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                                                            Bellaria Igea Marina, 9 Settembre 2025

 

Il male e la sua rappresentazione

 

Mi pongo una domanda: “la natura ha i suoi codici e segue le sue leggi, le quali non essendo sempre evidenti vengono spesso ignorate nonostante siano destinate a regolare le dinamiche degli esseri umani, nel bene come nel male, a seconda che siano da essi più o meno seguite?”. La mia personale sensibilità m’impone di credere che la risposta sia affermativa, per esempio quando tecnologia e scienza vengono utilizzate, come purtroppo è accaduto nella storia, per sopraffare chi la pensa diversamente o chi si ritiene possa essere d’ostacolo al proprio sviluppo economico, sociale, individuale, ecc. Credo sia vero ogni volta che l’uomo, più o meno coscientemente, s’industria per attivare i codici del male in qualche sua forma, rendendolo operativo/valido per conseguire un determinato scopo. Aggiungo: se a detta di alcuni “il male è necessario”, tuttavia per effetto di una reazione a catena le sue conseguenze ultime sono insondabili e non è possibile, coltivandolo, scartare a priori il rischio di un tracollo complessivo, nel breve o nel lungo periodo. Ragion per cui credo sia molto importante non aprire determinate porte, per esempio legalizzando ciò che può essere potenzialmente distruttivo per sé e per gli altri, allorché “socchiuderle” possa significare, in uno step successivo, spalancarle in modo radicale a più ampi e infuocati scenari.

Personalmente non appartengo alla schiera di coloro i quali credono che il male sia esorcizzabile col male, secondo l’ipotesi per cui non assecondare (oppure ostacolare) un atteggiamento negativo/malvagio (mi sentirei di aggiungere “reale o simulato”) porti a un “muro contro muro” inefficace o addirittura controproducente. Se Goebbels non avesse attinto alla propria arte persuasiva per condizionare il popolo tedesco rispetto alla questione razziale (per me la parola “razza” andrebbe rivisitata - se non tolta dai dizionari - per depotenziarla poiché spesso le pseudo verità vengono costruite sulla base di parole mal riposte) forse il mito del Führer non avrebbe attecchito più di tanto e non si può escludere che le cose avrebbero potuto prendere una piega ben diversa o meno cruenta. Ciò che è accaduto nell’ambito delle due guerre mondiali ha rappresentato (e rappresenta) la piccolezza della natura umana, facilmente manipolabile sulla base di una qualche forma di sofferenza. Nel caso del (temporaneo) successo propagandistico e in seguito materiale del nazionalsocialismo, le sue radici si svilupparono a causa della condizione umiliante nella quale la “fiera Germania” era stata costretta dopo il trattato di Versailles, ed ebbe le sue fondamenta nella dottrina secondo cui l’umanità sarebbe in continua, inarrestabile marcia verso il progresso (in senso lato), nell’illusoria convinzione che il presente, il cosiddetto “moderno”, sia necessariamente migliore del passato e il futuro migliore del presente. Teoria che non tiene conto delle “fluttuazioni”, soprattutto di quelle causate dal potere vero (dicasi massoneria internazionale, che sempre ha permeato la politica degli Stati e non solo).

Ritengo questa premessa indispensabile per comprendere il mio pensiero e quello di (vorrei dire tanti) altri rispetto alla rappresentazione del male che oggi assume varie forme, soprattutto nell’ambito della sottocultura scadente o degradata, molte canzoni comprese, poiché la musica leggera, così come certe trasmissioni televisive cosiddette “nazionalpopolari”, è accessibile a tutti. Anche alla massa.

