Bellaria Igea Marina, 29 Ottobre 2021
La Cupola
Vogliamo dirla tutta? Girando per le strade d'Italia si ha la percezione, forse qualcosa di più, che il popolo consideri «di chiaro stampo mafioso» i poteri forti internazionali. Naturalmente quando si parla di poteri forti ci si riferisce alle poche persone/famiglie che detengono metà o più della ricchezza mondiale e che quindi sono nella condizione di fare il bello e soprattutto il cattivo tempo. Ci si riferisce a quella élite mondiale, di chiaro stampo oligarchico, alla quale lo stesso Bergoglio qualche tempo fa si è rivolto con preoccupazione in una sua omelia. Un potere dal cui vertice partono diramazioni che giù a scendere si restringono sino a diventare capillari e che si insinuano nel tessuto sociale in maniera strisciante e invisibile. Si parla di un sistema «piramidale», dunque, nell'ambito del quale non tutti gli affiliati sono coscienti delle dinamiche che ai «piani alti» determinano orientamenti filosofici e scelte importanti in qualsiasi ambito: dall'economia alla magistratura, dalla scuola alla sanità, dall'informazione a tutto il resto. E quando si parla di «complotto», termine oggi molto abusato, bisogna stare attenti a non generalizzare perché nel momento in cui lo si svuota del suo vero significato si rischia di fare torto alla verità storica. La tendenza a rivedere la storia in maniera opportunistica, infatti, pare sia oggi molto diffusa. Che i complotti esistano, orditi nell'ombra o sviluppati alla luce del sole solo grazie all'ignoranza del «gregge», lo si è sempre saputo e ritengo inutile spendere parole per fare esempi. Troppi ce ne sarebbero! Dico soltanto che nel micro come nel macro le dinamiche sociali tendono ad assumere una forma triangolare, sulla base di forze la cui legittimazione risiede spesso nella struttura intelletual-muscolare, non raramente nell'arroganza. Sicché, mentre la legge naturale del più forte, che dalla notte dei tempi incide sui rapporti sociali, richiederebbe da parte dell'uomo un controllo a un più alto livello al fine di regolarne l'impulso, in questo nostro tempo moderno e antico si tende a dimenticare l'importanza dell'equilibrio, nella consapevolezza della quale l'essere più evoluto del pianeta sarebbe chiamato ad accettare la convivenza del bene e del male (il bianco e il nero della scacchiera massonica, le consonanze e le dissonanze della musica, ecc.) ma nella certezza di dover orientare il suo cammino verso la luce non della ragione cieca ma della ragione che non elude per puro opportunismo il bene, collettivamente inteso.
Vorrei ricordare una frase dell'attore cesenate Roberto Mercadini (parole non testuali): «Quando una macchina di Formula 1 si approssima a una curva deve rallentare, altrimenti finisce pericolosamente fuori pista!». Anche la politica che usa gli strumenti tecnologici (aggiungo io) dovrebbe usare la stessa prudenza del pilota di Formula 1: nella storia dell'umanità ci sono momenti in cui sarebbe sano fare di tutto per difendere lo spirito dell'Art. 1 della Costituzione italiana che vuole una «Repubblica democratica fondata sul lavoro». E sarebbe opportuno farlo a costo di «rallentare la velocità» pur disponendo di mezzi assai più potenti che in passato. Pertanto, quando in nome dello sviluppo tecnologico esponenziale poche persone agiscono politicamente e in condizioni di massima riservatezza, col misero risultato di levare il terreno sotto i piedi dei popoli lasciandoli nella miseria e nello sconforto, il mondo intero rischia la deriva autoritaria e militare. Non è forse stata una scelta sciagurata aprire le braccia alla Cina per poi doversi adeguare progressivamente alle «caratteristiche» del regime rosso? Per poi, in ultimo, indurre il peggio della Cina e dell'Occidente a entrare in combutta a spese dei più e forse anche dei rispettivi governi?
Nel momento in cui un gruppo di oligarchi che sovrastano le genti grazie al loro strapotere economico e alla loro spregiudicatezza da apprendisti stregoni (forse più che per la loro effettiva intelligenza) vogliono creare un «mondo supermercato», apolide e apartitico, a proprio uso e consumo, si comportano esattamente come una cupola mafiosa il cui scopo è portare linfa alla «famiglia», o alle «famiglie» tra loro collegate, eludendo le leggi dello Stato di cui tale organismo anonimo rappresenta un autentico parassita. In fondo la morte di Enrico Mattei testimonia di un potere senza scrupoli, senza dimenticare la strategia della tensione che in Italia ha causato morte, disperazione e disorientamento e dietro cui operavano entità oscure come la famigerata P2 e la Gladio, a quanto pare manovrate dall'esterno da personaggi di spicco del Deep State statunitense (vedi l'esplicita minaccia dell'onnipresente Kissinger ad Aldo Moro e sappiamo com'è andata a finire).
