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                                                                       Bellaria Igea Marina, 15 Febbraio 2023

 

La Coda del Diavolo

 

Tanto per evitare inutili giri di parole, questa kermesse della canzone dichiaratamente progressista non ha rappresentato «il Festival di tutti gli italiani» (canone Rai a parte), visti i risultati delle ultime elezioni politiche che hanno evidenziato un netto prevalere delle forze di destra, per quanto possano ancora valere i colori in una politica ormai succube dell'Europa, o meglio della NATO. O, meglio ancora, di quei poteri forti internazionali che hanno gettato la maschera a Davos sentendosi «onnipotenti» per via della loro forza economica, tecnologica e (soprattutto) dis-valoriale. La «forza» dell'amoralità è esattamente quella che ha arricchito i Totò Riina, i Matteo Messina Denaro e i Provenzano, ma anche gli Escobar e i cartelli di Beltrán Leyva, di Juárez, di Tijuana piuttosto che di Los Zetas. Insomma, l'equazione più denaro = più ragione, più felicità e più forza (in termini crudamente materiali, non certo spirituali) regge soltanto in una dimensione distopica, dalla durata necessariamente limitata ma che può condurre al suicidio collettivo e, in prospettiva futura, potrà disilludere certi opulenti apprendisti stregoni la cui «grande intelligenza» li sta portando a segare il ramo su cui sono baldanzosamente appollaiati mentre fanno terra bruciata, utilizzando come collante un mare di false comunicazioni sociali (almeno «sulla carta» la falsa comunicazione sociale è un reato perseguibile dalla legge e per il quale è prevista la reclusione). Sennonché, la cronaca di questo inizio d'anno ci ha consegnato le immagini di un Messina Denaro cortesemente accompagnato al mezzo che lo avrebbe condotto in carcere per le cure del caso (altro che manette, quelle vanno riservate ai Massaro e ai Tortora, con tante scuse a danno causato). Pare che il signor Denaro, il cui nome è già un programma, abbia goduto di protezioni di «alto livello», ovvero delle Istituzioni infiltrate dalla massoneria malata i cui «muratori» (del nulla) utilizzano anche l'arte e suoi surrogati per veicolare simboli esoterici e più specificamente massonici, come ha evidenziato anche la pittrice e storica dell'arte Elisa Marianini in una conferenza tenutasi nel febbraio 2020. Infatti, facendo un minimo di ricerca non è così impossibile intuire che l'esoterismo massonico abbia influenzato la produzione artistica di molti pittori e scultori attraverso opere ermetico-metafisiche, surrealiste e simboliste. Allo stesso modo, oggi i messaggi amorali e (diciamolo) immorali vengono facilmente veicolati da fiumi di note arrangiate ad hoc, sorrette da timbri oggettivamente accattivanti, com'è noto a chiunque si barcameni coi moderni programmi musicali, vedi la decima versione del «Logic Pro»: a volte basta pigiare un tasto d'una normalissima tastiera MIDI perché ne scaturiscano trame sonore ed effetti accattivanti, che se uno volesse idearli per poi scriverli su pentagramma (cartaceo/elettronico) dovrebbe studiare almeno un po' di composizione per maturare un certo gusto estetico. Fino a prova contraria. Ma, se la storia ha restituito non poche verità rispetto all'operato di «valenti scienziati» che hanno venduto l'anima al «tutto è possibile» (compreso l'omicidio, per meglio inquadrare la serietà delle tematiche in oggetto), oggi dovremmo stare molto più accorti per cercare di evitare errori del passato. Invece anche ora, come in altri momenti tristi della storia, rischiamo di essere permeati dalla «magia ipnotizzante» dei media, che stanno portando avanti una politica musicale volta ad imporre nei palinsesti di radio e tv alcuni generi e autori/interpreti «di regime». Anche nella Germania nazista la musica assunse un ruolo importante nella vita sociale, come ben sapevano le forze di potere costituitesi col contributo significativo di certi banchieri ai vertici della finanza mondiale (gli stessi che avevano sovvenzionato la sanguinosa rivoluzione bolscevica del '17), che sapevano come utilizzarla per fare breccia nel «cuore» di un popolo martoriato e umiliato che naturalmente aveva un enorme bisogno di recuperare almeno parte della propria identità nazionale dopo gli schiaffoni di Versailles (ben noto Congresso cui parteciparono - si dice - strane eminenze grigie dotate di un potere insospettato: quello di decidere indisturbate le sorti della futura Europa!). Nelle iconografie di regime, un simbolo nazista come l'aquila si fondeva con un organo e con la scritta: «Germania, terra della musica». Thomas Mann insinuava il dubbio che tutta la musica tedesca esprimesse una anti-vitale «simpatia per la morte», simpatia oggi riscontrabile nell'abbigliamento giovanile che sembra voler sottolineare freudianamente la morte di un mondo, quello delle tradizioni basate sul buonsenso dalle quali si cercava quantomeno di trarre spunti positivi, oltre che utili. Allora veniva esaltata la purezza della cultura tedesca, oggi si cerca di esaltare la «purezza» di idee liberiste tendenti a una forma di schiavismo culturale e materiale che, per paradosso, passa anche dall'imposizione dell'ideologia gender nel contesto di un processo massonico di disgregazione e di eliminazione di tutti i limiti/confini, in ogni ambito, ovviamente a vantaggio di chi detiene il potere alle più alte sfere.