Se poniamo il focus sulla musica trap, che tanto sta spopolando negli ultimi anni presso la vasta tribù giovanile priva d’identità, non è difficile notare che sui media e sui libri che ne trattano viene utilizzata la parola “artisti” in riferimento a personaggi costruiti, poco più che adolescenti, utilizzati da un “sistema” nella cui Agenda, tra le altre cose, emerge lo scopo di accompagnare le nuove generazioni verso il degrado morale, con la finalità di creare una società sottomessa e più facilmente gestibile dalle élite dominanti. Ciò richiama il concetto di “Unanimità” espresso dal citato Goebbels, secondo il quale si cerca di condurre la gente a credere che le opinioni espresse da chi ha a disposizione un megafono siano condivise da tutti. Cosicché, la massa di giovanissimi in cerca di identità viene indotta al convincimento che piccoli operai di un sistema perverso come altri ne abbiamo conosciuti nella storia, magari disegnati e concretizzati dalla medesima regia, siano effettivamente “artisti”. Termine che li associa a grandi della storia come Michelangelo, Leonardo da Vinci, Beethoven e Mahler. Secondo il principio di “Volgarizzazione” enunciato dal gran maestro dell’informazione del Terzo Reich, “tutta la propaganda deve essere popolare, semplice, chiara, stereotipata, fare appello ai sentimenti e alla fantasia, adattandosi al meno intelligente degli individui ai quali è diretta. Quanto più grande è la massa da convincere, più piccolo deve essere lo sforzo mentale da realizzare, poiché la capacità ricettiva delle masse è molto limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria”. E cosa c’è di più elementare della violenza come risposta ai problemi della vita? Ecco allora che nel glossario trap troviamo “neologismi” come Bando (abbreviazione di “Abandoned House”, casa abbandonata a fini illeciti), Bibbi (abbreviazione di bitch, cagna, alla faccia dell’emancipazione femminile), Bling (suono onomatopeico associato alla brillantezza dei gioielli, per disorientare le nuove generazioni elevando a “valore sociale” la ricchezza materiale in una fase storica in cui i soldi non bastano per pagare le tasse, giusto per dare un’ulteriore spintarella verso la depressione a chi non salirà mai su un palco del Beky bay da protagonista, figuriamoci). Oppure “termini” come Blunt, Splif (sigarette a base di Maijuana o hashish), Eskere (conquistare il successo, guadagnare soldi in poco tempo, quando è già difficile trovare un lavoro precario che sia decente e soprattutto onesto), Flame (discussione accesa fatta di insulti per provocare scompiglio tra gli utenti di una web community), Flexare (darsi delle arie, fare soldi, fare sesso, come dire che far soldi - più facilmente in maniera criminosa o giocando d’azzardo -  serve anche a fare sesso o più sesso), Gang, Squad (team, equipe, sennonché i sinonimi di “gang” sono: banda, cosca, clan, combriccola, cricca e masnada), Ghiaccio-ice (gioielli, vedi sopra), Glock (pistola). Oppure, ancora, K (ketamina, sostanza presente nel mercato illecito sotto forma di liquido, capsule e polvere cristallina), Ollare (serie di azioni di stampo criminale compiute dalla propria gang, a proposito di), Plug (spacciatore), Punchlines (rime usate nelle esibizioni freestyle e nei brani spesso utilizzate per mancare di rispetto ad un avversario cercando di stupire il pubblico), Ra-ta-ta-ta (onomatopea di arma da fuoco, ovviamente), Snitch (che significa “infame” e indica l’azione di raccontare alle forze dell’ordine chi ha commesso un determinato reato, giusto per istigare i giovani all’omertà che è un atteggiamento tipicamente mafioso, o para mafioso), Shish, Mary, Weeda (Marijuana), Skrt (imita il rumore delle gomme di un’auto dovuto a una repentina accelerazione o una curva presa ad alta velocità), Slatt (amore - figuriamoci - verso i membri della propria gang), Solero (pene). Tanti altri ce ne sono. Il rap italiano è fortemente condizionato da quello americano, e ovviamente anche la trap fa largo uso di termini che derivano da parole anglofone “italianizzate” grazie all’inserimento di vocali all’interno delle parole, come ci ricorda qualcuno del mestiere.

Che dire, se pensiamo che la scuola, che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella socializzazione e (non di meno) nella formazione dei bambini e degli adolescenti, sta perdendo potere a favore dei social e di piccoli personaggi dal linguaggio equivoco, talora fin troppo esplicito (al di là della fitta terminologia a “chiusura stagna”), non appare lecito sperare in un futuro roseo per le nuove leve della società, anche a causa del contagio psichico a cui sono soggette quotidianamente. Fake e mistificazioni divulgate su vasta scala in maniera ossessiva attraverso i principali mezzi di comunicazione servono a costruire “argomenti” a partire da fonti diverse, creando una “verosimiglianza” assai fuorviante per chi sa poco o nulla sulle dittature novecentesche (in fondo si parla di qualche decennio fa), sui gulag e sui campi di concentramento nazisti. “Abbiamo bisogno di un ritmo. Quando s’intonano canti allora tutti, sino all’ultimo uomo, devono sentire che questo è il nostro credo, la nostra preghiera”, diceva Goebbels. In pratica, l’indottrinamento dei giovanissimi attraverso il rap e più ancora il trap viene conseguito attraverso tecniche di manipolazione già ampiamente utilizzate nella storia. Come nei discorsi dei gerarchi nazisti, la violenza è spesso presente nei testi trap. Non solo come descrizione della realtà, ma anche come strumento per affermare il proprio potere e la propria supremazia. Nel caso della Germania tra la prima e la seconda guerra mondiale, i tedeschi che si identificavano col Führer cercavano un riscatto dalla povertà e dalle restrizioni loro imposte dal trattato di Versailles. Anche il trapper si presenta come un "guerriero" che ha saputo resistere e prevalere sulla sorte avversa. Ma in che modo? Se com’è noto il rap ha le sue radici negli anni 70 a New York, il trap si è sviluppato nel sud degli USA negli anni 2000, soprattutto ad Atlanta. Temi comuni tra rap e trap sono:

