davidecrociatidibellaria
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                                                               Bellaria, 20 Settembre 2022

 

Vecchi Edifici

 

Camminando lungo le vie del porto vecchio di Trieste, tra enormi magazzini abbandonati, dai colori cupi e dall'aspetto inquietante quasi fossero parte della scenografia di un film distopico, si percepisce tutta la gravezza di un mondo ormai finito. Anche il museo dell'industria saronnese, o il museo dei trattori d'epoca di Savignano sul Rubicone, per esempio, così come tanti quadri d'autore di inizio Novecento, trasudano angoscia di vivere e povertà. La fine della civiltà contadina è stata appesantita da enormi macchinari dai camini sbuffanti e dotati di ruote enormi, dall'interazione tra uomo e animale si passava gradualmente a quella tra uomo e macchina, il cui momento culminante, che verosimilmente sarà caratterizzato da tecnologie avanzatissime e “sostenibili” (almeno sulla carta) dovrebbe rappresentare la meta della quarta rivoluzione industriale dagli sviluppi esponenziali, quella ipnoticamente decantata da Schwab in un suo libro manifesto, che chiunque può leggere per farsi un'idea di come, in un sistema di vasi comunicanti che attraversa la storia, il livello naturale della sofferenza umana rimanga pressoché stabile. Parlo soprattutto di una «sofferenza spirituale», quella che neppure il passaggio dalle vecchie macchine agricole o industriali ai microchip sottocutanei può lenire. Per maggiore chiarezza diciamo che anche le inquietudini dell'anima possono rendersi molto sottili o addirittura invisibili come le nanotecnologie, ma non per questo sono debellabili grazie al progresso tecnologico all'ennesima potenza tanto caro al movimento transumanista. «Il futuro è rappresentato dalla biologia di sintesi, che darà la possibilità di creare organismi con determinate caratteristiche attraverso la modifica del DNA (un processo noto come editing)», recita a pagina 37 un passo de «La quarta rivoluzione industriale» del citato Schwab. Nello stesso libro, a pagina 39 si legge che «ci troviamo a dover rispondere a domande relative a cosa significhi essere “umani”, quali dati e informazioni inerenti al nostro corpo e alla nostra salute possiamo condividere con gli altri, quali siano i nostri diritti e le nostre responsabilità al momento di cambiare il codice genetico delle future generazioni». In queste parole che fanno venire i brividi alla schiena, tanto che definirle inquietanti appare del tutto eufemistico, credo si denoti una volontà prometeica tutta tesa a mettere l'opportunismo al centro dei sistemi di pensiero (sia quello veloce o intuitivo che quello lento, deliberativo e logico) scalzando il Verbo e di conseguenza annullando il controllo più o meno efficace che Egli da tempi immemori «esercita» sugli umani prodighi di follia.

Se qualsiasi rivoluzione lascia morti sul terreno, mi chiedo quale sia la sorte dei 5 miliardi di esseri umani che secondo certi personaggi oggi in circolazione e ben presenti nelle Istituzioni sarebbero «in eccesso» (quindi da eliminare, fosse per «progressivi pensionamenti», in ogni caso dicasi camposanto?). Insomma, dall'angosciato urlo di Munch all'arrogante urlo di Musk ben poco è cambiato in termini di sofferenza umana, se non fosse che le armi invisibili generano ancora più inquietudine rispetto a quelle dotate di lunghe canne da fuoco e di pesanti ruote infangate di miseria umana. Sempre su «La quarta rivoluzione industriale», nei punti di discontinuità a pagina 44 si legge che: «La prima macchina dotata di intelligenza artificiale diventerà un membro di un consiglio di amministrazione aziendale». Ma ci rendiamo conto di cosa potrà significare, in futuro, affidarsi a una macchina (programmata dall'uomo o in grado di autoprogrammarsi ma seguendo algoritmi definiti, non si sa da chi, come e perché) per decidere se accendere un nuovo conflitto e in quali termini? Del resto chi può escludere che sia già successo e che stia succedendo, visti gli esiti di certe orride operazioni internazionali tuttora in corso, attraverso le quali - non a caso - i poteri forti stanno scardinando le economie nazionali?

