Bellaria I.M., 14 Giugno 2017
TEMPO DI CRISI !
La tristezza, questa antica e nuova fedele compagna di viaggio che non ci vuole lasciare soli neppure per un istante, pare assumere i
contorni antropomorfi di una donna pallida e dall'espressione sgomenta, troppo attempata per sperare di rivivere antiche emozioni ma troppo giovane per cedere il passo alla cupa
rassegnazione...
Presumo che una società felice, o semplicemente serena, sia quella in cui ciascuno abbia davanti a sé margini di crescita, potendosi permettere di godere della musica e più in generale dell'arte
senza per questo sentirsi sminuito nella propria autostima.
Si racconta che “quando un allievo (di Euclide) chiese al Maestro a cosa servisse studiare la geometria, quale fosse l’utilità pratica di tutti quei teoremi, il grande matematico gli fece
dapprima dare una moneta, visto che quel ragazzo aveva bisogno di trarre guadagno da ciò che imparava, e quindi lo fece cacciare via, dal momento che, con quella domanda, il giovane si era dimostrato
incapace di comprendere il significato e il valore senza prezzo del sapere”.
Già, il valore senza prezzo del sapere! Oggi si tende a monetizzare tutto e sembra che la sola cosa che conti veramente sia l'audience. I nostri sistemi sociali sono ridotti a
democrazie del consenso, ottenuto per via mediatica quindi sulla base di giudizi superficiali e per lo più manipolati (è arcinoto che le peggiori dittature di cui abbiamo chiara memoria hanno
utilizzato cinema e radio, giornali, libri e persino musica per fini propagandistici). Assomigliano, i nostri sistemi sociali, a costruzioni artificiose, basate sulla quantità invece che sulla
qualità, quando è noto a tutti che spesso il potere derivato dall'aggregazione non è traducibile in forza positiva, vedi certe cronache che giungono regolarmente dagli stadi.
In effetti, non sempre le nuove democrazie fondate sulla statistica tengono conto delle infinite variabili in forza delle quali i procedimenti algoritmici possono sortire risultati davvero inadeguati
alle reali esigenze umane.
Ai tempi del nazionalsocialismo, nell'anno 1933, i numeri furono favorevoli a Hitler il quale fece il suo ingresso nel Reichstag. Tutti sappiamo come andò a finire. Ancora una volta la “quantità” (in
quel caso di voti) sortì effetti deleteri sul mondo intero. Innegabile! Come Hitler ottenne la fiducia, non solo delle classi meno abbienti, è altresì cosa nota: un mix di propaganda, di terrore, di
fortissimo malessere sociale dovuto alla crisi economica, di esaltazione collettiva che andò nella direzione del riscatto, quello di un popolo che proveniva da una bruciante sconfitta non solo
militare.
Retorica? Sappiamo tutti che gli esempi a sostegno della maggiore importanza della “qualità” rispetto alla “quantità” si sprecano! Tutti preferiamo il buon cibo a robaccia seriale, troppo spesso
commestibile più a parole che nei fatti! In senso lato, la “società del dozzinale” porta a un livellamento verso il basso, con risultati evidenti. Se persino i premi Nobel sono in disaccordo
nell'individuare soluzioni concreti, chi scrive non può certo avere la pretesa di indicare la via maestra del risanamento! Tuttavia, sono convinto che dovremmo cominciare ad essere intellettualmente
più onesti, cominciando a rinnegare con la necessaria ironia determinati valori (veri o presunti) che per un tratto della storia occidentale, seguita al “crepuscolo degli idoli”, per rievocare un
grande e triste filosofo, hanno fornito un supporto più o meno adeguato alle nostre esigenze spirituali (o forse sarebbe meglio dire che hanno fornito un rifugio illusorio alle nostre paure e
inquietudini, considerando il fatto che una famiglia scadente a volte è preferibile all'assenza totale di riferimenti... fino a prova contraria).
