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Bellaria, 18 Febbraio 2012
Così parlò uno fra tanti…
Per proteggermi dal senso di nulla cosmico che a Febbraio sempre riaffiora, va a finire che m’infilo di gran carriera sotto il tavolo di Severino (il filosofo)…
Comincerei da Celentano e con Celentano finirei la minuscola “disamina”, anche perché, per il resto, non saprei davvero di che parlare. Dei cantanti? Beh, di novità veramente tali non vi è traccia se non nei ciuffetti verdi di qualche interprete (a dire la verità neppure quelli destano più scalpore poiché, al contrario, fanno pensare a certo conformismo di bassa tacca).
Per quanto riguarda la scenografia, farei un rapido accenno alla struttura semicircolare che ricorda fin troppo un “parlamento stilizzato” rivolto a destra (ma che sta alla sinistra di presentatori e cantanti): un messaggio Istituzionale di tipo subliminale con doppio significato? E’ un’ipotesi, come a dire: “noi ci facciamo vedere, sappiamo di avere un ritorno d’immagine non indifferente, sghignazziamo con la puzza sotto il naso, alla faccia vostra, così come alla facciaccia vostra facciamo pure una visibile quanto corposa beneficienza (anche e soprattutto coi vostri soldi!); ma voi, disgraziati che fate la fila per vederci da vicino, le tasse dovete pagarle per intero (a partire dal canone Rai, si capisce), la cinghia dovete stringerla più forte, così perderete anche la forza di sparlarci addosso nei momenti di lucidità!”
Per quanto riguarda il vecchio Gianni dalle rughe dorate (che i miei genitori sempre raccontavano di aver ascoltato dal vivo con “I Cadetti di Scaglioni”, in quella lontana e ingenua Bellaria dei primi anni 60), rughe dorate che come tutti sappiamo (volenti o nolenti) sono forse capaci di attraversare ancora di corsa il lungo ponte di Brooklyn, mi sembra che il suo apporto “politico” (prima che “sociale”) alla puntata introduttiva del festival sia risultato evidente; forse egli ha dimenticato che gran parte dei guai odierni hanno origini lontane (in “quegli anni” mio padre, stimato imprenditore, diceva sempre: “continuando così vedrete cosa succederà fra qualche decennio!…” Era socialista. Poi mi chiedo perché anche lui (il Gianni) non segua l’esempio di Monti come lo stesso Celentano ha dovuto fare (forse stringendo i denti, tant’è vero che avrebbe preteso un Euro in più di Fiorello il quale non credo abbia percepito un compenso da operaio…).
Già dopo la vittoria di “prof. Vanità” che chiedeva ancora e sempre di essere chiamato “amore” (sappiamo bene a cosa si riferisse quella canzoncina a dir poco stucchevole) una lacrima sul viso ci era scesa per davvero. Una lacrima amara come un noto digestivo il cui nome risuonava spesso nelle sale cinematografiche. E, vi assicuro, i giovani della vita reale (lo dico perché lo so, ed è abbastanza inutile industriarsi con telecamere e microfoni per montare una verità diversa anche se per ovvi motivi facilmente intuibili siamo certi lo farete) si chiedono a che c. di gioco si stia giocando! Non vedo democrazia senza quel contraddittorio vero e anche feroce che proviene da buona parte della plebe (forse proprio perché “feroce” viene ignorato ad arte dalla “scatoletta magica” e sostituito con qualche scandaletto costruito ad hoc da mamma Rai).
Celentano, dicevo. Chi non sa, oggi, che un punto di share vale 20-25 milioni di Euro? Non è un mistero: quelli che lavorano in televisione devono fare i conti con numeri che inevitabilmente creano loro forti tensioni e grande preoccupazione, tant’è vero che c’è da chiedersi come qualcuno possa ancora non dubitare della tutt’altro che “santa intenzione” di molti comuni mortali che hanno trovato la loro piccola America dentro il “castello televisivo”! Se oggi per far parlare di sé bisogna usare effetti speciali un po’ gratuiti, costruiti al computer da tecnici, più che da artisti, vuol dire che davvero siamo arrivati alla frutta (o al caffè). Anche se tutto sommato non mi sembra che l’ultra settantenne “molleggiato” dica balle a 360°: non ho mai dimenticato la trasmissione Rai presentata da Alessandro Greco in cui suore e preti ballavano il Rock and roll quasi fossero giovani discotecari in preda a un’euforia poco chiara, in nome d’una “pedagogia” scadente e decadente che di fatto ha decretato il fallimento degli adulti e dell’autorità!