Ma a proposito di edifici inquietanti, la riviera romagnola è disseminata di vecchie colonie fatiscenti, anch'esse testimonianza di un passato pesante, per tanti versi doloroso. Eppure, forse non a caso, questi mostri architettonici sono ancora lì con il loro «intrigante significato» duro a morire nell'immaginario collettivo di «mangiapreti» spesso a convenienza, sottilmente orfani di un «uomo forte», in un periodo storico (parlo dell'oggi) in cui droga, alcool, decibel eccessivi al servizio di musica demenziale, esasperata ed esasperante cultura LGBT (con l'aggiunta della Q che sta per «indecisi») e quant'altro di aberrante una mente umana possa partorire, inducono molti «irriducibili» a fare il salto della quaglia dimenticando il proprio spirito libertario, mentre, nella generale noncuranza dei cittadini e di chi dovrebbe vigilare affinché non si verifichino casi di apologia del fascismo, o addirittura del nazismo, nei mercatini sparsi un po' ovunque sono da tempo riaffiorati certi simboli di «forza e virilità» (ma soprattutto di violenza), come i manganelli del duce e varie effigi di dittatori sanguinari che hanno trovato alloggio su bottiglie di vino o di liquori candidamente esposte in vari negozi (anche nella città in cui abito). A tale riguardo, su facebook credo di avere esposto le mie ragioni con la dovuta energia dialogando con Duccio Trombadori, il quale, nonostante il suo orientamento politico, ha stizzosamente minimizzato la portata di certe «iniziative» (prima di togliermi l'amicizia).

La memoria storica degli italiani sembra voler cedere velocemente il passo a una nuova forma di totalitarismo beffardo e sottilmente crudele: quello che usa gli influencer, personaggi strapagati necessariamente piccoli e come tali manovrabili, il cui scopo è quello di accompagnare per mano gli stolti e gli sprovveduti da un «innocente» ambito marketing verso una dimensione ideologica in cui vengono furbescamente utilizzati i vestiti della politica, ma di una politica ormai inesistente nella misura in cui i singoli Stati sono di fatto commissariati dall'Europa, o meglio, da un'Europa di banchieri e di affaristi senza scrupoli (rispetto al commissariamento dell'Italia da parte dell'UE non ne parla esplicitamente lo stesso Carlo De Benedetti, soprattutto ora che siamo a pochi passi dall'elezione della Meloni a Presidente del Consiglio dei Ministri - cosa non so quanto auspicabile poiché la leader di FdI si è fatta fotografare in compagnia della figlia che disegna un arcobaleno e che si è fatta intervistare con una scacchiera alle spalle - abbastanza probabile il riferimento al pavimento massonico - salvo colpi di mano che in questo «Magico Paese» difficilmente mancano?).

In Romagna, come penso anche altrove in Italia, la facilità con cui gli estremi si congiungono è sorprendente, direi anzi strabiliante, tanto che (bando ai facili qualunquismi) sull'esempio di una politica ormai solo di nome le contraddizioni stanno diventando praticabili quasi fossero una nuova regola non scritta, in alcuni casi da applicare con un certo rigore nella misura in cui un cittadino disorientato può essere indotto a non votare, o, pigramente (non incolpevolmente), a votare i soliti pseudo politici vanagloriosi continuando a dare credito alle loro inutili parole (o quisquilie). Inutili e come tali dannose per gli italiani, in una fase storica in cui servirebbe concretezza, non certo nella direzione di una «distruzione creativa» e di un draghismo dedito solo a condurre acqua ai mulini dei poteri forti transnazionali (di cui egli fa parte dichiaratamente).

