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                                                             Bellaria Igea Marina, 22 Marzo 2023

 

Le finestre del male

 

Il 30 giugno 2003 l'ingegnere e avvocato Joseph P. Overton morì nel Michigan (USA) a seguito di un incidente aereo occorso durante il suo primo volo con un mono-posto ultraleggero. Un incidente dalla dinamica poco chiara.

Overton sviluppò una ben nota teoria (da cui prende il nome) con la quale sosteneva che un'idea inizialmente ritenuta «impensabile» può, infine, essere accettata legalmente dopo un percorso in varie fasi.

Ai giorni nostri, quando a margine della comune informazione si comincia a parlare di possibili sviluppi etici in un'ottica evoluzionistica, forse ci troviamo alla seconda finestra di Overton (qualcosa che dapprima sembrava improponibile ora diventa oggetto di attenzione, ma senza troppa enfasi). Di recente ho letto di «filosofi» che mettono in discussione il valore della vita umana all'interno di una visione più ampia, che comprende tutte le specie viventi a cominciare da quelle messe a rischio dall'operato dell'uomo. Ebbene, col candore di una razionalità cristallina e neutra che definirei «senz'anima» alcuni di questi pensatori si chiedono se i migliori sentimenti umani possano giustificare le sofferenze che spesso ne conseguono (per esempio a causa delle immancabili delusioni, ecc.). In pratica, si chiedono se valga la pena vivere per poi dover sopportare il peso dell'esistenza, a volte talmente opprimente da sconfinare in qualche forma di patologia anche grave. In una declinazione pratica, inducono i profani a chiedersi se per caso l'intervento chirurgico non sia da considerarsi riuscito solo a paziente deceduto (il pensiero non può che andare all'anestesista e all'infermiera sua amante che in un ospedale del Nord Italia condannavano a morte pazienti per alleviare loro ulteriori sofferenze. Veri «angeli della morte» 4.0. In quanto detto è difficile non percepire un fetore insopportabile, una puzza di criminalità propriamente detta in procinto di cristallizzarsi all'interno delle Istituzioni a cominciare da quelle sovranazionali, e in questo siamo a buon punto!). Del resto sappiamo bene che la storia non insegna se non a grandi linee, e forse chi la scrive sa di rivolgersi a un gregge che non sa immaginarsi in situazioni molto diverse da quelle a cui è abituato (o è stato abituato).

È pur vero che siamo assuefatti ai triller e ai film horror di cui succhiamo il nettare annidato dentro comodi schemi di fantasia, a volte esteticamente pregevoli (il che può essere un'aggravante), restando tranquillamente seduti sul divano di casa o appollaiati in una comoda poltrona di una sala cinematografica: «godendo» di quegli orrori ci sentiamo fisicamente al sicuro, tanto da credere che sarà sempre così. Ma quando dalla finzione si passa al suo contrario, fino a scivolare in una nuova condizione esistenziale, «banalità» e «male» rivelano fin da subito un'insospettabile parentela e tutto rischia di cambiare drasticamente in modo irreparabile. Per molti il fascino della quiete che precede una tempesta è pressoché irresistibile, un po' come quando, dopo un lungo periodo di giornate belle e annoiate, il cielo si incupisce e l'aria si fa più fresca e stimolante. In seguito, come sappiamo, c'è chi di maltempo muore (lo dice uno che ama le nuvole come pochi, soprattutto guardando le lunghe scie lasciate dagli aerei). Prima che in Ucraina avesse inizio l'inferno, i video dei supermercati e degli aeroporti quasi deserti sembravano mostrare scene di un film catastrofico, come quelli a cui siamo da tempo abituati. Poi, invece della pioggia e della grandine sono caduti missili e quant'altro di peggio si possa immaginare. Oggi sui quotidiani e sui Tg nazionali le notizie che provengono da quella terra martoriata quasi non fanno più clamore e rimane l'amaro in bocca, rimane quel senso d'impotenza (o di passiva accettazione) che aggredisce silenziosamente alla gola chi non sa capacitarsi di quanto accaduto, in ragione del fatto che le precedenti esperienze dolorose tanto avrebbero dovuto insegnare all'umanità. Ufficialmente il conflitto in Ucraina è iniziato il 24 febbraio 2022 (in realtà nel 2014), ma l'azione denigratoria nei confronti di Putin era incominciata da un pezzo: come da manuale, attraverso fasi progressive si stava costruendo «il nemico» utilizzando le Finestre di Overton.