In questo Festival canoro 2023, il cui sfondo cromatico ha richiamato spesso i colori della bandiera russa (non so quanto paradossalmente, se pensiamo alla lettera del comico Zelensky), è aleggiato lo spirito dell'orgiastica La Sacre du printemps (primavera «rigeneratrice» espressa attraverso lo stravinskiano «ordine nel disordine», autentica accozzaglia di dissonanze e di ritmi sempre cangianti che tanto indignò i «perbenisti» curiosamente intervenuti all'Opéra de Paris. Era il 1913). Ma lo spirito rivoluzionario del grande compositore russo che apprezzava il «camaleontico» Mussolini, tanto da inviargli lettere d'ammirazione (quando si dice i paradossi della storia, ma poi fino a un certo punto) oggi viene intenzionalmente travisato dai «burattinai» dell'LGBTQ+, il cui intento è quello di mascolinizzare la donna e di rendere l'uomo effeminato, per creare quell'uniformità sinonimo di «uguaglianza» che inevitabilmente si traduce in un depotenziamento dell'energia riproduttiva, utile solo al depopolamento mondiale (i famosi tre miliardi del draghiano Cingolani?). E tale «allineamento sessuale» non fa che rendere la società più debole, altro vero scopo dei burattinai multinazionalisti, esattamente quelli che vogliono rifilarci cavallette, grilli e vermi gialli al posto di prodotti certificatamente sani, oltre che gustosi (ovviamente mi riferisco alla nostra cara dieta mediterranea, per la precisione quella ancora situata al di fuori della malsana «logica» OGM che rischia di costringere la natura oltre pericolosi limiti di non ritorno. A danno di tutti). In questo mondo basato sull'effimero e sulla volgarità funzionale al «sistema», mondo in cui a un piccolo personaggio viene consentito prendere a calci i fiori sul palco sanremese solo per poter attivare una melensa lezione intrisa di pedagogia progressista, grazie anche al gentile contributo di un Morandi bonariamente sorridente con giacca rossa e scopa in mano, come a voler indicare la via del perdono sempre e comunque (messaggio che se penetra nel mondo reale può diventare devastante per tutta una serie di motivi, chiedere a Crepet che non è esattamente uomo di destra!), da tempo si vuol dare rilievo a riviste come Playboy, straordinario fenomeno commerciale che per anni ha condotto una corrosiva e incessante campagna di ridicolizzazione dei «valori tradizionali», come ci ricordano Perucchietti e Marletta nel loro UNISEX. Non dovremmo mai dimenticare che satana non mostra il suo vero volto, poiché se lo facesse nessuno lo seguirebbe per l'orrore. Satana, cinque volte evocato da Virgina Raffaele in un precedente Festival dei fiori, qui inteso come assenza di valori. Quindi, nella società di pecore smarrite vengono utilizzate parole mielose fino alla nausea in riferimento a valori universali, solo per attirare gli ingenui e gli stolti al fine di condurli per mano verso un mondo distopico, ora utilizzando le finestre di Overton, ora invece brutalmente, attraverso armi invisibili e relativi «rimedi». Questo castello di carta che rischia di bruciare e di appiccare il fuoco ai vicini si basa molto, dunque, sul potere magico delle note, delle immagini e delle parole. A proposito di Rai-1, ho notato che perfino fra i termini proposti al campione de «L'Eredità», nel gioco finale della «ghigliottina» (ho parlato di questo programma in almeno un paio di mie precedenti riflessioni), molti sono riconducibili al «pensiero unico» che si cerca di costruire attraverso il political correctness. Ad esempio, tra le parole proporre e imporre quella che permette di non dimezzare il capitale sarà più facilmente «imporre», poiché nella società di oggi si tende a obbligare/costringere anziché a offrire/consigliare (vedi green pass, obbligo vaccinale esteso, adeguamento energetico delle abitazioni entro una certa data, ecc.). Si noti un particolare: quando il concorrente di turno sceglie la parola «giusta» riceve sistematicamente un elogio dal presentatore, il quale definisce «bravo» il concorrente quando fino a prova contraria dovrebbe trattarsi di pura fortuna. Evidentemente una «logica sotterranea» esiste e giustifica quel complimento, che altrimenti sarebbe del tutto insensato! Ancora una volta si viaggia sull'onda del subliminale?