Chi oggi guarda con «nostalgia» alle colonie che «negli anni '30 divennero un punto di riferimento d'innovazione architettonica e nel periodo fascista furono centro di rigore e di attività fisica» dimentica che, anche durante il regime mussoliniano, nell'ambito delle ben note operazioni di bonifica ambientale si praticava senza complimenti la sperimentazione farmacologica su poveri esseri umani costretti a lavorare in spazi fetidi. Per cui oggi possiamo solo dire che la storia si ripete sotto altre spoglie. Quando il cittadino delega a pochi la facoltà di pensare e di decidere, anche su questioni di vitale importanza, si pone in una posizione di totale subalternità prostrandosi ai piedi di qualche oligarca per chiedere in cambio benefici o una relativa tranquillità che egli non potrà ottenere, se non vendendo l'anima al diavolo e infilandosi a propria volta in un cul-de-sac spirituale, foriero di problemi forse dapprima invisibili (psicosomatici nel caso della salute fisica), poi ben più gravi e leggibili a occhio nudo. La mia sensazione è che sia una questione matematica.

Temo dunque che una forma strisciante di totalitarismo si stia da tempo insinuando nella politica e in tutti i gangli della società civile, e che tale processo di inquinamento sia destinato a sfociare in una dittatura di respiro planetario con una popolazione mondiale destinata ad arretrare drasticamente. Contemporaneamente, inquietanti «cyber eserciti» avanzeranno ormai indisturbati rendendo vana ogni flebile reazione da parte di sparuti gruppi di volenterosi dal destino segnato. Per quanto riguarda tutti gli altri, vale citare un passo de «Il grande reset» di Ilaria Bifarini, auto-definitasi «bocconiana redenta»: «Il cittadino potrebbe sentirsi intrappolato in un meccanismo di ricatto morale ed economico, impossibilitato a lavorare per mancanza di domanda, per cui per sopravvivere dovrà adeguarsi e obbedire a quanto imposto dal governo, senza nessun riguardo per le peculiarità individuali». E quando le personali peculiarità non trovano sbocco e soddisfazione, l'individuo, questione di tempo, va in cortocircuito per effetto della suddetta matematica (parlavo di una «mia sensazione», tuttavia è intuitivo che qualsiasi essere umano sia costretto a vivere non secondo natura è destinato a pagarne le conseguenze, così come nel migliore dei casi certi turbamenti dell'anima trovano sfogo in malanni come il lichen ruber planus, disturbo pruriginoso recidivante, con eruzioni cutanee che confluiscono in chiazze ruvide e squamose, da che mi risulti oggi neppure classificato come malattia, ma che raggiunte certe soglie viene tenuto sotto controllo col cortisone, il quale può produrre effetti disastrosi a livello di occhi, denti e quant'altro, oltre che causare ritenzione idrica, gonfiore, iperglicemia, pressione alta, osteoporosi e debolezza muscolare).

Quando penso a certe costruzioni anni '30 che ancora oggi ingombrano la riviera romagnola (un passato che per certi versi sconfina nel presente in maniera quasi subdola e impercettibile) credo sussista la volontà di mantenere viva una fiammella nel cuore vacanziero della terra che ha dato i natali a Mussolini (la colonia Roma di Igea Marina è a forma di «M» proprio in omaggio al duce). Mussolini non amava la Chiesa così come la Romagna è notoriamente una terra di «mangiapreti» (forse perché è stata parte dello Stato Pontificio e Mastro Titta era nato nella vicina Senigallia). Caratteristiche che indubbiamente accomunavano il duce al suo luogo d'origine dal quale egli aveva ereditato un carattere forte e relativamente duro, come emerge da molte architetture d'epoca notoriamente fredde e spigolose. Ma lo accomunava alla sua terra anche una certa sensibilità artistica, poiché, non dimentichiamolo, Mussolini leggeva la musica e suonava il violino (a differenza del figlio Romano che in futuro avrebbe intrapreso la carriera di pianista jazz pur non conoscendo le note e per questo costretto a subire le irritate critiche del padre).

La colonia del fascio Bolognese di Miramare (Rimini) fu costruita su progetto dell'ingegner Ildebrando Tabarroni tra il 1931 e il 1932 ed è attualmente rifugio di extracomunitari senza dimora, verosimilmente dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti e alla prostituzione. Oltretutto, in quell'edificio fatiscente si sono compiuti diversi atti di violenza sessuale su donne inermi. Un mostro architettonico che fa a pugni coi proclami di modernità e di rinnovamento riferiti a un turismo radicato nel tempo ed evolutosi tanto da diventare un richiamo a livello europeo e non solo. Mancano forse investitori volenterosi disposti a dare una veste migliore a una terra florida dal punto di vista turistico, per di più di respiro internazionale? O manca una vera volontà politica perché si creino le condizioni per un vero piano di rinnovamento del territorio rivierasco?

