Bellaria Igea Marina, 7 ottobre 2017
Sul «razzismo»
Nel DNA spirituale e nel senso comune degli europei la parola «razzismo» travalica il suo significato letterale e non merita di cadere nella rete di nuove speculazioni post-ideologiche, così come non merita di soggiacere a ulteriori diktat scientifici o pseudo-scientifici, per quanto sembra che le nuove scoperte emerse in seguito alla tracciatura delle modifiche avvenute nel DNA con i grandi movimenti di popolazione, ad opera di David Reich, facciano capire che non esiste un solo albero genealogico dell'umanità (peraltro Guido Barbujani, docente di genetica dell'università di Ferrara ci ricorda che «non è semplicissimo controllare se Darwin avesse ragione»). Oggi tutto sommato la sensibilità comune a molti può ancora attingere alla geniale intuizione di Einstein secondo cui «esiste una sola razza: quella umana». Così come una riflessione a posteriori ci induce a considerare che, se diversi alberi fanno comunque parte di un'unica foresta, così tutti gli alberi genealogici rientrano in un unico habitat complesso, costituito dalla foresta-mondo, che ha un suo humus globale. E quando mai tra due cani di razze diverse uno dei due può essere considerato «meno cane» dell'altro? Se «le diversità» - che personalmente considero un valore - «non vanno più negate, ma riconosciute e trattate con rispetto», come dice Claudio Risé in un bell'articolo su LaVerità di domenica 6 ottobre, è pur vero che tra «razze» diverse esistono comuni denominatori molto evidenti, alcuni positivi e altri (ahimè) negativi, come la capacità di organizzarsi in associazioni criminali (in quale parte del mondo non esistono mafie o organizzazioni affini?). E come comunemente si crede sia giusto considerare l'opportunità di non seguire la natura oltre i limiti del buon senso (il riferimento va naturalmente all'ingegneria genetica), così può rivelarsi necessario limitare lo slancio illuminista all'ennesima potenza qualora il rischio di trovarsi tutti su un terreno insidioso e «incontrollabile» sia reale. Se si parte dal presupposto che i limiti fanno parte della natura umana così come «anche la cellula ha una parete cellulare, senza la quale non può vivere» (vedi articolo di Silvana Mari su LaVerità di lunedì, 7 ottobre), credo che certi «muri» (della conoscenza vera o presunta, nella presente declinazione) non debbano piacere solo alle pavide pecore ma anche ai lupi che rischiano l'estinzione solo che i cacciatori si sentano liberi di uccidere senza limiti. Sempre nell'articolo di Silvana Mari si dice che «la civiltà è nata all'intero di mura. La famiglia è custodita all'interno di mura. (…) Costruire muri è costruire la potenzialità dell'amore». Lo stesso Claudio Risé in uno splendido articolo in cui si fa riferimento a un capolavoro di Giacomo Leopardi dice che: «l'Infinito (oltre a essere bellissimo), è la dimostrazione di questa unione tra solitudine e coraggio, dell'aspirazione alla grandezza e insieme della consapevolezza del limite e della sua funzione, lontano da ogni grandiosità narcisistica». L'articolo, pubblicato su LaVerità del 28 settembre, si intitola: Caro Mattarella, senza la siepe “L'Infinito” di Leopardi non ha senso». Piergiorgio Odifreddi, forse sconfinando consapevolmente oltre i limiti del buongusto, nel suo «Dizionario della stupidità» dice: «poiché le cose continuano a esistere anche se gli struzzi mettono la testa sotto la terra, i Padri Costituenti sono stati sensati a sottolineare che ci sono sia i sessi sia le razze, ma che questo non giustifica né il sessismo contro le donne, né il razzismo contro le razze». Ma i Padri Costituenti conoscevano i risultati delle ultime ricerche sull'esistenza di diversi alberi genealogici dell'umanità? O piuttosto conoscevano le dubbie teorie darwiniane e il «razzismo scientifico» (altresì detto biologia razziale, antropologia razziale o razzismo pseudoscientifico), che altro non era che lo studio delle tecniche e delle ipotesi a sostegno e giustificazione della fede nel razzismo, ossia nella inferiorità o superiorità razziale di alcuni gruppi umani rispetto ad altri, cercando di dare fondamento scientifico ad una cosiddetta «scienza delle razze umane»? Detto ciò, speriamo che della nostra bellissima Costituzione non si debba rivedere l'Articolo 1, che così recita: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»...
Davide Crociati