La furberia crepuscolare di chi ha contribuito a delineare la “società moderna”, dal benessere facile e immediato, dal welfare drogato in nome d’una politica spesso di bassa lega che in seguito è sconfinata in pericolose degenerazioni da “notte della Repubblica”, può consistere anche nel creare scenografie tetre condite da effetti speciali gratuiti, si diceva, come se non sapessimo in che condizioni siamo senza che i nostri animi vengano ulteriormente esasperati! Facendo paragoni non scomoderei più di tanto Dario Argento che comunque nel suo campo è un genio assoluto (anche se a volte Fede mi trova d’accordo).
Si vuole quindi continuare a sfruttare il noiosissimo strumento della retorica? Forse, davvero, non si possiede più l’arte per fare meglio.
Già, l’arte! Sappiamo che il mercato ha finito col mischiare fin troppo finzione e realtà, cellule sane con cellule malate, quando è noto che queste ultime in determinate condizioni prendono facilmente il sopravvento! In troppa pseudo arte si utilizza l’elettroshock delle basse frequenze e del ritmo assuefacente per scuotere un’illusione di sentimento che non riusciamo a far rivivere a causa/per merito d’una nuova consapevolezza barbaramente imposta (quindi scomposta), che se ne abbia o meno coscienza. Resta il fatto che, in ultimo, nella musica, l’inflazione delle basse frequenze applicate a contenuti modesti ha sortito l’effetto di assuefare i semplici a un pensiero debole, che ha portato molti a cercare soddisfazione nel ballo da sballo e quindi nel narcisismo! Tale fenomeno si è protratto nel tempo con la conseguenza che gli adulti sono usciti di scena lasciando ampio spazio e potere all’immaturità di giovani senza affetto e senza esperienza e a vecchi mocciosi perenni, e mestieranti, che vorrebbero fermare il tempo per altro non riuscendoci.
Che apporto hanno mai dato al loro specifico linguaggio se non a livello di costume e di cronaca spicciola i cosiddetti “generi alternativi” del Novecento, quelli che hanno colmato il vuoto creatosi fra musica d’Arte e grande pubblico (grande in senso quantitativo e non qualitativo, è opportuno ricordarlo), fatta eccezione per il jazz che spesso ha trovato punti di contatto credibili con la musica d’arte contemporanea? Morandi, in riferimento ai cantanti senremesi, in una manciata di secondi ha pronunciato la parola “artisti” per ben 4-5 volte al microfono di Mollica (immagino quante volte l’avrà pronunciata nell’arco di un’intera serata): a beneficio dei più direi che ciò non significa “infallibilità” da parte del cantante-presentatore. Lo affermo nella cosciente certezza che il carrozzone melodico per eccellenza sia solo un gioco quattrinoso con tanto ritorno d’immagine, e che la sicumera dei suoi artefici rientri nel quadro di una strategia pubblicitaria che bene o male tutti colgono. Tutti tranne gli ingenui indelebili, che a dire il vero saranno anche tanti (altrimenti non si giustificherebbero certi assurdi quanto ripetuti fenomeni di follia e/o di violenza).
Non voglio insegnare niente a nessun, ma intendo solo ricordare che l’Arte è più vicina alla complessità della natura di quanto non lo siano certe semplificazioni popolari “ad uso pratico”. E sono del tutto cosciente che rispondere alla domanda: “cos’è l’arte?” non sia semplice né per me né per nessun altro. A tale domanda, infatti, “hanno provato a rispondere studiosi eminenti, che hanno scritto trattati di filosofia estetica, almeno fino alla fine del secolo scorso, in quanto le avanguardie artistiche (cubismo, espressionismo, ecc.), la pittura astratta, la negazione dell’arte ad opera del movimento dadaista, i tagli sulla tela, ecc., hanno reso quasi impossibile una classificazione chiara dell’arte, e soprattutto hanno reso impossibile separare l’arte dalla non arte (…). E le definizioni standard da vocabolario sono sempre troppo restrittive”(da un sito Internet).