Insomma, la sofferenza traspare da tanti vecchi edifici ancora in piedi da Trieste in giù, come a volerci ricordare che il passato è ancora lì e non smette di soffiarci sul collo il suo alito caldo e pesante. Senza scomodare Predappio, che ancora oggi celebra gli anniversari della marcia su Roma con una fiumana di camicie nere in visita alla tomba dell'ancora osannato Benito Mussolini, ne sono testimonianza una vecchia scuola di Forlì in cui si possono notare evidenti tracce del «glorioso ventennio» e l'austera biblioteca di Cesenatico che fa bella mostra di sé sul Porto canale (non progettato ma semplicemente) disegnato da Leonardo da Vinci. Facciamo un salto geografico per trovarci al quartiere EUR di Roma, dove in Piazza Colosseo impera il «Palazzo della Civiltà», un'icona di architettura fascista denominata «Colosseo quadrato» (il riferimento all'Arena dove i cristiani venivano dati in pasto alle belve, e dove i gladiatori dovevano guadagnarsi la salvezza combattendo selvaggiamente per la gioia del pubblico, è evidente), razionalista e monumentale, la cui costruzione iniziò nell'estate del 1938 per essere inaugurata nel 1940 (benché incompleta). Quasi una edificio senz'anima che a me ricorda uno scheletro, tanto inquietante quanto imponente alla vista dei turisti spesso distratti, armati di macchine fotografiche e di telecamere amatoriali. Oggi si dice che le camicie nere appartengano al passato, personaggi di spicco nel panorama giornalistico nazionale come il bravo Francesco Borgonovo de «LaVerità» ed altri si dicono certi che il fascismo non potrà ritornare. Eppure il movimento costituitosi nel 1921 e che prese forma in un governo marcatamente dittatoriale, professava una dottrina fondata sull'affermazione di motivi nazionalistici e imperialistici, e non mi risulta che da molti decenni la politica statunitense si discosti più di tanto dai tratti caratteristici dell'ideologia fascista, per quanto riguarda sia il nazionalismo, a difesa degli interessi economici americani, che l'imperialismo decisamente proteso alla conquista geopolitica di territori come l'Ucraina, attraverso un'azione di false flag per certi versi non troppo dissimile a quella che portò Hitler, Göring e compagni in camicia bruna ad incolpare un agitatore comunista e ad arrestare altri «pericolosi» dissidenti rossi dando un'impronta chiara alla politica criminale del Terzo Reich. Si ricordi che gli Stati Uniti d'America hanno influito e tuttora influiscono sulle scelte politiche ed economiche dell'Europa e quindi dell'Italia, non dimenticando altresì che dietro la strategia del terrore c'erano personaggi di spicco a livello internazionale come Henry Kinninger, diplomatico tedesco naturalizzato statunitense, già Segretario di Stato sotto le presidenza Nixon e Ford («meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina»: Henry Ford). Guru indiscusso delle principali congreghe planetarie, Kissinger, quelle che nel silenzio più totale della stampa meschinamente «allineata» decidono le sorti di noi tutti. Checché se ne dica. A proposito di congreghe transnazionali, vorrei ricordare velocemente alcuni pesonaggi di spicco nel panorama politico planetario e nostrano che guarda caso si sono insediati in ruoli di prestigio (e di potere) dopo aver partecipato a riunioni del famigerato Gruppo Bilderberg (fonte: «La Matrix Europea» di Francesco Amodeo. Tra parentesi, le date della loro partecipazione ai meeting semi-segreti): Bill Clinton (1991), diventato Presidente degli Stati Uniti nel 1992; Tony Blair (1993), diventato Primo Ministro nel 1997, dopo che, nel 1993, era diventato Leader del Partito Laburista; Angela Merkel (maggio 2005), diventata Cancelliera nel settembre dello stesso anno; George Robertson (1998), nominato Segretario Generale della NATO nel 1999; Christine Lagarde (2009), Direttrice del FMI dal 2011; Ursula Von Der Leyen (giugno 2019), insediatasi come Presidente della Commissione Europea appena un mese dopo; Charles Michel (2018), scelto come nuovo Presidente del Consiglio Europeo nel 2019; Romano Prodi (membro del Consiglio Direttivo del Gruppo Bilderberg negli anni 80/90 insieme all'allora sconosciuto Mario Monti). No comment. Emma Bonino (1998), col risultato che nel giugno 1999 ha partecipato alle elezioni europee con una lista che portava il suo nome ottenendo l'8,5% dei voti, risultato storico per l'amica dello speculatore George Soros; Giulio Tremonti (2000 e 2001), al dicastero dell'Economia e delle Finanze (Governo Berlusconi) fino al 2004; Tommaso Padoa Schioppa (2010), quello della celebre battuta sui «giovani bamboccioni», membro come Draghi del Gruppo dei Trenta, diventato Ministro dell'Economia dal 2006 al 2008; Mario Draghi (2009), scelto nel 2011 come Governatore della BCE; Mario Monti (giugno 2011), Presidente del Consiglio dal novembre dello stesso anno su incarico di Giorgio Napolitano; Ignazio Visco (2004), diventato Vicepresidente della Banca d'Italia nel 2007 per poi, nel 2011, sostituire alla presidenza il «vile affarista»; Enrico Letta (2012, in sostituzione di Mario Monti), nominato Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2013 dal Presidente Giorgio Napolitano; Matteo Renzi (2019, in un periodo in cui stranamente lo «stai sereno» nazionale non era neppure più Segretario del PD). E diversi altri che qui non sto a citare per brevità. A proposito di «riunioni internazionali», in coda a questa «nobile lista» vorrei ricordare che sul «Britannia» c'era anche Beppe Grillo. Quando si dice i comici (pensando anche al burattino Zelensky)... Evidentemente oltre al danno dovevano farsi beffa del popolo! In questo modus operandi si sente una maledetta puzza di massoneria anticristiana, apolide e apartitica...

