”, nei confronti di un'Istituzione che comunque rimane vitale, se non al centro, di una società civile che possa definirsi tale senza facili retoriche.

Conosco docenti (non parlo di me stesso perché ritengo di essere abbastanza furbo e “rognoso” per non dover soccombere sotto il peso di un anno scolastico ) che, abbastanza o a volte molto intelligenti ma tragicamente miti, se solo godessero d'un minimo di credito e di supporto da parte dei mass media, quindi della società, potrebbero tranquillamente emergere come validissimi comunicatori, comunque in grado di fare del bene ai loro studenti (del resto chi non vorrebbe farne? Non raccontiamocela, essere positivamente utili agli altri è il sogno di tutti, poiché tutti siamo per natura più o meno bisognosi di riscontri, certo anche “affettivi”, perché no, anche se a volte, nostro malgrado, assumiamo in itinere posizioni opposte a quelle inizialmente volute e cercate, non raramente per soddisfare necessità in certi casi patologiche del nostro orgoglio...).

No, questa è una società ben poco clemente nei confronti dell'Istituzione, ed anche nei confronti dell'Arte (ecco perché nella dedica sul mio povero e improvvisatissimo CD, che Le consegnai a Rimini il 14 Agosto del 2005, sotto il gazebo di piazzale Boscovich (un grazie a Manola Lazzarini!), pensai di scrivere: “meno male che c'è Sgarbi!”. Si, meno male che qualcuno, godendo delle necessarie capacità, e dei necessari privilegi, riesce a interessare all'Arte persino i profani! In questo molti Le riconoscono grandi meriti, inutile negarlo.

Riepilogando. Dal mio personalissimo punto di vista, con un po' di sforzo, si potrebbe azzardare l'ipotesi di un asse “Jung – Fellini – Sgarbi”, sinonimo di grande capacità comunicativa e, in fondo, di grande rispetto per le esigenze meno ignobili del popolo: non tutti capiscono che vivere tra gente meno stupida, meno grezza, meno malata, meno violenta, è un bene anche per chi gode di qualche privilegio in più. Questo non vuole essere un discorso moralistico. Mi viene in mente il quarto dei “sette pilastri del successo” enunciati dal classico sociologo a stelle e strisce (Stephen Covey nel caso specifico), secondo il quale un vincitore è veramente tale solo se rende positivamente partecipi del proprio successo i cosiddetti perdenti, che mai andrebbero sottomessi e tanto meno umiliati (anche perché troppi vincitori prima di raggiungere i risultati sperati hanno conosciuto penosi fallimenti lungo il quasi sempre difficile percorso).

Un altro personaggio storicamente importante per l'Arte e per la Cultura in senso lato, per quanto poco conosciuto dal “grande pubblico” per ragioni intuibili, è SCHÖNBERG, colui che ha elaborato il sistema dodecafonico grazie al quale è stato finalmente possibile sancire il definitivo superamento della tonalità (quale matrigna possessiva per troppi cervelli!). In campo musicale, SCHÖNBERG più d'ogni altro riuscì a creare uno spartiacque fra vecchio e nuovo, fra conservatori e innovatori, fra coloro che pretendevano di godere di un potere inattaccabile in virtù d'una conoscenza approfondita ma troppo esclusiva della musica tradizionale e coloro che invece sentivano la necessità di svezzarsi da una “protettrice” oppressiva in quanto obsoleta, superata dalla storia (per quanto ancora oggi sopravviva in forme modeste, soprattutto nella musichetta di consumo e attraverso patetiche esibizioni di fenomeni da baraccone operistico. Certamente con grandi eccezioni come Ennio Morricone ed altri).

Per un profano credo sia meno pesante osservare un quadro piuttosto che ascoltare anche distrattamente un pezzo musicale (a quanto pare a Sgarbi non piace la definizione “brano” in riferimento a composizioni musicali), perché il linguaggio dei suoni impone un preciso tempo d'attenzione (è vero che l'ascolto può essere interrotto in qualsiasi momento, ma se ci si trova in una sala da concerto davanti a un'orchestra qualche problema può sorgere), mentre lo stesso profano che si trovi in un importante museo può soffermarsi davanti a un quadro di Kandinsky anche solo per pochi istanti. Inoltre la musica è un'arte invisibile: suoni e rumori sfuggono ai sensi della vista e del tatto (cosa piuttosto grave, in quest'epoca, per ragioni che non possono sfuggirLe...). Ciò ha fatto sì che nella storia dell'umanità molto spesso “musica e soprannaturale” abbiano trovato punti di contatto nell'immaginario collettivo. E ciò che sta in alto, molto in alto, in certi casi subisce la legge del contrappasso (non del contrabbasso, come dicevo da piccolo quando evidentemente avevo già una mezza idea di quello che avrei voluto fare).

Musica come anello di congiunzione fra cielo e terra, fra spirito e materia, quindi: c'è e non c'è, possiamo udirla ma non vederla e tanto meno toccarla. Ecco che allora ciascuno può“razionalizzare” e farsene l'idea che desidera!

Per i più sembra che la musica oggi non abbia quasi ragione di esistere come arte autonoma e che necessiti della parola (antica diatriba!). Invece sappiamo che Beethoven ha scritto quasi esclusivamente composizioni strumentali e che Galileo, padre della scienza moderna, parteggiava decisamente per un'arte musicale svincolata dalle parole (forse per freudiana reazione al padre Vincenzo, che al contrario contribuì alla riscoperta della “melodia accompagnata”, quindi alla nascita del melodramma...).