Spesso le manipolazioni di massa richiedono gradualità. Da teleutente non incallito ho la sensazione che neppure trasmissioni come «Quarto grado» e «Amore criminale» si sottraggano al gioco manipolatorio che induce a considerare «normali» persino le violenze più efferate, non fosse che per meccanica abitudine, col risultato che i nostri pensieri ingialliscono come sotto l'effetto della nicotina e molti sanno quanto sia difficile sottrarsi al vizio del fumo. Di più. La spettacolarizzazione di fatti tragici rischia di favorire il fenomeno per cui certi criminali finiscono col destare simpatia in un certo numero di disadattati, così come, in epoche addietro, come ad esempio negli anni 70, alcuni intellettuali e attivisti dei diritti umani (figuriamoci!) mostravano fin troppa comprensione verso assassini che evidentemente venivano ritenuti più vittime che carnefici. Non dimentichiamo per un solo istante che Freud era un «illuminato» e come ben sappiamo tra massoneria e chiesa (cristiana nella fattispecie) non è mai corso buon sangue. A volte dovremmo veramente chiederci a chi stiamo affidando ciecamente la nostra fiducia...

I «filosofi» cui accennavo si esprimono al di fuori dell'etica cristiana, poiché la ritengono troppo rigida nella distinzione tra bene e male. Ogni luce ha la sua ombra, ogni buon sentimento ha il suo contraltare in qualcuno/qualcosa che ne soffre: se la luce rappresenta il bene, ogni ombra esprime una dolorosa negatività spesso causata dal bene altrui, non fosse che per contrasto. In questa equazione, luce e ombra sono in antitesi ma complementari. Rimane il fatto che neppure l'interpretazione gnostico-massonica di bene e male è libera da sillogismi, per cui ogni ragionamento o pensiero razionale è e resta umano e quindi mantiene una sua rigidità, che sia o meno prodotto nell'ambito in una realtà rituale che preveda l'uso di una «maschera», la cui funzione sia quella di creare un luogo d'incontro tra chi svolge materialmente il rito/sacrificio e presunte realtà trascendentali da cui perverrebbero motivi di ordine superiore (per fare un esempio da non prendere alla lettera, si pensi a certi delitti istituzionali perpetrati in nome di una giustizia al di là del bene e del male, furbescamente definita «di ordine superiore»).

Già da decenni il cinema e la televisione danno ampio spazio a psicopatici e assassini come i serial killer rendendo l'immagine di un mondo pieno di pazzi criminali pronti a farci fuori appena usciamo di casa o magari nel cuore della notte, mentre dormiamo nel nostro comodo letto. C'è da chiedersi se ciò non sia servito a creare un maggiore controllo sulla popolazione mediante tecnologie di identificazione e tracciamento. Tecniche di manipolazione?