Sembra quasi che il sorridente Gianni (non credo lo sarebbe con me dopo quanto ho scritto) a differenza di Celentano voglia vedere la vita tanto in positivo da non immaginare di poter negare un riconoscimento neppure al più minuscolo dei cervelli, quanto meno a parole (se “lo Spirito Santo soffia dove gli pare”, come ha detto un noto Sacerdote televisivo, per molti sembra un’attesa inutile…). In fondo non è la morte di nessuno, dirà il noto cantante, se un povero giovane disoccupato dal futuro nebuloso e un vecchio campagnolo col cappellaccio in testa e l’ugola muscolosa si sentono definire “artisti”. Va bene, anzi benissimo. Ma non fate spot personalistici contro le inevitabili conseguenze di un mercato libero che ha permesso e permette a tanti sbarbatelli o in certi casi ad autentici matusalemme incancreniti nelle loro pseudo certezze (del calcio, del cinema, della canzone, e via dicendo) di riempirsi le tasche quanto meno di sfacciata notorietàm, forse non sempre meritata (resta poi da definire il significato della parola “merito” in ambito nepotistico)!
Le canzoni? Ripeto, di quelle non saprei che dire : le musiche sono del tutto inesistenti (che le cose stiano diversamente raccontatelo a cento altri, non a me che in materia sono sufficientemente ferrato, oltre che intellettualmente onesto) e tuttavia mi sembrano coerenti coi testi, anch’essi inesistenti, nel senso che sono di una retorica e di una futilità straordinarie. E’ dunque questa l’espressione popolare della modernità? Raccontiamola a chi vuole sentirselo dire (tanto di babacchioni ce ne sono a bizzeffe, sennò mica si giustificherebbe l’impressionante frequenza – a mitraglia! – di certe notizie di cronaca!... La mia non è una battuta spiritosa ma una dolorosa constatazione!).
Per il resto, di farfalle e farfalline c’importa assai poco: certi modesti mezzucci per catturare la curiosità morbosa dei “telepassivi” ormai lasciano il tempo che trovano. Quasi meglio la Cucciari, autentica macchina infernale di battute pungenti! Ritengo strano che non ve ne siate accorti… I nuovi tecnici del governo mettono effettivamente un po’ di soggezione, ma su QUESTA televisione la Ministra Fornero ha espresso il pensiero di gran parte della gente (credetemi, bisogna scendere in strada a telecamere e microfoni spenti, a penne e taccuini in tasca, per rendersene conto): molti cittadini cominciano a chiedersi se sia il caso di continuare a pagare il canone… Io stesso me lo chiedo da tempo, e non per quei quattro soldi (se è vero – lo è! – che nelle scuole rischiano di saltare le gite per mancanza di numero legale di partecipan), bensì per una questione di dignità! Monti docet. A volte si ha la netta sensazione di essere presi in giro: la verità è che, con questa crisi, avremo sempre meno forza per sopportare gli sproloqui televisivi e quant’altro di peggio ci sta offrendo, da troppo tempo, la tv “nani e ballerine” (compresi i processi sommari da tribunale del popolo). Per concludere, trovo molto triste che nella situazione in cui si trova la società italiana qualcuno, per difendere qualche discutibile (quanto collettivamente inutile) interesse personale, definisca ancora “bacchettone” chi dice semplicemente la verità. Verità che si sta delineando sempre più chiaramente, se vogliamo prepotentemente, ad ogni giorno che passa. Prima o poi il mondo della massoneria internazionale calerà la maschera e temo che quando succederà (perché succederà) sarà troppo tardi per reagire Con quali mezzi, poi, è tutto da vedere.
Ora, scusatemi, vado sotto il tavolo di Severino: San Remo sta per cominciare!
Davide Crociati