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                                                                Bellaria I.M., 11 Settembre 2017

 

Anno Zero 2

 

Questa mattina mi sono svegliato in compagnia di un cielo denso di nuvoloni grigi carichi di pioggia. Che ci fosse qualcosa di insolito l'ho capito anche dall'assenza del columbide dal canto monotono bitonale e in cinque ottavi. In casi come questo il mio pensiero corre veloce a ritroso, istintivamente, e alla velocità della luce raggiunge un momento e un luogo del passato. In pochi attimi i flash di ricordi che appaiono qua e là sullo schermo della mia vita si assemblano come in un puzzle, fino a restituire alcune vivide immagini, che rievocano suoni dapprima deboli ma via via sempre più chiari e distinti. Oggi in questo rito della memoria dovrei trovarci qualcosa di patologico, ma ancora non ci riesco. Cerco di rientrare nei panni acerbi di allora, nella speranza di recuperare anche per un solo istante alcuni tratti di quella sana ingenuità carica di legittime aspettative. Parlo di un'età in cui percepivo il mondo in maniera più vivida, poiché i sensi non erano compromessi dagli anni. Non ne avvertivano minimamente il peso. E chissà perché la riscoperta dell'ombra e di un'aria più frizzante e respirabile richiama alla memoria il ritorno di Ulisse a Itaca nel silenzio surreale rotto soltanto dalle onde del mare, e l'incontro con Eumeo il porcaro, che nel suo intimo torna a percepire una verità smarrita solo in apparenza, allo stesso tempo recuperando antiche energie che sembravano dissipate nel nulla di un passato ormai morto...

Tra tutti i miti quello del "ritorno di Ulisse" è forse il più straordinario, poiché rappresenta la riscoperta del Sé dopo anni di peripezie e di indicibili sofferenze dell'anima, come diceva con ben altre parole il grande Carl Gustav Jung. Ciascuno di noi ha un luogo nascosto in cui tenere custoditi aspetti incontaminati della propria natura, gli unici che possono permettere di rientrare in sintonia con il Tutto. Se in quella breve fase della esistenza percepivo la grandezza del Creato credo che un motivo ci fosse. Oltre tutto, c'è forse qualcosa di poco serio negli occhioni azzurri di un infante che si sgranano alla scoperta del mondo circostante, di quello stesso mondo a cui neppure a un adulto è possibile avere accesso a livello subatonico? Le note magiche e struggenti dell'Offerta Musicale sembrano il leitmotiv ideale in questo viaggio al centro del Sé, alla ricerca dell'Arca perduta, o del Santo Graal. Frequenze musicali che non tradiscono perché si lasciano trascinare senza resistenza dal flusso divino di un sentimento universale, quello più vero e disinteressato che si possa mai immaginare. Se è vero che avrei dato la vita per un suo sorriso, per una sua parola, in quel caso più unico che raro il desiderio sessuale veniva da me percepito come qualcosa di assolutamente marginale, ma che di sicuro non stava al centro di quella vitale, sorprendente, meravigliosa sofferenza. Davvero quella situazione aveva un che di magico, di cui ancora oggi, dopo decenni di vita vissuta, ho immensa nostalgia.

Mentre le primissime note educate e sottili del clavicembalo annuciano il ricercare a sei (dicono che Bach fosse burbero e persino violento, cosa da non credere) rivedo quel viso particolare e perfetto, espressione di un equilibrio assoluto tra cielo e terra. Mi chiedo se ne fosse cosciente, se ogni sua magica movenza fosse espressione di un sentimento in bilico tra luce ed ombra, tra la volontà di rendere partecipe il prossimo di quella sua inesprimibile bellezza e il “crudele” desiderio di mettere in forte agitazione chi la osservasse, così, solo per vedere riflessa la propria magia nell'altrui destabilizzazione. Credo sia qualcosa di tipicamente femminile, che, se nel peggiore dei casi insinua nell'uomo insani pensieri, nei casi più fausti inocula nello spirito maschile un'incredibile energia vitale. Ricordo benissimo che ogni suo movimento era espressione di una grazia assoluta, e che dentro di me chiedevo pietà all'angelo con la spada, perché capivo che ci separava una distanza non solo spaziale e che, passate meno di due settimane, sarebbe poi stato difficile ritrovarlo. Soprattutto in condizioni spirituali e perfino climatiche così favorevoli (l'estate di quell'anno viene forse ricordata come una delle più miti...).

Ancora oggi non so se entrare in contatto visivo con quell'angelo fu un dono divino o una disgrazia senza fine. So soltanto che la mia vita non è più stata la stessa, che un senso di carezzevole ottimismo mi ha accompagnato fino ad oggi, nei momenti belli come in quelli più difficili. Ma so anche quanto sia stato frustrante dover accostare le più aggraziate femminilità a quel nonsoché di superiore, che i miei occhi dovettero mettere a fuoco con cautela per non rimanere per sempre al buio! Una storia di “congiunture favorevoli”, come un raro allineamento planetario, una combinazione fortunata di circostanze, che dopo un breve istante di vita fu già soltanto un ricordo.

...fino a qualche anno fa ho temuto l'“effetto caprone” di pirandelliana memoria. Ricordate? La ricerca della dolce capretta compagna d'infanzia portò in ultimo alla peggiore delle scoperte: l'animale non era più come per anni era stato immaginato... E invece, grazie al Sig. Zuckerberg che mi ha permesso di ritrovare quella “magnifica presenza”, seppure a distanza e soltanto in foto, posso dire con certezza che la mia follia pluridecennale ha avuto un senso... Di sicuro non ne farei il nome neppure sotto tortura, e neppure sotto minaccia di morte, innanzitutto per la privacy (con la quale non si scherza, oggi meno che mai) ma soprattutto per il grande rispetto che ho non solo e non tanto per me stesso e per i miei ricordi più vividi e preziosi quanto per lei, l'intramontabile...

 

                                                     Davide Crociati

 

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