1 - la vita di strada e i quartieri periferici;

2 - il disagio e l’insoddisfazione sociale;

3 - il riscatto e il successo;

4 - le donne e le relazioni.

Tuttavia il trap, che come vedremo ha le sue specificità, ha rappresentato un’evoluzione del rap nella direzione di un linguaggio più esplicito e provocatorio, più crudo nelle espressioni. Vien quindi da pensare che i due sottogeneri dell’Hip Hop facciano parte di uno stesso percorso, forse tracciato da chi in precedenza progettò l’era beat portatrice di disvalori rispetto alla cultura cristiana. In Gran Bretagna la legge sull’aborto fu varata nel 1967, anno in cui i Beatles pubblicarono “All You Need Is Love”. Per quanto non sembra esserci un legame diretto, tuttavia questo evento storico posiziona il dibattito sull’aborto nel contesto sociale e culturale in cui i Beatles erano al culmine della popolarità. Ma è nel 1966 che la copertina dell’Album statunitense dei Beatles, “Yesterday and Today”, fu ritirata dal mercato pur rimanendo nella memoria di molti e ancora se ne parla. Questa copertina, conosciuta come “butcher cover”, illustra i membri della band in camici da macellaio, circondati da pezzi di carne cruda e da parti di bambole decapitate. Tale immagine cruenta, che suscitò una forte controversia negli Stati Uniti, tuttavia impose l’interiorizzazione di una scena apocalittica dal significato alquanto ambiguo, forse aprendo una porta dell’inferno (non a caso Yoko Ono si dichiarò pronta ad abortire se soltanto John Lennon le avesse dato il consenso, che nel caso specifico non arrivò? Sicuramente il dibattito su “pro” e “contro” trovò un ulteriore impulso presso l’opinione pubblica. Non perdiamo mai di vista le finestre di Overton!). “…è importante precisare cosa intendano il WWF e l’ONU per pratica sessuale raccomandata. (…) è evidente che non si riferiscono certamente a quella conforme a natura, voluta dal Dio della vita per assicurare la continuità e la diffusione del genere umano. Per dissipare ogni residuo dubbio a questo riguardo non sarà male ricordare che l’UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, in un rapporto del 1995 indicava il numero medio di aborti nel mondo nel periodo 1975-1994 in “45 milioni l’anno”, frutto in massima parte, anche se questo fatto veniva cautamente sottaciuto, della sua politica di legalizzazione della pratica sterminatrice condotta in stretta collaborazione con le organizzazioni abortiste finanziate e dirette dai Rockefeller, sempre all’avanguardia in questa guerra contro l’uomo” (da “MASSONERIA E SETTE SEGRETE - la faccia occulta della storia” di Ephipanius, Ed. Controcorrente). Il termine Rock deriva da Rockefeller? Difficile dirlo con certezza, ma se analizziamo le dichiarazioni di alcuni esponenti di quel mondo di eccessi (e non solo di quel mondo) qualche domanda dovremmo porcela.

Graham Nash (capogruppo degli Hollies): “La musica pop è un mezzo di comunicazione capace di condizionare il pensiero delle persone che la ascoltano. Ritengo che i musicisti, grazie a tale musica, abbiano un vantaggio fantastico. Siamo in grado di dirigere il mondo…abbiamo infatti a nostra disposizione la potenza necessaria”.

Mick Jagger (ex Rolling Stones): “Noi lavoriamo mirando sempre a dirigere il pensiero e la volontà delle persone e la maggior parte degli altri gruppi fa altrettanto”. Non dimentichiamo che Jagger viene dalla London School of Economics, istituzione fondata nel 1895 da alcuni esponenti del fabianesimo (il cui simbolo è un lupo travestito da agnello).

Beatles: “Il rock’n’roll è più di una musica (fermo restando che Elvis the pelvis dichiarò - sic - che “per fare ciò che faccio io non serve conoscere la musica”), è il centro energetico di una nuova cultura e di una rivoluzione mondiale. La nostra musica è in grado di causare un’instabilità emozionale, un comportamento patologico, perfino la rivolta e la rivoluzione”.