Allora credo sia assolutamente legittimo chiedersi se sia possibile creare una drammatica analogia tra le «sette sorelle» del petrolio e le ben note «sorelle» del cartello farmaceutico planetario che da tempo decidono quale debba essere il livello di guardia della pressione arteriosa e che si dice abbiano bisogno di vendere «farmaci per gente sana» allo scopo di salvaguardare gli interessi economici che le tengono in vita e che permettono loro di prosperare, forse anche di sconfinare...
Infine, non dimentichiamo che in un libro inchiesta di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza sull'agenda rossa di Paolo Borsellino emerge che i due grandi magistrati uccisi «fisicamente» dalla mafia indagavano su poteri che andavano ben oltre quello territoriale gestito dal «contadino» Riina e dai suoi consimili. Negli appunti che Borsellino ha lasciato in casa in foglietti sparsi e che molto probabilmente sono gli stessi contenuti nella famosa «agenda rossa» si parla di servizi segreti fuori controllo, di massoneria deviata e di altre misteriose entità.
Oltretutto non si dimentichi che nell'ambito di certe «associazioni private» sono soliti incontrarsi soggetti dell'area politica e culturale di un Paese e personaggi appartenenti a «circoli superiori», secondo il principio osmotico che vige nelle società di stampo massonico. Non è poi così difficile dedurre che si tratti di «zone grigie» dentro cui avvengano alchimie inspiegabili per il popolo, per quella gente comune che i «buoni pastori» dei piani alti amano definire «gregge». Un gregge da guidare e da «proteggere» ma sul quale le «guide spirituali» slegate da ogni vincolo religioso e morale hanno potere di vita e nel caso anche di morte; un gregge che si lascia condurre al pascolo nell'illusione di trovarsi dentro una democrazia più o meno sana.
Dev'essere chiaro che in questo contesto la stampa assume a sua volta un ruolo che non è esattamente quello che la gente s'immagina. E quasi tutti i giornalisti sanno farsene una ragione con la scusa che «così fan tutti» e che, come la si voglia girare e rigirare, le cose non potranno comunque andare meglio. Spesso (e volentieri) dimenticando che il ruolo della stampa dovrebbe essere quello di vigilare affinché la società non venga travolta dalla «legge del più forte» nelle sue versioni autoritarie e in ultimo sanguinarie. Già, perché se la vera forza sta nell'equilibrio e non nella capacità/possibilità di sbilanciarsi da una sola parte, esistono diverse potenziali versioni della «legge del più forte», una delle quali tiene in debito conto il benessere dell'intera collettività. E fino a prova contraria dentro una società in salute anche i singoli cittadini trovano maggior benessere e migliori possibilità di esprimersi. In una società equilibrata e non chiusa da interessi troppo di parte non si cerca di dare legittimità alla droga offrendo ai deboli la via più breve ma che può condurre al disastro. Non si sceglie di addormentare le sofferenze dell'anima attraverso un uso spregiudicato degli oppiacei. Una società sana non propone ai giovani forme di divertimento da sballo, fatto di ore ed ore di frastuono accattivante a basse frequenze, di ritmi incalzanti e sincronizzati con stordenti luci stroboscopiche. Una società con la schiena dritta non ha paura di definirsi tale e non cerca nella labilità dei confini la via di fuga per eludere una Verità naturale che rende gli uomini capaci di provare empatia e di trovare nel mutuo soccorso la chiave per vivere meglio.
Tornando alla questione centrale, il timore della gente è quello che i governi abbiano perso buona parte della loro identità, per effetto di un'azione maligna proveniente da potenti oligarchi, malati e figli dell'egoismo, dotati di troppo denaro e di troppa tecnologia, nonché privi di moralità e di buon senso. Forse anche di vera intelligenza. Qui non si vuole insinuare che l'attuale governo sia espressione di una mafia istituzionalizzata. Se fosse così sarebbe gravissimo! Tuttavia si vuol porre una questione inquietante: è possibile che la politica si sia trovata inconsapevolmente imprigionata nella ragnatela tessuta nel tempo da potenti «famiglie mafiose» d'altissimo rango, il cui scopo sia quello di fare terra bruciata dei diritti dei lavoratori e di tutti quei valori che fino ad oggi abbiamo ritenuto imprescindibili? Quindi, il timore della gente è forse traducibile in questo: se come un organismo vivente il mondo può godere di ottima salute ma può anche ammalarsi gravemente, l'evidenza dei fatti farebbe temere un forte pericolo in agguato. Forse l'umanità ha dormito mentre un certo numero di cellule maligne facevano silenziosamente il loro lavoro accumulando energia in maniera spropositata, usando tutti i mezzi leciti ed illeciti, sotto gli occhi distratti della gente comune.
Allora, se le cose stessero così, mettendola in termini medici ci troveremmo a dover scegliere se essere cellule sane o cellule malate di un sistema in forte declino.
Davide Crociati