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                                                                                       Bellaria Igea Marina, 30 Agosto 2022

 

l'illusione funzionale dei numeri

 

Partendo dal presupposto che dentro ciascuno di noi ci sia la chiave per comprendere tutte le altre persone, ho maturato la convinzione che l'egocentrismo individuale e la naturale insicurezza che governa la vita di ogni essere umano possano comportare rischi oggettivi, come quello di chiudersi in una gabbia dentro la quale razionalizzare diventi «la normalità quotidiana». Quando parlo di razionalizzazione mi riferisco a un fenomeno psicologico per il quale si è portati a fare quadrato attorno alle proprie false convinzioni, dettate dalla necessità innata di avere riferimenti il più possibile «familiari»: stesse iniziali, stesso numero di lettere, assonanza, tipo e numero di vocali/consonanti, ritmicità ed altro ancora nel caso si cerchino affinità tra il proprio nome e cognome e quello di un altro soggetto, per individuare in esse «segni di ordine superiore», che potrebbero invece appartenere all'area sconfinata della pura casualità - del resto come poter oggettivamente confutare questa ipotesi? - con la possibile conseguenza di ritrovarsi poi in situazioni troppo coinvolgenti perché sia possibile tornare sui propri passi senza doverne riportare ripercussioni in certi casi anche pesanti.

Difatti, a beneficio di quanto detto non si può negare facilmente che nell'immaginario individuale le persone che portano il nostro stesso nome vengano viste/percepite come «più familiari», di conseguenza più tranquillizzanti e più simpatiche di quanto potrebbero risultarci altrimenti. Già questo è indice di come certe affinità non esattamente elettive possano condizionare i rapporti umani, si spera superficialmente ma temo, a volte, anche in maniera significativa! Oltretutto esistono studi universitari che portano nella direzione qui da me indicata, da cui risulterebbe che lavorare con un gruppo di persone che condividono le nostre iniziali aumenterebbe la qualità del gruppo di lavoro. Cosa che di per sé sembrerebbe positiva, se non fosse che l'«effetto lettere del nome», come viene gergalmente definito il fenomeno nell'ambito della citata ricerca, può influenzare la scelta di come chiamare un figlio, una società od altro, con esiti difficilmente intuibili in prospettiva futura (ritrovarsi un nome troppo strano può effettivamente condizionare l'intera esistenza). Come indicherebbe una ricerca del University of New York a Buffalo, usando dati raccolti tra USA e Canada gli autori hanno individuato correlazioni interessanti fra i nomi delle persone e le città in cui vivono, le loro carriere e molti altri aspetti della propria vita.

Credo che anche quella strana cosa che definiamo magia si basi proprio sulla potenza persuasiva di numeri e lettere, e di quant'altro possa offrire appiglio al nostro innato bisogno di dare forma al caos, col rischio concreto che le forme delineate su basi irrazionali, spesso condizionate dalla famiglia di origine, possano fuorviare da un percorso di vero sviluppo e di vera emancipazione. Premesso che a volte i matematici pensano ai numeri come qualcosa di vicino al divino, la «magia» può essere utilizzata per orientare una persona o una moltitudine di individui facendo leva sulle dinamiche inconsce che li accomunano, come appunto l'istinto di associare e di attribuire più o meno importanza a numeri e lettere in rapporto a qualcosa di strettamente personale qual è il proprio nome e cognome. Come si è detto. Quel che è peggio, nell'ambito di cui trattasi ciò che per molti è irrazionale e come tale suscettibile di mille interpretazioni (anche in chiave divinatoria) per altri rappresenta un terreno di controllo e di manipolazione entro il quale la razionalità, possibile grazie a una maggiore consapevolezza rispetto a certi meccanismi che governano la mente umana, domina imperante a dispetto della diffusa creduloneria popolare.

Chi può negare che esistano casi in cui l'unione tra due persone avvenga su base illogica piuttosto che tenendo conto di un'emersa incompatibilità genetica, che potrebbe comportare un rischio maggiore di avere un figlio con una malattia fortemente debilitante e con conseguenze a volte distruttive per la vita coniugale e familiare in senso lato? Navigando sui social si possono individuare molti esempi di «affinità non elettive» tra coniugi o coppie in generale, ma «analogie» simili sono riscontrabili anche in ambito politico e istituzionale (figure di rilievo di area governativa che hanno scelto collaboratori/consulenti che ne rievocassero più o meno sottilmente nome e cognome o altre caratteristiche personali, e così via). Fare esempi espliciti (tanti ce ne sarebbero) potrebbe risultare offensivo per chi si sentisse chiamato direttamente in causa. Ragion per cui, anche per una questione di civiltà, credo convenga non entrare nello specifico di singoli casi. Rinvio pertanto all'acuta osservazione di chi intendesse addentrarsi in questo ambito a metà tra razionale e irrazionale per cogliere tanti particolari interessanti, che, se inanellati, possono rendere l'idea di quanto effettivamente ciò di cui parlo non sia campato in aria, nonostante la gente sia portata a negare l'esistenza di certe dinamiche sotterrane, o a minimizzarle relegandole nell'alveo delle banalità adducendo motivi di ordine pratico, superficialmente pratico, o al contrario di «ordine superiore» (parimenti difficilmente dimostrabili).

