Bellaria I.M., 27-07-2018
Piccola riflessione su democrazia e populismo
Oggi non sono pochi gli esperti che cercano di stornare l'attenzione della gente dall'europa centralista e burocratica per dirigerla verso il mercato senza volto e senz'anima della globalizzazione, contro cui, a sentir loro, non si può fare assolutamente nulla. Ma è proprio vero che un'Europa vera e unita non avrebbe gli strumenti necessari per difendere le sue componenti più fragili dai tornado finanziari?
Dubbi e contro-dubbi che costellano la mente di chi non sceglie di rinchiudersi in un limbo o di chi non è troppo impegnato nella quotidiana lotta per la sopravvivenza (ormai siamo in un mondo di precari destinati nel migliore dei casi al nomadismo lavorativo).
Di recente è stato rivolto un invito ad artisti e intellettuali (veri o sedicenti) affinché reagiscano a chiare lettere contro la presunta politica “disumana e antidemocratica” di questo governo. Forse sarebbe il caso di invitare altrettanti intellettuali e artisti a uscire dal loro limbo professionale e ideologico rischiando in prima persona. Ma per farlo dovrebbero sganciarsi dalle logiche di quello stesso “pensiero globale” che loro per primi tendono a condannare con forza (almeno in apparenza). Proprio in quanto intellettuali che si interrogano sui grattacapi del mondo a mio avviso dovrebbero liberarsi dai facili sentimentalismi e dai buonismi controproducenti e a buon mercato, che rientrano nei copioni di una società ormai dal volto cereo e in chiara via di estinzione (credo sia evidente a tutti) per analizzare i problemi con mente più lucida e razionale. Abbiamo forse dimenticato di essere figli dell'illuminismo? Stiamo attraversando una fase assai delicata, per la democrazia, in cui i numeri contano/non contano a convenienza: ciò la dice lunga sullo stato confusionale in cui versano le Istituzioni. Tuttavia, per metterla in termini medico-scientifici, dovremmo lavorare alacremente per salvaguardare i già delicati anticorpi culturali di cui si è potuto/saputo dotare il complesso e problematico occidente. Intellettuali o no, tutti dovremmo porci una domanda semplice e chiara: “cosa vogliamo essere in futuro?” In futuro le femministe più agguerrite, ma anche tutte le donne che non abbiano interesse a dichiararsi tali, sapranno accettare il burqa o più in generale la sudditanza verso gli uomini? Potremo mai accettare di far tornare le lancette dell'orologio indietro nel tempo al punto da far coincidere Stato e Chiesa, al punto da tornare a credere che la follia umana non sia di origine patologica bensì di origine diabolica? Qui forse si può ancora discutere. Potremo rinunciare a cuor leggero al nostro laicismo che tanti progressi ha fatto compiere alle società occidentali, checché se ne dica? Si potrebbe considerare “progresso” il ritorno a un passato bello, romantico e affascinante solo nella mente dei sognatori (fossero anche sognatori “di professione”, come tanti ce ne sono tra gli stessi artisti e intellettuali, veri o presunti)?.
Davide Crociati