Quando in tv vedo spacciare per arte ciò che è solo e soltanto il risultato di un ottundimento progressivo di menti assuefatte, la tristezza, a maggior ragione, mi assale. Del resto il mito Monroe
parla chiaro: la poverina ci ha permesso di trascinare fino ad oggi il mito della bionda svampita e un po' sgualdrina (mentre in realtà, disgraziata ragazza, non era né bionda né così superficiale,
secondo l'opinione di chi l'ha conosciuta). Mente malata dell'uomo occidentale! Ma torniamo a noi. Il mercato che fa perno sulla “quantità” sprigiona tutt'intorno un “gas tossico”, ovvero una
sottocultura che in breve tempo diventa invasiva in forza di un effetto domino difficilmente arrestabile. Forse oggi dovremmo imparare (o tornare) a fare distinzione tra fenomeno di costume e
fenomeno artistico, recuperando quest'ultimo alla sua dimensione verticale, se è vero che il mitico “Elvis the pelvis” dichiarò quanto segue: “per quello che faccio non è necessario conoscere la
musica...” E in effetti egli la musica la conosceva molto poco. Eppure, in questo tempo malato, agli occhi di molti “Elvis the pelvis” rimane un grande musicista (evviva la qualità!). Se per
metà verrebbe da piangere, di sicuro la cosa fa anche sorridere. Ciò non desta scalpore più di tanto in una società schizofrenica al massimo grado (vedi questa politica da “crisi totale”).
Calciatori che si improvvisano scrittori da bestseller, giornaliste che diventano soubrette, comici che si inventano politici e politici che si rivelano autentici comici mancati, attori che fanno
anche gli opinionisti e opinionisiti che nella vita altro non fanno, in aggiunta a coloro (e sono tanti) che sanno quasi tutto di criminologia, esprimono una confusione di ruoli facilmente
traducibile nell'insoddisfazione per ciò essi fanno (chissà perché?). In alternativa, esprimono la smania narcisistica di apparire sempre, ovunque e comunque. Mentre le soubrette parlano di politica
con disarmante spigliatezza, rivolgendosi ad un'mpia platea televisiva, pochi conoscono il prof. Zagrebelsky...
Se è vero che anche lo “stallo” nel panorama artistico contemporaneo esprime l'incapacità di uscire da una impasse storica, nelle scuole si continua a guardare in cagnesco coloro che, sventurati,
osano parlare di musica politonale o atonale, di dodecafonia o di fasce sonore alla Ligeti, di microtonalità piuttosto che di “pianoforte preparato” o di musica elettronica (quella vera) tanto è
scarsa, negli utenti, la conoscenza del sistema tradizionale, ossia quello tonale.
Tornando ad argomenti più seri, la cattiva novella è che forse stiamo riuscendo a distruggere il mondo (lo stallo di cui dicevo potrebbe esserne una inquietante spia rossa!), perché le ricchezze del
pianeta si assottigliano in maniera direttamente proporzionale alla lentezza con cui dimostriamo di saper individuare alternative autentiche, per esempio alle tradizionali fonti energetiche (la butto
lì un po' velocemente), e soprattutto alla capacità di porre in essere eventuali strategie. E risulta che lo sviluppo tecnologico esponenziale non sia qualcosa di positivo a prescindere, poiché ciò
che forse manca all'animale uomo è il buon senso, la capacità di usare il freno quando si arriva ad una curva, o comunque quando ciò può rivelarsi utile o necessario (Mercadini docet)! Per dirne una
soltanto, lo sviluppo tecnologico sta producendo disoccupazione, quindi miseria. La povertà è un fenomeno che non riguarda solo le tasche delle persone ma anche e direi soprattutto il loro spirito, a
parte le eccezioni che come sempre confermano la regola.
E' quindi indubitabile che in un panorama tanto complesso molti perdano l'orientamento, o che non facciano più nulla per mantenerlo, vuoi per svuotamento di energie dovuto a stress eccessivo, vuoi
per effettiva impossibilità di mantenere la rotta in condizioni pressoché proibitive. In un contesto così aggrovigliato la percezione della profondità artistica sbiadisce, in ultimo al punto da
risultare evanescente, ed ecco il proliferare di piccoli personaggi ricchi solo di vanità e spesso di autoillusioni. Ed ecco i profeti del nulla la cui unica preoccupazione è quella di riempirsi le
tasche, spesso vendendo fumo tossico (a questo punto so che qualcuno sarebbe già pronto a dire: “chiamali stupidi!”... ).
Davide Crociati