Insomma, sono molti gli indizi che inducono a credere all'esistenza di «movimenti sotterranei» (si fa per dire) nei cui piani rientri la volontà di influire direttamente sui cambiamenti antropologici, attraverso nuove forme alchemiche e bypassando le religioni e i valori etici che ne derivano o che le religioni stesse selezionano e proteggono in nome di un'entità superiore. Per esempio, quando si vuole cambiare le carte in tavola si cerca di influire sulla cultura. Quindi, attraverso essa, sulla percezione della realtà. Lo si fa attraverso la «magia» delle parole, delle immagini e dei suoni organizzati (ma in certi casi volutamente disorganizzati). Nulla sembri casuale nel processo di cambiamento cui stiamo assistendo perlopiù inermi a livello di gregge. Ciò è tanto più vero quanto maggiore è la potenza di fuoco dell'informazione a senso unico divenuta possibile per via di un'organizzazione internazionale che nel tempo ha saputo legare i fili (non solo a livello bancario ad opera dei Rothchild) al di fuori delle regole socialmente condivise e soprattutto al di fuori di ogni principio etico, perché nelle mie modeste riflessioni su un punto vorrei insistere a oltranza: ciò che inganna sistematicamente le masse è la loro incapacità di concepire il «nulla valoriale», ossia l'incapacità di ammettere l'insignificanza in ogni cosa del mondo e dell'universo (cosa che riesce benissimo agli «Illuminati» attraverso riti forse anche cruenti), se non all'interno di una visione scolasticamente meccanicistica. Dico ciò, premettendo che (a mio avviso) la concezione meccanicistica della vita sarebbe da inquadrare fra le conseguenze di una patologia molto ben strutturata a livello inconscio e mascherata all'interno di una dimensione razionalistica che si alimenta di se stessa facendo leva sulla presunta oggettività di fenomeni dalle radici assai profonde e come tali al di fuori della normale comprensione umana. Sennonché, gli «alchimisti» dei giorni nostri fanno leva sull'ignoranza collettiva per ostentare la loro presunta «verità».

Il laboratorio alchemico-antropologico degli anni 60 portò una moltitudine di giovani a fare uso di sostanze alteranti e non mi riferisco unicamente a quelle psicotrope come la cannabis o i derivati dell'oppio (metadone, eroina, ecc.) o come gli allucinogeni (per esempio mescalina ed LSD), ma anche a sostanze forse troppo frettolosamente definite «farmaci» (senza voler generalizzare per rispetto di chi in nome del «meno peggio» le assume quanto meno per la necessità di prendere tempo, nella speranza di una guarigione o di un miglioramento) e che sembra assomiglino a droghe la cui funzione sarebbe quella di trattare disturbi psichici e neurologici. Tra chi ne fa uso c'è chi afferma che gli psicofarmaci siano stupefacenti a ciclo lungo (poiché richiedono molti giorni per dispiegare i loro effetti), e che, in realtà, mitigando gli sbalzi di umore impediscano di attivare quei processi che pur comportando fatica e dolore possono aiutare il malato a rafforzarsi e in certi casi a guarire. Come in una sorta di palestra. Come le droghe «ricreative» (orribile definizione!) gli psicofarmaci possono lenire un problema emotivo, ma lo fanno in maniera poco efficiente e viene il sospetto che tanti medici non conoscano a fondo gli effetti delle sostanze chimiche che prescrivono ai loro assistiti, col risultato che i vantaggi per il paziente possono essere molto meno importanti degli svantaggi.

