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                                Riflessione sulla libertà

Partiamo da alcune brevi considerazioni relative alla musica del secondo Novecento.
Nella seconda metà del XX secolo si delineano due poli opposti che rappresentano altrettante utopie: il determinismo ha il suo antecedente più diretto nell’esperienza razionale della seconda Scuola di Vienna, quella di Schönberg, Berg e Webern che secondo storici del settore hanno raccolto dai grandi romantici tedeschi il testimone a loro volta ricevuto da Haydn, Mozart e Beethoven (esponenti di spicco della prima Scuola di Vienna); l’aleatorietà, spesso associata al noto musicista statunitense John Cage, sulla scena artistica mondiale del secondo dopoguerra rappresenta il “polo anarchico”, poiché è caratterizzato da una pressoché totale assenza di regole nella costruzione musicale.
Su posizioni diametralmente opposte, quindi, determinismo e aleatorietà assumono atteggiamenti estremi e come tali utopistici, poiché, seguendo rispettivamente un percorso unilaterale caratterizzato da una fedeltà ferrea a propri principi e da un esclusivismo degno delle più rigide ideologie, non sanno/possono tener conto della globale (o di una più ampia) complessità: estremi che in ultimo trovano un terreno comune nel solito nichilismo  amorale, quintessenza dell’istinto di sopraffazione (poiché la mancanza assoluta di valori apre la strada a ogni alibi che possa giustificare la sete individuale di potere e di ricchezza a discapito dei più fragili, o semplicemente “degli altri”, nel contesto di una società ipocrita le cui regole – anche quelle più sagge – sono destinate alla generale irrisione e alla progressiva dissoluzione).
Qualcuno dice che persino “paladini del popolo” come Jimy Hendrix, Frank Zappa, Demetrio Stratos, il primo Battiato e altri musicisti pop e rock si siano lasciati trasportare dal vento frizzante di Darmstadt fino ad assumere un piglio dichiaratamente rivoluzionario! Il fatto è che troppo spesso “neuroni” della portata di Hendrix trasmettono impulsi distorti e nefasti alla (cospicua) parte ingenua della società, poiché vi riversano una sostanza culturale difficilmente analizzabile da menti immature e/o inesperte che pericolosamente potranno coglierne soltanto la parte esteriore. E’ il motivo per cui ai fanciulli non si può dire sempre la verità, soprattutto quando esiste il rischio concreto che essi non sappiano elaborarla se non in misura limitata: nella loro mente ancora in evoluzione potrebbero distorcerla pericolosamente.
Nel mondo occidentale lo “stupro” perpetrato ai danni di società annichilite dalle guerre mondiali da parte di estremismi culturali che hanno eletto a proprio emblema il simbolo d’una libertà oltre la libertà, ha aperto la strada all’inondazione globale: il nichilismo ha fatto così il suo ingresso in tutte le menti, col risultato di indebolirne le certezze (comprese quelle che mai dovrebbero essere messe in discussione) e quindi la capacità di sopportare le asperità della vita.
…allora forse dovremmo valutare più seriamente la possibilità di coniugare gli opposti sotto un tetto di regole opportune, poiché, fino a prova contraria, anche il nostro corpo obbedisce a leggi naturali e in fondo “la libertà oltre la libertà” non è che la morte: quella non può forse attendere?
In conclusione, se il determinismo di Stockhausen irrigidisce la partitura pur di liberarla dalle imposizioni della tonalità (quindi per liberare il pensiero dai retaggi del passato); se l’aleatorietà rappresenta una reazione estrema al rigore eccessivo della serialità integrale; se aleatorietà e determinismo in ultimo si saldano formando un Ouroboros privo di significati che non siano riconducibili al nulla, alla “non vita”; si può comprendere il motivo per cui la tonalità, oggi per altro liberata da tante imposizioni (quelle sì retaggio di esperienze mentali e spirituali ormai esaurite) continui a vivere e a prosperare in varie forme. Forse dovremo ripartire da qui.