Guarda caso la sera dell'11 febbraio ero a Sanremo (l'11 febbraio del 1858 la Beata Vergine Maria sarebbe apparsa per la prima volta a Santa Bernardette): ciò mi ha permesso di respirare quel clima di esaltazione fatto di luci colorate e di suoni sovrapposti ai commenti perlopiù banali della folla vociferante, perché aveva ragione chi diceva che al popolo sono sufficienti «pane e circensi». Sulla terrazza di un lussuoso Hotel il giovane Lazza rispondeva euforicamente agli applausi e alle grida entusiastiche di tanti giovani lì radunati, rigorosamente col cellulare in mano. Aveva il sapore della farsa, mentre la sera successiva sarebbe stato assai reale il disagio di migliaia di mezzi motorizzati inchiodati al loro destino crudele! Possibile, ci siamo ripetuti mille volte, che per lavori in corso (cantieri fermi causa week end...) si debbano condannare così tante anime a un tormento infinito? Pensavamo ai bambini, agli anziani, a chi poteva avere problemi fisiologici, a chi forse necessitava di cure e aveva bisogno di raggiungere la propria abitazione in tempi quanto meno ragionevoli... Davanti a noi una macchina in fumo e tanti auguri! Un padre teneva il suo bimbo con sé, al volante, forse per alleviargli il supplizio. Uscire da quella bolgia significava entrare in un inferno peggiore e ci abbiamo anche provato: il tempo di gustare una pizza in un simpatico ristorante di Varazze e di rientrare in autostrada, ma solo per renderci conto che sull'A10 la criticità era tutt'altro che risolta. Eravamo partiti da Nizza verso le 16.00 e siamo arrivati a destinazione (una località romagnola) quasi all'alba. Roba da non credere! Invece nella città francese, che nel 2016 è stata funestata da un grave attentato terroristico nel quale hanno perso la vita 87 persone, incluso l'attentatore, si percepiva un clima di serenità come in Italia non è riscontrabile ormai da decenni: è stato un po' come tornare a tempi migliori, anche se solo per poche ore. Lì abbiamo capito che nel «laboratorio Italia» ci hanno tolto il terreno da sotto i piedi e manco ce ne siamo accorti. Del resto, soltanto la sera prima avevamo constatato che neppure gli ucraini a volte si rendono conto di ciò che sta loro accadendo: in piazza «Muccioli» maledivano Putin con canti e preghiere ma su Zelensky alcuni di loro non sembravano così convinti. Infatti è bastato interloquire con una signora ucraina per insinuare il lei più di qualche dubbio sulla «bontà» dell'attuale leader che di mestiere faceva il comico, esattamente come il nostro Grillo a cinque stelle. Su una cosa eravamo d'accordo: dietro tutto ciò che si sta verificando a livello internazionale, e nelle singole nazioni, aleggia una massoneria pericolosissima per i fini che si propone e per i mezzi di cui oggi dispone. I volti degli oligarchi cominciano a svelarsi e la gente un po' alla volta sembra rendersi conto della realtà, al di là del luogo di provenienza. Il risultato di quella conversazione, dapprima un po' animata poi assestatasi su toni civilissimi, è stata una «schedatura» mia e della mia compagna di viaggio da parte delle forze dell'ordine.