Si parlava di finestre di Overton e degli anni 60. Se in «Rivoluzione psichedelica» il pregevole Iannaccone annota che il 1966 rappresenta l'anno di svolta della rivoluzione culturale, durante il quale «la diffusione della droga e la cosiddetta controcultura produssero un improvviso slittamento di paradigma che sfociò in una violenza diffusa: guerriglia urbana, scontri a sfondo razziale e attentati dinamitardi»), in un articolo de «Il Tempo» del 19-08-1967 (praticamente un anno dopo, ma il periodo era più o meno quello) si diceva di non proibire ai bambini di giocare a «Frankestein», poiché «un oggetto che agli adulti sembra orribile spesso piace ai ragazzi e può anche aiutarli a liberarsi da pericolose immagini interne». Nell'articolo si aggiungeva che «(sono) ingiustificate le diffidenze di molti educatori nei confronti dei balocchi “aggressivi”». Inoltre vi si metteva in evidenza che, se all'uso delle armi giocattolo si opponevano molti educatori e psicologi, poiché secondo loro non era il caso che i bambini familiarizzassero con «strumenti di morte» legittimandone l'uso anche in prospettiva futura, altri studiosi della mente sostenevano il principio contrario, basato sul fatto che il bambino nasce con una dotazione di impulsi aggressivi che lo portano ad attaccare cose e persone, ragion per cui «incanalare» tali impulsi può essere addirittura opportuno. Se oggi l'ipotesi pro vendita giochi aggressivi e mostri d'ogni sorta sembrerebbe legittimata da un pensiero razionale basato sullo studio e sull'osservazione dei comportamenti infantili, tuttavia bisognerebbe tenere conto di altre componenti di non minore importanza, come la capacità da parte della «scienza manipolatoria» di utilizzare alcune verità per costruire autentiche menzogne, nella consapevolezza che per poter esprimere un male funzionale a un determinato scopo, a volte (o spesso) occorre partire dall'ostentazione di buoni principi (di natura pedagogica nella fattispecie). «Negare i giocattoli aggressivi ai fanciulli, facendo finta che le armi – quelle vere – non esistano, significa in ultima analisi assumere un atteggiamento falsamente idealistico ed ipocrita nei confronti del bambino» (Il Tempo): un argomento che sembra razionalmente inattaccabile ma che vanifica a priori le parole di un qualsivoglia pontefice (che si chiami Roncalli, Ratzinger o Bergoglio in fondo poco importa), secondo cui la frase «mai più guerre» non può rappresentare semplicemente il «bianco» della scacchiera costretto a dividere equamente lo spazio col «nero», se non in una situazione in divenire che comunque dovrà prima o poi trovare sbocco in una rinnovata condizione umana in cui non vi sia spazio per egoismi non fisiologici, e risolvibili senza dover scivolare in eccessi pericolosi per la comunità e per i singoli individui.

Appare evidente che gli assiomi religiosi rappresentano autentici ostacoli al raggiungimento degli obiettivi che ispirano le massonerie internazionali dalla comune radice antireligiosa. Dunque, la forte presenza del «Sacro» nella popolazione induce gli «ingegneri sociali» a procedere con gradualità. Chi lavora nell'ombra perché ha necessità di nascondere il proprio operato allo scopo di raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati, fa uso di tecniche manipolatorie e sa bene di dover procedere gradualmente (finestre di Overton) onde evitare che la gente comune si svegli dal torpore della propria condizione cristallizzata nelle abitudini quotidiane indotte, una normalità i cui confini spesso vengono tracciati da un potere apolide, apartitico e sostanzialmente amorale. Il una parola «luciferino». Spesso in questa «normalità» le regole del gioco vengono definite perché chi si trova nelle condizioni di trasgredirle impunemente venga percepito come potente, al di sopra delle parti e in quanto tale da assumere come «riferimento», in sostituzione di un dio sempre più debole perfino tra le mura dei templi a lui dedicati. Personalmente ritengo legittimo il sospetto che nell'era dei «clic uniformanti» il «Santo Padre 4.0» sia una costruzione dell'élite dominante a livello planetario.

Ed ecco che spuntano articoli in cui si parla di filosofi evoluzionisti di stampo darwiniano. «Un senso non ce l'ha» è il loro motto, oggi diffuso attraverso mille canali. Così, vediamo il divo del rock farsi portavoce delle sofferenze popolari e subito dopo mostrarsi sul ponte di uno yacht battente bandiera panamense, naturalmente in compagnia di donne di facile compagnia, sotto gli occhi distratti di arcobaleniche femministe. In barba a chi paga sempre più tasse per «godere» di servizi sempre meno efficienti o addirittura inesistenti.

Quando il male predomina finisce per legittimare se stesso, alimentandosi delle proprie falsità, in un gioco perverso in cui al centro viene posto «lui», l'ex Serafino, l'angelo nero maestro di sottili strategie ingannatrici (le finestre di Overton ne sono un chiarissimo esempio), una cui inquietante rappresentazione scultorea domina Piazza Statuto, nella Torino «magica» degli Agnelli. Con questa scultura imponente si apriva un video di Rai1 intitolato «Torino: satanismo e orge» (per chi volesse rivederlo si tratta di un servizio di «Porta a Porta» del 15 marzo 2017).