Oggi nel migliore dei casi siamo alla “sintesi”, nel peggiore deicasi alla “pizza della casa”, ossia ad opere creative in cui si cerca di far convivere passato e presente, generi diversi e musiche di culture lontane tra loro (ora non più tanto, visto il rimpicciolimento a vista d’occhio del mondo). Nella “sintesi” si cerca di salvaguardare il meglio di sempre, di dare unità a quegli elementi “universali” che nelle varie epoche hanno dovuto subire la tirannia del “pensiero dominante”; nella “pizza della casa” ci si accontenta di metterci dentro quanti più ingredienti possibile affinché nessuno possa dire che qualche gusto non viene soddisfatto (per carità!). La “sintesi” è propria dell’arte più colta, la “pizza della casa” di quella popolare ad uso più pratico e immediato (e più facilmente vendibile su ampia scala). Ognuno riconosca il proprio livello spirituale, anche se non è cosa facile distratti come si è da mille stimoli artificiali che ci stanno assuefacendo a una realtà inventata da un mercato senza più regole e con gli artigli più che mai acuminati. Mi ha colpito un passaggio del libro “Il giorno in cui il rock è morto” di Chuck Klosterman, scrittore e giornalista, critico musicale di “Spin Magazine”, in cui si dice: “…è così che funziona: uno si lascia convincere che sta condividendo una realtà che non esiste. Tutte le estati, gli studi cinematografici di Hollywood convincono milioni di persone a vedere dei kolossal che sanno già di detestare. Tutti i giorni, programmi come “Access Hollywood” costringono due milioni di casalinghe a domandarsi: “Ma a chi importa di sapere con chi esce Lindsay Lohan?”. E sapete qual è la risposta a questa domanda? Praticamente a nessuno. Sono veramente pochi gli americani cui veramente importa sapere con chi esce Lindsay Lohan. E’ tuttavia un’informazione che hanno bisogno di avere. Questo perché persone di cui stiamo parlando si interessano di tutt’altro; si preoccupano della possibilità che tutti gli altri comprendano qualcosa che a loro invece sfugge. E’ di questo che hanno paura, ed è così che deducono la verità della società.” …ed è solo di poche sere fa la presentazione di una puntata di “Ballando sotto le stelle” in cui Milly Carlucci (dietro occhiali scuri) e il presentatore Gianfranco Agus si compiacciono di certi strilli emessi da ragazzini e ragazzine delle scuole, ospiti in studio, molto probabilmente stimolati solo o soprattutto dalle luci, dal mito della televisione e dalle gesticolazioni di un assistente di studio. Mi rendo conto che, per continuare a esistere, a certi programmi serve soprattutto il supporto dei bambini. Forse a ben pochi interessa veramente Sanremo; eppure, per dirla alla Klosterman, molti si sentono quasi obbligati a partecipare al “rito sociale” perché “esiste la possibilità che tutti gli altri comprendano qualcosa che a loro invece sfugge…”.
E allora, forse, dovremmo aggiornare anche il concetto di “libertà”, cercando d’individuare o di non ignorare le mutate esigenze della modernità reale. Un concetto di libertà in cui non sopravviva l’ipocrisia e che imponga almeno la chiarezza nella comunicazione. Ad esempio: se libri, giornali e canali televisivi sono attraversati da uno stesso fremito di mercato e devono promuovere X ed Y, che non nascondano l’esistenza di Z e compagnia bella. Se il mercato libero ammanetta la tv di Stato (che è un servizio pubblico poiché impone una tassa) dobbiamo ammettere che non ci troviamo in una società libera. Ma andiamo a dirlo ai Rockefeller e ai Rothschild, ai Warbyrg e ai Morgan, ai Ford e agli Oppenhaimer. Sicuramente non ci ascolteranno...

                                                                   Davide Crociati

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