Franck Garlock (autorità nel campo della musica sacra): “I discepoli del caos e del disordine non avrebbero potuto trovare un mezzo più perfetto per promuovere e inculcare le loro idee e la loro filosofia nelle giovani generazioni dei diversi paesi del mondo. Ora è nei due paesi in cui il rock’n’roll è più popolare (Stati Uniti e Inghilterra) che si constata non soltanto il tasso più elevato di delinquenza giovanile, ma anche la crescita più alta del tasso di criminalità fra i giovani, dei figli illegittimi, degli atti di violenza di ogni sorta, degli omicidi e dei suicidi”.

Jean-Paul Regimball (autore di libri come “Il Rock’n’roll – Violenza alla coscienza per mezzo dei messaggi subliminali nella musica”): “Ha preso forma una potente rivoluzione senza partito politico, senza discorsi elettorali, anche senza manifesta ideologia, per enunciare gli scopi e gli obiettivi dei nuovi rivoluzionari. Per la prima volta nella storia dell’umanità una profonda rivoluzione sociale, economica, morale e culturale ha scelto di proclamare la propria radicalità per mezzo della musica, delle canzoni, dei gruppi-star e del rock’n’roll”.

Angus Young (gruppo AC/DC): “Che si sia trovato il cavallo di Troia per violare la difesa di un mondo che era apparso fino a ieri inespugnabile, pare senz’altro di sì”.

John Lennon (Beatles): “Il cristianesimo sta scomparendo. Regredisce e si sta disgregando. Non è il caso di discuterne, io ho ragione e la storia mi darà ragione. Noi siamo ora più popolari di Gesù Cristo. Mi chiedo chi scomparirà per primo, il Rock’n’Roll o il Cristianesimo”.

Oggi i trapper non si esprimono (o non più di tanto) sul tema dell’aborto, ma trattano argomenti come i seguenti:

1 - autocelebrazione e ostentazione;

2 - violenza;

3 - nichilismo e malessere esistenziale.

Nel caso del trap l’ostentazione della ricchezza e dello status è un tema dominante e quasi ossessivo, se è vero che quasi in ogni strofa si flexa (nel gergo flexare significa darsi delle arie, fare soldi, fare sesso). Nei brani di musica trap la violenza sia verbale che fisica è molto presente e può manifestarsi nel Dissing (insulto verso altri colleghi), nel racconto di atti criminali e perfino nelle minacce. Inoltre molti testi esprimono un senso di disperazione e di vuoto, nonché un’apatia nei confronti del futuro e della vita in generale, un malessere di difficile soluzione spesso legato all’uso di stupefacenti. Eppure questo mondo di rabbia e perversioni fa proseliti. Così vediamo schiere di ragazzini e di ragazzine in fila per accedere all’area concerto, tutti uguali, vestiti nello stesso modo o quasi. Praticamente “in divisa”. Con lo stesso piglio, le stesse espressioni di sorridente malinconia, la stessa vuota frenesia. La stessa inquietudine verso il futuro. La stessa rabbia repressa. Quella che deriva loro da un mondo in macerie, privo di quei valori che in quanto assenti si trasformano nel “nemico da combattere”. Così diventa facile scaricare sugli adulti, “artefici del disastro”, in realtà anch’essi vittime designate, qualsiasi difetto e responsabilità (trasposizione e contropropaganda tra le tecniche del più volte citato Goebbels).

Anche il “silenziamento” rientra fra le strategie manipolatorie. Si tratta di far passare sotto traccia ciò che conviene per mantenere in piedi l’inganno. Così, oggi perfino la scuola a volte assume un atteggiamento assolutorio rispetto al linguaggio di violenza che contraddistingue il mondo del trap. Infatti, come scienza e tecnologia hanno conosciuto e conoscono momenti bui a causa di troppi falsi profeti, così anche la pedagogia può diventare uno strumento di controllo sociale e di disuguaglianze abdicando al proprio ruolo naturale. Mi chiedo come venga oggi trattato nelle scuole (posto che se ne parli) il problema della violenza sfacciata che impregna ogni strofa dei trapper. Vorrei concludere riportando il testo di un brano di Tony Effe:

 

«Prendi la tua tr*ia (prendi la tua tr*ia)
Le serve una museruola (woof, woof)...
Metti un guinzaglio alla tua ragazza
Ci vede e si comporta come una tr*ia»
dicono in «DM».

«La tua tipa tra i miei seguaci
Mi vede e dopo apre le gambe
La sc*po e poi si mette a piangere»,
dicono invece in «Magazine».

                                                                                                                                                                          Davide Crociati

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