A proposito di satanismo, è cosa nota che il capoluogo piemontese sia una città legata a culti esoterici e magici, a leggende occulte e a misteriose energie. Chiedere a Dario Argento, che proprio a Torino ha ripreso molte scene dei suoi film truculenti. Forse non è un caso se Palazzo Trucchi, sede BNL, mostra con orgoglio il suo «Portone del Diavolo». A Torino e dintorni esiste un vero «itinerario magico» ed è possibile percorrere un tour tra alcuni «punti energetici» della città, che con Lione e Praga viene considerata un punto nevralgico della magia bianca, ma, assieme a Londra e San Francisco, anche della «magia nera». Pare che oggi in Italia esistano a grosso modo 500 sette sataniche con varie migliaia di adepti (tra questi anche l'insospettabile inquilino della porta accanto?) e si dice che il fenomeno del satanismo abbia avuto un considerevole incremento nel periodo della pandemia. Sul finire del secolo scorso perfino nella tranquilla cittadina in cui vivo si scoprì che tra le mura della «Casa Rossa», oggi riferimento turistico ma un tempo residenza del letterato Alfredo Panzini amico di mio nonno Alessandro, normali cittadini davano luogo a pratiche sataniche. La cosa finì su «il Resto del Carlino» (articolo di una mia vecchia conoscenza) per la sorpresa di molti bravi cittadini. Ne so qualcosa, era l'anno in cui trattare pubblicamente certi argomenti a Bellaria Igea Marina («bella aria» per modo di dire) era tabù e poteva portare sgradevoli conseguenze. Perché tutto ciò? Un mega-gioco in cui normali cittadini rimasti bambini provano a liberarsi da pericolose immagini interne? Così come «sono ingiustificate le diffidenze di molti educatori nei confronti dei balocchi “aggressivi”» anche per alcuni adulti vale il concetto di «valvola di sfogo»? Oppure si tratta di un fenomeno ben più serio, soprattutto quando persone fragili vengono attirate in una rete malefica e costrette ad assumere il ruolo di vittime sacrificali, il tutto in un contesto ben più ampio, complesso e articolato ai cui vertici troviamo chi oggi aspira a detenere il monopolio in ogni ambito facendo leva sui cambiamenti climatici, sull'eccesso demografico e su un insano concetto di libertà? Credo di non fare troppa confusione mettendo insieme cose apparentemente inconciliabili o tra loro slegate, poiché il male si annida nell'animo umano, si annida nella normalità del quotidiano e perfino nei luoghi comunemente ritenuti/definiti sacri. Si annida dove non te l'aspetti, ai più bassi livelli sociali come ai vertici della comunità internazionale. E spesso usa la tattica fabiana della «paziente attesa» (ebbene sì, anche il maligno sa essere paziente e graduale nel suo modus operandi!).

Laddove c'è inganno ci troviamo su una casella nera della scacchiera. Chiedere al musicista Schönberg e ai suoi beneamati allievi, Berg e (Anton) Webern in primis per ovvi motivi super citati nelle mie riflessioni, i quali, come fossero alfieri sulle caselle scure vietavano quasi tassativamente di «non scantonare» facendo metaforicamente convergere il «destino» umano verso il male (il nero, per l'appunto), quando invece nel gioco degli scacchi bianco e nero si intersecano raffigurando plasticamente il succedersi dei destini cui è sottomessa la vita dell'uomo (vedi anche «Scacco a Mozart», una mia riflessione del 21-02-2021).