D'altro canto, nell'ambito di cui trattasi non è escluso ed è paradossale che i numeri abbiano un'attinenza con le nuvole, che per la loro mutevolezza creano in cielo figure sempre diverse. Questo è un aspetto della questione che in parte può ricondurre in una dimensione più razionale ciò che di primo acchito sembra appartenere a un inafferrabile mondo sotterraneo privo di significato e di logica. Ed è vero nella misura in cui una «realtà interiore», effettiva anche se imperscrutabile, si esplicita nella ricerca di forme esteriori nelle quali trovare conferma e alloggio. Per dirla in altro modo, se la mia natura per qualche insondabile motivo mi protende verso un determinato tipo di persona, sarò portato a cogliere figure, numeri e lettere (od altro) che possano fungere da coordinate al fine di percepire con maggiore chiarezza quella mia realtà recondita per poi meglio inquadrarla all'esterno e poterla afferrare (quanto meno illusoriamente). Secondo antiche credenze legate all'assunzione di sostanze alteranti, proprio attraverso l'uso di droghe era possibile fare emergere «verità nascoste». In pratica, si faceva così parlare l'inconscio inteso come «luogo magico» da cui trarre spunti per leggere il presente e perfino il futuro. Senonché, chi fa uso di allucinogeni può illudersi di saper volare, a tal punto da improvvisarsi Superman con conseguenze ben poco «magiche» e facilmente immaginabili.

Sette era il numero di persone che componevano il mio nucleo familiare ai tempi del boom economico (le tantissime canzoni spiccatamente melodiche, una televisione relativamente invasiva e l'abbondanza di film ben costruiti ma soprattutto ispirati, facevano da corollario alle mie giornate, di studio o di vacanza al mare o in montagna che fossero). Non posso escludere che per questo molte cose associate al numero in oggetto mi sembravano più degne di attenzione in quanto più positive di altre, quasi emanassero un calore familiare o fossero contornate da un alone magico. Se aggiungiamo che la numerologia considera «spirituale» il numero 7, (derivato dall'unione del 3 con il 4, penso anche ai tempi ternario e quaternario della musica), che i giorni della settimana sono 7, come 7 sono le virtù e i vizi capitali, i Sacramenti, le braccia del candelabro ebraico, gli attributi fondamentali di Allah (nell'Islam è il numero della perfezione, così come nel Buddismo è il numero della completezza), nonché le vertebre cervicali e i centri energetici dove scorre l'energia del nostro corpo (i cosiddetti chakra), per non parlare delle 7 trombe e dei 7 angeli guidati da 7 Potenti (Apocalisse di Giovanni), delle 7 note del sistema guidoniano, dei 7 nani e dei magnifici 7 o delle 7 spose per 7 fratelli (si potrebbe continuare a lungo), ecco che tutto assume ancora più «significato» nella mente di un fanciullo ma anche di un adolescente e perfino di un adulto. Quindi, non escludo che anche oggi io sia condizionato da tutto questo, seppur in misura decisamente minore. Resta il fatto che una «predisposizione» di natura nostalgica o basata su insondabili giochi cabalistici può anche indurre a sbagliare più facilmente, poiché ritengo che ci siano componenti ben più importanti da considerare che non siano semplici «elementi d'appoggio», quali, per l'appunto, certi numeri più o meno superficialmente significanti.

Sconfinare nella superstizione è un attimo. Si dice che le star del cinema per combattere la tensione si affidino a superstizioni, manie o credenze più o meno eccentriche. Si pensi che Leonardo DiCaprio in giovanissima età era ossessionato dai marciapiedi e nel percorso da casa a scuola doveva sempre mettere i piedi sugli stessi blocchi e sulle stesse crepe nel cemento. Il «gladiatore» Russel Crowe e Megan Fox hanno «bisogno» di credere negli UFO (quest'ultima pare in ben altro ancora!). Qualcuno potrebbe dire che sono finito fuori tema, tuttavia trovo un'evidente attinenza fra l'aver bisogno di aggrapparsi a numeri e lettere/parole e il sentire la necessità di credere in cose fantasiose (spesso assai bizzarre) o quanto meno improbabili. Individuo «la costante» nel bisogno di dare una forma al caos interiore, come dicevo all'inizio di questa breve riflessione. E qui voglio concludere. Ognuno si crea un proprio «sistema algoritmico» fatto anche di pure illusioni, per mezzo del quale è possibile prendere tempo rispetto al caos finale che ci risucchierà inesorabilmente nell'oscurità di noi stessi, si spera in attesa di una «resurrezione» che avvenga chissà quando e chissà dove. Per il momento siamo costretti a dare i numeri e a barcamenarci tra i meandri di un sistema folle entro cui l'irrazionale spadroneggia. Forse ce ne serviamo come mezzo attraverso il quale concedere respiro al nostro pensare e al nostro agire quotidiano, nella consapevolezza che comunque non ci è dato di conoscere fino in fondo la nostra stessa natura e quella del mondo che ci accoglie, il quale altro non è che un piccolo granello di polvere sperduto nell'universo infinito.

 

                                                                                   Davide Crociati

 

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