Il passato è ancora lì, a volte si mostra attraverso architetture monumentali o in certi casi fatiscenti, ma tutto sommato «resistenti». Non so quanto a causa della crisi economica, della negligenza o della sottile (comunque mai dichiarata) volontà di mantenere un filo di memoria rispetto alle violenze ideologiche del passato, figlie di una illimitata fiducia verso una proattività finalizzata all'imposizione di qualche pensiero unico e al raggiungimento di un potere assoluto. Dunque non di soli «musei» si tratta. Il presunto progresso che dovrebbe rendere più agevole la vita dei cittadini (o almeno di quelli rimasti, Cingolani docet) non riguarderà lo spirito quanto piuttosto una dimensione materiale dell'essere, poiché l'ideologia massonica di fondo mostra tutta la sua ostilità verso le concezioni escatologiche della vita in chiave religiosa («il mestiere dei religiosi non è vendere il pane, ma essere lievito», diceva Miguel de Unamuno, filosofo e scrittore spagnolo di origini basche), perché l'«uomo nuovo» che non deve rendere conto a niente e a nessuno salvo che a se stesso e al sistema di cui fa parte (purché detenga una posizione di potere, requisito assolutamente indispensabile) si sente materialmente autorizzato a indagare le possibilità della natura decidendo in prima persona quali debbano essere i tempi e i modi per violarne i segreti, se si da il caso utilizzando propri simili come cavie da laboratorio (cose già viste ...e riviste!). Spesso il passato che molti ritengono morto e sepolto è ancora lì, a due passi da noi (in termini temporali oltre che spaziali), a fare bella o brutta mostra di sé per ricordarci sottilmente che le sofferenze causate dalla piccolezza umana hanno prodotto segni visibili, i quali andrebbero letti con estrema umiltà senza cadere nell'«eterno tranello»: quello che regolarmente porta gli umani a credere nella propria salvezza definitiva nell'ambito della cruda dimensione terrena, laddove l'erbaccia cresce copiosa e si ha voglia a sperare in buoni raccolti se ben poche, sono, le anime disposte a metterci fatica e lavoro.

 

                                                          Davide Crociati 

 

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