Ma dopo questa digressione vorrei tornare a Sanremo, ovvero al Festival.

Ballerine e nani alti due metri hanno infestato questa 73esima kermesse canora, all'insegna del macabro e di una morbosità tradita da un diffusissimo uso della tonalità minore, che se soltanto avessimo avuto un centesimo di Bach sarebbe stata una sciccheria, tant'è vero che il «G minor» del grande musicista tedesco vale più di tutto il Festival, organizzatori e direttore artistico inclusi. Ma quelli gongolano e giocano parlando di «arte», perché qualche intellettuale d'alto rango ha messo loro in testa che le definizioni non servono più: tutti artisti, nessun artista. E il gioco è fatto. Cosicché, nomi come Michelangelo e Raffaello, Leonardo, Bach e Mozart (non ho detto Amadeus) si mischiano con altrettanti nomi del calibro di Tananai, Lazza, Ariete, Rosa Chemical e Blanco. Il passo è tutt'altro che breve. Per di più, qualche imprenditore con la «i» maiuscola potrebbe tranquillamente risentirsi vedendosi accostato alla Ferragni. Persino Zukerberg ha tutta l'aria di essere soltanto un ometto immagine, come potrebbero esserlo altri figuri di dubbio valore che vengono spacciati per «geniali ricconi» e che l'informazione a reti unificate ci mostra senza pietà, ogni santo giorno. Rampolli votati allo sfarzo per creare una spessa linea di demarcazione tra chi può e chi non può? Il sospetto è forte, il lezzo quasi insopportabile. Se ciò è vero (e lo è, poiché le pareti sono di cristallo), si comprende la dimensione della decadenza che affligge il mondo occidentale. E rende benissimo l'idea di che cosa significa vendere l'anima al diavolo: è l'uomo che, preso da un delirio di onnipotenza, si sostituisce a Dio. Lo fa sapendo di nuocere alla verità, quindi al bene comune. Una presunzione che ha il sapore nauseabondo di una patologia psichiatrica. Non è un caso se la piccola Greta Thumberg, affetta da sindrome di Asperger e per la quale la malattia che le impedisce di crescere è come un «super potere» (figuriamoci), viene eletta a paladina del «nuovo mondo» per le sue lotte contro il cambiamento climatico, per la sua indignazione platealmente ostentata per mezzo di smorfie e ghigni insopportabili. «Ho trovato un senso in un mondo che a volte sembra superficiale e privo di significato», recitava Greta sul suo account Twitter. Da queste parole si evince un desiderio di rivalsa verso la natura che l'ha resa più vulnerabile rispetto a tante sue coetanee (oggi Greta ha 20 anni), e questo disprezzo per la condizione di «eterna bambina» che la rende «diversa» lo esprime scagliandosi con rabbia contro la «normalità» in senso lato. Forse in un mondo disposto per il giusto verso Greta Thumberg non sarebbe la figura migliore per rappresentare il cambiamento in una prospettiva di vero progresso.