Invece anche la musica può essere “raccontata” così come un bravo critico d'arte sa descrivere un'immagine, in certi casi facendo diventare letteratura o poesia la critica stessa, come Lei insegna. Quindi, si avverte molto la mancanza di un Longhi (per es.), che sappia fare della chiara critica musicale: nel settore di cui mi occupo, seppur modestamente, gli esperti parlano quasi sempre un linguaggio oscuro, quasi volutamente indecifrabile, forse per non voler creare troppa distanza fra “descrizione della musica” e musica vera e propria, il cui “legame con l'aldilà” evidentemente non può ancora essere sciolto del tutto. Pertanto, un critico del popolo che si occupasse di compositori come Bruno Maderna, Luigi Nono, Franco Donatoni,, Salvatore Sciarrino, Luciano Berio, o come Gilberto Cappelli (che è stato il mio primo insegnante di composizione, mi consenta la citazione tutt'altro che immeritata) sarebbe il benvenuto!

Capisco che le Sue citazioni in campo musicale non vogliano andare oltre un Mozart, un Pavarotti o un Jaovanotti (ahimè), almeno che io sappia, poiché i Suoi libri sono destinati a tutti e forse per questo hanno un valore particolare. E' comunque triste che, tranne gli addetti ai lavori, nessuno sappia chi sia SCHÖNBERG, o Pierre Boulez, mentre comunque un Picasso, un Magritte o un Kandinsky trovano spazio in qualche raro Tg: potenza del mercato dell'arte? Immagino di si. Ciò non toglie che sia spiacevole che artisti della musica, anzi della Musica, siano destinati a rimanere entro una cerchia elitaria, al di fuori della portata del grande pubblico (ovviamente in senso numerico). In fondo, io in qualche occasione ho potuto constatare che con la dodecafonia si può “giocare” in maniera stimolante anche nell'ambito d’una didattica non finalizzata al professionismo...

Del resto, chi predica bene a volte razzola malissimo, e, ammesso che io sappia predicare, nelle mie composizioni cerco di tenere conto di chi la musica la conosce poco o nulla, nella continua speranza di non scivolare nella banalità gratuita. Forse proprio per non cedere alla tentazione di voler apparire “colto”.

A volte penso che nelle discoteche, da molti considerate “luoghi di perdizione” (credo non completamente a torto), si potrebbe fare assai meglio. Invece il problema sta qui: si ha la netta sensazione che il mondo occidentale sia entrato in una logica del cattivo gusto i cui esiti futuri sono difficili da immaginare (qualcuno parla di “male oscuro”). Oggi si lascia troppo spazio (davvero troppo) a cose futili all'interno delle quali si annidano minacce reali, quali: la droga, l'alcol, il sesso facile (La prego, non faccia dell'ironia sgarbiana sui “tabù sessuali” perché con me, nel caso, sfonderebbe una porta già apertissima), che può sortire effetti disastrosi a livello di gravidanze indesiderate, di futuri disadattati (e da insegnante aggiungo: a livello “borderline”).

Credo che lo spettro spirituale dell'uomo sia molto ampio, e che possa andare dall'animale più becero, in balia degli istinti, fino all'essere vivente più puro ed evoluto. Purtroppo, però, sembra che anche per la natura sia più facile distruggere che costruire, per cui in tanti (troppi) casi la follia rischia di seppellire la saggezza residua. Ahimé, esistono i punti di non ritorno...

In sostanza, credo che Lei stia svolgendo un'opera importantissima, che sa da un lato può garantirle fama e ricchezza, dall'altra La rende “missionario” in virtù dell'acculturamento di un popolo che pare aver dimenticato il proprio passato, acculturamento che può aiutare molti cervelli ad elevarsi quel tanto per non dover sprofondare nella paranoia o in forme più o meno subdole di depressione.

Nel mio piccolo sto cercando di fare la stessa cosa, o almeno ci provo.

Prima di concludere, però, vorrei spendere appena due parole sui miei “disegni”. La sera del 14 Agosto 2005 ero in compagnia di un artista di Desio che mi permetto di citare in questa lettera: Pierantonio Verga. Nato artisticamente nello studio di Lucio Fontana (di cui era amico, oltre che allievo) e grande estimatore di Stefano Crespi (il quale sembra ricambiare appieno la stima), Vega ha inquadrato le mie caratteristiche creative in ambito Moore-Sutherland. Molti disegni li ho realizzati durante lunghe conversazioni telefoniche (per lo più notturne), altri durante le lunghe riunioni scolastiche (ciò che naturalmente non m'impediva di ascoltare e partecipare, mantenendo anzi, grazie a tale pratica, una concentrazione maggiore. Sarà bene precisarlo nel caso che in futuro La facciano Ministro della Pubblica Istruzione!).

No prof. Sgarbi, non mi consideri il classico “mediocre” in cerca di luce riflessa o di chissà cos'altro. La mia unica vera ambizione (se così si può definire) è quella di avere un minimo di possibilità comunicativa, in una logica rigorosamente estranea a qualsiasi interesse egoistico o narcisistico.

 

                                                                              Davide Crociati

 

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