Anche una parte significativa dell'arte contemporanea è servita al nichilista «lucifero» per accompagnare una moltitudine di ignari cittadini verso il degrado morale. Non è un caso che all'Aeolian Hall di New York il 12 febbraio 1924 (giorno del compleanno di Lincoln e quello in cui in tempi relativamente recenti le Brigate Rosse hanno assassinato il vicepresidente del CSM Vittorio Bachelet, appena uscito dall'aula 11 della «Sapienza» dedicata allo statista Aldo Moro con cui Bachelet condivideva la formazione giuridica e cristiana, nonché l'ampiezza e complessità di vedute, entrambi strenui difensori della Costituzione) il «superprotetto» George Gershwin fece il suo trionfale debutto col sostegno massiccio di stampa e critica, in un contesto creato ad hoc in cui jazz e «musica seria» dovevano incontrarsi, o meglio interfacciarsi, allo scopo di creare un «organismo ibrido» in grado di spezzare un confine culturale fino a quel momento piuttosto definito e difficilmente valicabile: quello tra apollineo e dionisiaco. In fondo è sempre una storia di «limiti» da «qualcuno» ritenuti troppo stretti. Resta da vedere se questo «qualcuno» sia animato o meno da uno spirito autenticamente innovativo o se, piuttosto, miri segretamente a un ritorno all'oscurantismo più becero utilizzando come ariete tanti buoni principi che secondo lui «meriterebbero un'espansione», sennonché sostengo il detto: «c'è un limite a tutto» (qui rimando alla mia «Seconda riflessione sui Muri» del 26 aprile 2019, e alla «Breve riflessione sui Muri (Bacchette Magiche IV)» del 01 aprile 2017). Credo che nei miei «Schi...zzi musicali» (wwws.davidecrociati.it), che altro non sono che studietti attraverso i quali ho fatto un po' la conoscenza del primo Logic Pro, emerga una chimerica incongruenza tra generi diversi...

Secondo il mio pensiero tutto è collegabile con tutto. Lo dico perché non sorprenda che in questo scritto io sia partito parlando di certi filosofi evoluzionisti di stampo darwiniano (in fondo i concetti da loro espressi sono terribilmente semplici) per poi arrivare a ragionare sulla «musica destabilizzante» di Gershwin, ma anche su quella dei dodecafonisti di primo Novecento. Si è trattato di passaggi storici tutt'altro che irrilevanti per la cultura mondiale del secolo scorso, né sono di poco rilievo i «passaggi» cui stiamo assistendo, inermi, in un'epoca in cui le finestre di Overton si sono sfacciatamente aperte alla consapevolezza di molti. Sennonché, da tempo, la passività si è impadronita silenziosamente dei cuori e delle menti anche di coloro che un tempo sarebbero scesi in piazza massicciamente e in modo continuativo, non certo coi fiori in mano. In effetti ci troviamo in un grande teatro all'aperto, nel quale schiere di illusionisti dal selfie facile e contornati da femministe in minigonna arlecchino si susseguono sul palco, sostenuti da musiche demenziali eseguite da tatuati senz'anima (o forse opacamente vitalizzati da un'animella «arcobaleno», loro inoculata da chi promette grande visibilità e troppo facili guadagni, in spregio a chi lavora dall'alba al tramonto ormai solo per poter pagare le tasse).

Se passerà definitivamente la linea dei «filosofi nichilisti» (ma siamo sulla buona strada, si fa per dire) non ci sarà più spazio per ragionare sulle ingiustizie e sugli orrori di un «mondo-giungla». Non mi riferisco necessariamente a certi giochi per bambini così definiti, a proposito di. Si tratta di scivoli con percorsi di arrampicata (sociale?), forse in linea con il detto: «Questa è la legge della giungla, vecchia e vera come il cielo» (che il cielo ci aiuti). Da che mondo è mondo, in barba alla teoria del «buon selvaggio» c'è anche chi afferma che «in assenza di pianificazione la legge della giungla prevarrebbe». Resta il problema di chi e perché «pianifica»: come ho detto più volte e vale ripeterlo, anche lo step NWO anni 60-70 è stato ben organizzato col gentile aiuto dei media, della pubblicità, delle riviste specializzate e via dicendo. Ma allora non bastava un clic per uniformare buona parte del pubblico, mentre gli influencer (i divi del rock, ecc.) erano circondati da un alone mistico che derivava loro da un insieme di caratteristiche, tra cui (a volte) una certa preparazione musicale e una tecnologia ben distante da quella algoritmica dei giorni nostri (che fa erroneamente pensare a Bach e a Mozart come a personaggi del tutto inutili, poiché una comoda macchina creerebbe per loro e forse meglio di loro. Non a caso molta «grandezza» di oggi è fallace, perfettamente in linea con una società delle apparenze). Il tutto sostenuto da una psicologia che fa orrore nel momento in cui giustifica l'abuso di PC e cellulari da parte dei preadolescenti adducendo motivi di ordine «pratico» (all'insegna di un «meno peggio» che vuol chiudere definitivamente gli occhi sulla possibilità di un ritorno a una normalità più consona alla natura umana).

