davidecrociatidibellaria
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                                             Vienna, 1816

 

  Vienna, 1816
"...l'arte non  è più così al di sopra della volgarità, non è più così considerata e soprattutto non così stimata per quanto riguarda i compensi..."           
 (parole di Beethoven, citate nel diario dell'amico dott. Carl von Bursy)


Sembra che in passato arte e società abbiano conosciuto gli stessi problemi di oggi, così come le guerre ci sono sempre state  e tuttavia mai potremo considerarle giuste. Semmai, a volte, necessarie. Ed è vero che i catastrofisti di turno, i "profeti" della fine del mondo, hanno sempre interpretato in modo estremo la fine di "un mondo": i cicli finiscono ma poi ne seguono altri secondo la logica naturale della "spirale verso l'alto". Logica in base alla quale oggi saremmo in una "fase discendente", che se rapportata a una precedente fase analoga renderebbe comunque  l'idea d'un certo "sviluppo spirituale" conseguito dall'umanità, come sempre al prezzo di innumerevoli sacrifici, di "crisi di crescita", per certi versi paragonabili a quelle che ogni singolo individuo deve affrontare nel corso della propria esistenza...  Il senso della fine del mondo pervade donne e uomini d'oggi, per cui la società vive un momento di "crisi dei valori" (vedi, per analogia, il passo sul diario di Carl von Bursy datato 1816, anno in cui in Europa i prodromi del Romanticismo musicale erano più che evidenti, senza dimenticare che lo stesso Beethoven è considerato un anello di congiunzione tra due periodi storico-artistici dalle caratteristiche diametralmente opposte, da cui, magari come al solito un po' semplicisticamente, il contrasto esasperato tra i 2 temi della forma sonata, che nello sviluppo si intrecciano fino a dar vita a momenti di drammatiche turbolenze dinamiche, armoniche, ecc., e in ogni epoca tale "senso della fine" fa sì che coloro che a vari livelli rappresentano i vertici della società difendano a denti stretti posizioni e privilegi che, ormai simili a vecchie bombe arruginite, il nuovo vento dell'innovazione rischia di disinnescare in maniera definitiva. Ma poi c'è la massoneria mondiale a bloccare queste energie... Del resto sembra che anche nei sogni la morte di una persona conosciuta (spesso si tratta di un parente) simboleggi la fine di un ciclo, preludio d'un nuovo inizio e quindi d'una nuova fase esistenziale. Ma sappiamo che i "punti di non ritorno" esistono e che, con l'idea d'una "fine inevitabile" , la vecchia organizzazione planetaria rischia di condurci al di là della linea rossa fino a rendere morte reale quella che in teoria potrebbe ancora essere "morte simbolica". Al di qua del confine più pericoloso arriva sempre il momento in cui ciò che è vero rimane e ciò che è frutto dell'inganno si sfalda nello stupore generale. Anche in brevissimo tempo. Viene il momento in cui l'inganno lo percepiamo nell'espressione dei volti, nella musica del linguaggio parlato e nel modo in cui si cerca di otturare le falle, che inevitabilmente si allargano con l'andare del tempo. A presindere. Questo è il momento in cui c'è chi sa cogliere la nuova verità storica e sa convertire l'obsoleto (chiedo scusa a Fabio Fazio a cui questo termine piace poco, mentre a me, proprio perché così "ingombrante e polveroso", dà più che mai il senso della pesantezza e per questo lo utilizzo in questo ambito) in qualcosa che aiuti le menti a riattivarsi e chi, invece, pensa di fissare "basi indissolubili" illudendosi di poter rafforzare fondamenta ormai fradicie (ma soprattutto a causa della corruzione). La tv rappresenta bene la società, dice oggi qualche illustre personaggio? Allora la nostra è una società a cui manca il senso dell'olfatto (per es.). Proprio in tv ho sentito dire che il piccolo schermo amplifica tutto, nel bene e nel male, quindi chi è dotato d'una certa intelligenza sembra ancora più intelligente e chi è... così così sembra addirittura stupido. La televisione è un incredibile megafono capace di "valorizzare" applausi finti e reiterati, e al suo interno si possono creare complicità e alleanze più o meno tacite, per cui un applauso elargito è anche un applauso restituito. E, come nella pubblicità, parole e immagini vengono introdotte nella mente dei telespettatori per delinearvi i contorni di valori artificiali, nel senso che la barbara imposizione di immagini, suoni, colori, ecc., è ciò che alla distanza consente un maggior controllo dei cervelli, il tutto traducibile in vantaggi economici per "qualcuno", vantaggi che hanno pure implicazioni sociali per via dei posti di lavoro creati negli ambiti preposti all'altrui condizionamento, per questioni meramente economiche. L'aumento del volume fa il resto, per cui passa anche il messaggio che alzare la voce è efficace al di là delle parole pronunciate, quindi del contenuto. Stratagemmi elementari che ricordano tanta musica sciocca vestita di belle parole, ma quella musica sciocca rimane e mi risulta arrivi al cervello prima delle parole stesse, quindi in maniera più diretta, penetrante e incisiva! Ieri un grande scrittore dei nostri giorni ha presentato un suo libro in un chiostro antico, povero, essenziale ma straordinario, come straordinaria era la luce fioca che quasi impediva di vedere il volto del protagonista e del suo illustre e più noto presentatore: in quel contesto si coglieva il valore della sostanza. Pensavo a certi luoghi in cui il cervello si intasa di luci sempre in movimento, di suoni forti, di tutto ciò che può aiutare a non pensare ai problemi quotidiani, problemi che invece andrebbero affrontati perché solo così facendo è possibile iniziare a risolverli (eliminarli è difficile). Lo sforzo prodotto della mente, in attività culturali, quello che nel tempo rafforza interiormente, assomiglia al dolore muscolare di chi fatica in palestra per rafforzare e migliorare il fisico. Una televisione del buon senso che non usi l'arma della libertà per togliere libertà; una televisione che sappia essere servizio sociale e che non rappresenti un puro e semplice contenitore di pubblicità drogata e insensibile; porterebbe più telespettatori a sopportare certi guadagni davvero spropositati di chi nella tv ci lavora...

 

                                                                       Davide Crociati

 

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