Ho l'impressione che anche il palcoscenico Sanremese abbia accolto soprattutto personaggi «problematici» e per questo disposti a dichiarare guerra a quella «normalità» di cui essi stessi beneficiano volentieri quando hanno bisogno di affidarsi a professionisti seri, scrupolosi e senza fronzoli (che non guasta mai). Fare nomi è sempre peccato, ma in generale credo che il teorema secondo cui il Festival della canzone italiana sia un contenitore di «teste matte» non andrebbe rigettato a priori. L'11 febbraio del 1916 Emma Goldman venne arrestata per aver tenuto una lezione sul controllo delle nascite; l'11 febbraio 2023 il «palco dei fiori distrutti» ha sancito il «trionfo» dell'LGBTQ+: la stessa Goldman, anarchica attivista e saggista russa ma naturalizzata statunitense, non avrebbe chiesto di meglio. In effetti è riscontrabile una buona dose di follia in questa campagna pro gender che sembra mirare a infondere sensi di colpa a chi ancora ritiene che per fare figli ci vogliano un uomo e una donna. Credo sia dovuto totale rispetto a chi vive una condizione sessuale «diversa», ma sono altresì convinto che questa massiccia «campagna arcobaleno» nasconda ben altro (Cingolani docet). Perucchietti e Marletta nel loro UNISEX ci ricordano che, in linea con la strategia arcobaleno, «bisogna inondare la società di messaggi e modelli gender a tal punto da renderli noiosi». E che «questa inondazione, però, presuppone necessariamente l'avere il controllo della macchina mediatica, dello spettacolo, della cultura, della stampa, cosa che evidentemente si dà per scontata, vista l'alleanza tra gruppi omosessuali e gender e le più potenti oligarchie economiche e politiche dell'Occidente». Tornando alla musica leggera, e il Festival di Sanremo dovrebbe esserne il trionfo, ho per le mani appunti interessanti secondo cui John Coleman, ex ufficiale M16 (servizi segreti inglesi) svela che i Beatles erano un'operazione psicologica gestita dall'Istituto Tavistock, creatura dei Rothchild a cui regolarmente si genuflettono sia la politica che i media italiani. Secondo alcune fonti lo scopo era di promuovere il «libero amore», la droga e la musica rock che avrebbe dovuto attaccare il cristianesimo (sogno recondito della massoneria, com'è noto). I Beatles erano dunque proposti come anti-sistema ma in realtà erano veicolati dai media tradizionali (guarda caso). Nella copertina di «Yesterday/Today» i candidi Beatles sono coperti di bambini morti. Nella copertina dell'album «Sgt Pepper» compaiono alcuni burattini dei soliti Rothchild (Haldous Huxley, Crowley, Wells, Bernard Show e perfino Gandhi). In fondo la «Beatlemania», che tanto fanatismo ha scatenato nelle folle di giovani e meno giovani, ha lasciato il testimone a realtà musicali non meno legate alla massoneria, tendenti a frammentare l'universo giovanile attraverso nuovi divi del calibro di Michael Jackson e di Madonna Ciccone (trionfo dell'ambiguità all'insegna degli «opposti»). Del resto, nell'ambito dell'industria discografica sono gli stessi «poteri forti» a fare riferimento a se stessi ricorrendo alla tipica simbologia “illuminata”, inserendola nelle canzoni e nei videoclip. Con questi nuovi interpreti prendevano piede atteggiamenti più personali e individualistici. Semplicemente uno step successivo lungo un percorso ben pianificato dai soliti «architetti» del nichilismo amorale. Viene dunque il legittimo sospetto che anche una vetrina come quella sanremese rientri nel quadro manipolatorio complessivo, e che organizzatori e direttore artistico non si facciano scrupoli quando si tratti di irretire il gregge all'interno di un «ovile» lussuoso quanto spregiudicato in nome delle esigenze di un'élite che tanti danni sta producendo a livello planetario. Se così fosse sarebbe il trionfo dei «furbetti», ovvero di personaggi di caratura più o meno modesta pronti ad anteporre il denaro al bene comune, la finzione alla realtà, l'ipocrisia alla sincerità. La lezioncina progressista che forse già in sede di prove prevedeva l'assoluzione di Blanco/Fabbriconi dal suo gesto vandalistico ne sembrerebbe un chiaro esempio. Così, spazio ai vandali negli stadi e nelle strade/piazze cittadine, nelle scuole e ovunque si verifichi un blackout di qualche tipo. Bisognerà pur scaricare la propria rabbia se questa élite oligarchica ci costringerà a mangiare cavallette, grilli e vermi, se scavalcando trattati internazionali e Costituzioni (caro Benigni) in futuro saremo costretti a farci inoculare vaccini d'ogni tipo (compresi quelli contro l'aviaria che già si preannuncia all'orizzonte) e ad accettare acriticamente che un uomo diventi donna e che una donna diventi uomo. Bisognerà pure che trovi sfogo, questa rabbia alimentata da chi sta manovrando per distruggere l'economia, le piccole e medie imprese, la sanità, la scuola, il welfare e tutto il resto! Certo, bisogna ringraziare i «padroni del mondo» perché ancora ci permettono di vedere spettacoli come il Festival di Sanremo, anche se la sera successiva alla finale sull'A10 il traffico è rimasto bloccato fino all'inverosimile, anche se il 14 agosto del 2018 è crollato il ponte Morandi (nessuna allusione) provocando 43 vittime, alcuni feriti e una montagna di sfollati...

                                                                             Davide Crociati

 

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