Sì, ci stiamo disumanizzando. O meglio, ci stiamo vistosamente sbilanciando verso il «nero», verso il peggio che si annida in ciascuno di noi, cercando di dimenticare che per far crescere una pianta (la nostra parte migliore) occorre annaffiarla, curarla, seguirla. Scusiamo la nostra «pigrizia» con argomenti artificiosi, non facciamo che ripeterci che l'erbaccia è cresciuta copiosa ovunque e nessuno può farci nulla, mentre nascondiamo a noi stessi la sacrosanta verità per cui è meglio vivere lottando tra mille ostacoli per inseguire una giusta causa piuttosto che abbandonarsi passivamente a un destino segnato (quanto inglorioso). Ma questi «filosofi» si prodigano per mettere in discussione ogni proposito di ricostruire qualcosa di utile, che abbia nella «coerenza» un collante efficace, così come un veliero non è «la casa» ma può servire (efficacemente) a raggiungerne una, fosse nel luogo più sperduto.

Dunque (anche) gli uomini del terzo millennio vivono con l'illusione della libertà. Infatti, s'illudono di scegliere liberamente anche se alla base del loro pensiero (che purtroppo a volte sconfina nel «sentire», qual piuma al vento questi esseri umani) c'è una violenza psichica perpetuata a danno dei popoli (non solo a danno dei più deboli, se perfino i laureati che esercitano una professione «nobile» cadono facilmente nei tranelli tesi dagli oligarchi criminali che oggi imperversano in ogni ambito). Credo che in questo processo di «rimbambimento» collettivo la televisione abbia avuto un ruolo centrale, a cominciare dalla falsificazione dei numeri quando si tratta (per esempio) delle vittime dei «serial killer»: Mario Arturo Iannaccone nel suo «Meglio regnare all'inferno» presenta una stima ufficiale del 1983-84, fornita dal Dipartimento di Giustizia, in cui il numero delle vittime di assassini seriali era decisamente più basso rispetto ai dati forniti dall'Unità di Scienze Comportamentali dell' FBI (BSU), che evidentemente voleva farsi pubblicità pur riscuotendo numerosi insuccessi (quindi per godere di maggiori sovvenzioni pubbliche?). Qualcuno del mestiere definì il «serial murder» «un fenomeno raro ma pubblicizzato al punto da falsarne la percezione». Potenza dei mass media, eccone un chiaro esempio... Utilizzando i grandi mezzi di comunicazione «a reti unificate» è possibile affogare i giudizi critici dei normali cittadini, i quali, fortemente stressati dal lavoro quotidiano e da mille frustrazioni sono spesso preda di percezioni indotte. E allora sempre più di frequente sentiamo frasette tipo «lo ha detto la tv», oppure «lo ha detto il medico pinco pallino», che poi magari scende in politica forse come compenso per qualche servizio prestato alla comunità arcobaleno, piuttosto che al servizio di altri movimenti (multi)colore. Oppure, più genericamente, «lo ha detto la scienza», frase molto utilizzata durante il periodo Covid, non a caso (su questo rinvio al mio scritto «Il sonno della ragione», del 24-08-2021).

Insomma, se non ci sono più i «buoni», ossia coloro che sperano in una resurrezione dei buoni principi, non c'è più salvezza. Appare evidente che il nichilismo di certi filosofi (a proposito di satanismo) tolga speranza lasciando Speranza, poiché cercano di uccidere sul nascere, alla radice, ogni tentativo di costruire qualcosa con l'intenzione di dare una forma alla verità, o meglio, alla verità secondo cui vivere in pace, in armonia, nella giustizia (per quanto possibile) è esattamente ciò cui aspirano i più. Checché se ne dica.

                                                            Davide Crociati

 

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