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Bellaria I.M., 4 Febbraio 2014

 

Le entità disincarnate

 

Ci sono momenti, un po' misteriosi e malinconici, in cui si avverte il desiderio di raggiungere luoghi isolati e suggestivi per cercare di recuperare, nell’ambito d’una dimensione poetico-terapeutica, parti del proprio mondo interiore da tempo assopite o relegate in qualche universo lontano e buio, indefinito e difficilmente raggiungibile. In realtà ho sempre creduto che il sentiero di vita che ciascuno di noi ha imboccato, per scelta apparente o per insondabili casualità, sia solo uno dei tanti possibili e che altri sentieri paralleli continuino a esistere in potenza, se non altro in una dimensione spirituale, condizionando azioni e pensieri quotidiani: sono come “mondi paralleli”, quindi, che come tali non s’incontrano se non in rarissime occasioni per lo più fortuite, per chissà quale magia misteriosa. Qualsiasi tracciato della nostra esistenza materiale avrebbe potuto subire modifiche anche sensibili e portare a esiti oggi impensabili e non è detto che le proprie “fantasie” non abbiano forti collegamenti con realtà recondite tanto da esserne le riconoscibili proiezioni…

 

…il mare accarezza dolcemente la riva sabbiosa e le orecchie, come antiche conchiglie sensibili, dall’anima evoluta e incontaminata, stordite dal silenzio di quel luogo sospeso, ne sono rispettose testimoni. Mentre il cielo si copre di nuvoloni d’un grigio profondo e il verde di piante e siepi si fa cupo, noto con malinconia che la spiaggia è cosparsa di tracce inanimate d’una estate che non tornerà, inghiottita dal tempo privo di parole consolatrici. Ricordo certi quadri d’un mio amico pittore nei quali oggetti senza vita, come malinconicamente sospesi nell’aria, parlano d’un passato struggente che non c'è più. Mi guardo intorno e noto una barca rovesciata, qualche moscone sparso qua e là, un pezzo di corda sporcata dal mare e altri vecchi oggetti che spezzano l’armonia dell’arenile. Dirigo lo sguardo a est, verso l’orizzonte. Così come l’acqua si sta un po' increspando, il mio pensiero si fa meno statico ed è come un vecchio peschereccio che lentamente prende il largo e inizia a muoversi alla ricerca di antichi ricordi e da cui vengono gettate ampie reti fatte di speranza nel tentativo certo non facile d'imprigionare qualche riflesso d’un universo altro… Se ci sono momenti in cui lo scoraggiamento velato di rassegnazione induce a credere che nulla sia possibile oltre che ammirare passivamente il mondo materiale che ci circonda, a tratti ho la sensazione che il pensiero umano sia costretto da una sorta di paraocchi: colgo l’attimo e provo a gettare l’esca al di sotto della superficie marina. Sento qualcosa che si muove e m'incuriosisco… Vedo un volto riflesso nell’acqua che non è il mio, il grigio del cielo è come un velo denso che impedisce di riconoscerne i lineamenti, ma la speranza d'improvviso si riaccende!... Dopo alcuni attimi lunghi e brevi di attesa estasiata ne riconosco la proprietaria: è il viso di una sirena melodiosa, un po' agitato dall'acqua e che scompare quasi subito lasciandomi però nell'anima inquieta un solco profondo…

D’improvviso capisco che le distanze, spaziali e temporali, sono poca cosa rispetto all’eternità: il mondo è un granello di polvere insignificante, sperduto nell’infinito senza tempo. M'accorgo che il maggiore sconcerto mi è provocato non tanto dal nulla cosmico quanto dal “finito”, da ciò che ha preso corpo e voce assumendo in sé un senso altrimenti evanescente, per noi inesistente…

A volte noi esseri umani ci chiediamo se sia necessario esalare l'ultimo respiro e attendere un'altra vita prima di incontrare ancora “quel volto”, che può appartenere a centomila donne diverse ma che in realtà è la forma antropomorfa che inconsciamente, in modo spontaneo, diamo all'attimo magico, quello in cui  cambiamo pelle come la crisalide diventa farfalla: il centro della croce, il punto d’intersezione tra orizzontale e verticale, tra coscienza e inconscio, tra luce e ombra, il “Sé” di junghiana memoria che può rappresentare anche il punto d'equilibrio tra Medioevo e Rinascimento dell'essere, tra l'infanzia e quell'adolescenza in cui si scopre l’altra parte della natura, femminile per gli uomini e viceversa.

…ricomincio a guardarmi intorno, vedo una vecchia costruzione. Non antica. A volte ciò che è semplicemente vecchio ha un fascino che supera di gran lunga quello delle cose arcaiche che ci parlano di tempi molto lontani e visitabili soltanto con l’immaginazione, un’immaginazione ormai sporcata da troppe “esigenze cinematografiche”. Le cose vecchie  spesso ci parlano invece di noi stessi quando ancora non eravamo ciò che siamo, quando le nostre turbolenze infantili o adolescenziali dominavano un pensiero ancora fragile e condizionabile, ancora tremante come una foglia in balìa del vento…

Potevamo essere qualcosa di diverso? Ciò che avremmo potuto essere esiste effettivamente da qualche parte, come “universo parallelo”? Possono certe follie del presente essere la conseguenza di percezioni inconsce, di qualcosa che altrove, in qualche angolo della natura, esiste effettivamente a dispetto dei nostri pensieri materiali, al di là degli schemi mentali che ci siamo dati per poter vivere nell’illusione di avere intorno solide pareti protettive senza le quali molti di noi si perderebbero?... E’ un quesito che mi pongo spesso e che m’induce a considerare la possibilità che il nostro mondo interiore non sia meno concreto di quello illuminato dalla coscienza. Un mondo di entità disincarnate che da tempo hanno dovuto fare a meno della “protezione materiale”…

 

                                           Davide Crociati                                                                                       

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